Nel 1909, un giovane laureato in giurisprudenza a Genova invoca sul Figaro le virtù dell’”amor del pericolo, l’abitudine all’energia e la temerità”, inneggia alla bellezza della velocità, ma anche alla guerra contro come sola igiene del mondo, peraltro partendo dalla pulizia della Libia. Si incita al gesto distruttore dei libertari, al patriottismo, alle belle idee per cui si muore, alla distruzione di musei, biblioteche ed accademie d’ogni specie, alle maree multicolori o polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne, alla volontà di “liberare l’Italia dalla sua fetida cancrena di professori, d’archeologhi, di ciceroni e d’antiquarii”. Fu ancora nell’epoca del costituzionalismo monarchico europeo che Filippo Tommaso Marinetti, autore di questo manifesto del futurismo, si preoccupa non solo dell’Italia, ma viene addirittura festeggiato a Parigi come la “Caffeina d’Europa”. Non sono parole estranee allo spirito dei tempi. Si parla ancora di società del rischio e di Euratom, ma anche di sprechi energetici. Si parla di un’Europa a più velocità, nella quale i più veloci trainano gli altri. Si crede la terza guerra mondiale iniziata, si vorrebbero dei carabinieri in Libia, si adorano nuovi eroi libertari sessantottini e nuovi patriottismi, si celebrano nuove forme di sacrificio, si esaltano le rivoluzioni multiculturali nelle capitali europee, la rottamazione delle classi dirigenti e si promette il futur(ism)o della digitalizzazione.
Nella sua “democrazia futurista” del 1919, Marinetti irrideva l’idealismo della Lega delle Nazioni, “una specie di Paradiso terrestre, la mèta della umanità, opera di Wilson, un elegante professore di diritto che ha trovato non in trincea, ma nei suoi vecchi libri, la
formula pacificatrice della guerra.”1 Lo stesso poteva valere anche per la mazzinianana “lega internazionale dei popoli” e la “Giovine Europa” e per , l’idealismo degli “Stati Uniti d’Europa” di Cattaneo e dei socialisti ottocenteschi, variati e rilanciati contro la Mitteleuropa (Naumann 1911) dalla “Paneuropa” Couldenhove Kalergi (1923) dal programma socialdemocratico di Heidelberg (1925) […]
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SOMMARIO: 1. Le speranze e le paure per il futuro: il futurismo non è passato – 2. L’ottimismo delle costituzioni: il futuro può essere costruito come “avvenire” in forme e fonti costituzionali – 3. La percezione istituzionale di scenari, tendenze di sviluppo e criticità del futuro dell’UE – 4. Le tendenze verso un’integrazione europea più differenziata e flessibile – 5. Le preoccupazioni per l’avvenire e per il destino degli stati costituzionali nell’Unione europea