Con l’entrata in vigore della Legge Fondamentale di Ungheria, il 1. gennaio 2012, e in seguito alle discussioni politiche e pubblicistiche che essa ha sollevato, sarà forse utile ripercorrere la storia delle costituzioni ungheresi. Seguendo il loro sviluppo storico, a partire dalle consuetudini medievali, fino alle prime costituzioni scritte e alla promulgazione della nuova Legge Fondamentale, probabilmente si può arrivare a una interpretazione più equilibrata della nuova costituzione. Pesano ancora oggi su di essa i giudizi negativi dell’Unione Europea, prima di tutto sulla mancanza di democrazia, e sembra che questi giudizi si ripetano ancora. Naturalmente la storia è solo uno degli elementi dell’interpretazione, accanto alle teorie giuridiche o al metodo comparativo con il quale risaltano le somiglianze e le differenze con le altre costituzioni europee. È mio interesse presentare qui i diversi periodi delle costituzioni ungheresi perché con ciò sarà possibile capire lo spirito e il senso storico della costituzione e della dottrina della Sacra Corona che riappaiono nel Preambolo della Legge Fondamentale.
Redigere una costituzione è il momento più importante della vita di un paese. In Ungheria, già dalla seconda metà degli anni novanta si è manifestata l’esigenza di elaborazione costituzionale non soltanto tra i membri dell’élite politica ma anche nella società civile e tra i giureconsulti. Benché “la costituzione di ottobre” del 1989 (legge n. XXXI. del 23. ottobre 1989) si sia qualificata provvisoria, appunto la mancanza del consenso delle forze politiche non rendeva possibile elaborare e approvare una nuova e stabile costituzione. Dopo le elezioni del 2010, il governo di Viktor Orbán con la maggioranza parlamentare di due terzi ha avviato un intenso processo costituzionale il cui risultato è stato oggetto di discussione al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione di Venezia.
Prescindendo dai diversi e pacifici punti di vista, che si possono rinvenire nelle correnti della filosofia del diritto, che interpretano non solo il rango ma anche l’essenza delle costituzioni in senso giuspositivista, giusnaturalista, istituzionalista o decisionista ecc. il mio punto di partenza è di quello András Sajó e István Bibó.
Nella teoria del potere autolimitato András Sajó (giudice costituzionale) presenta la costituzione nella relazione che ha con il passato. È sua opinione che ogni regime attraverso la propria élite politica provi a mettere in chiaro i suoi rapporti con la storia, in questo modo le costituzioni sono “diversi modi di pensieri pubblici riflessivi del regime sociale-politico”. Mai si è pensato che il valore di questa teoria fosse peculiare. Leggendo la prima parte della costituzione del 1949, di quella del 1989, e di quella del 2012 vi sono delle profonde differenze tra i valori enunciati. Come i “prodotti” delle diverse epoche esse contengono anche le paure dell’ordinamento contemporaneo di fronte al passato.
István Bibó (l’allievo di Guglielmo Ferrero a Ginevra) ha sottolineato la grande distanza tra le leggi democratiche e la qualità di un sistema politico: “ In democrazia non è sufficiente approvare leggi sul diritto di voto e rendere possibili libere elezioni … non è sufficiente elaborazione di nuove carte costituzionali a partire dalla Bulgaria fino alla Russia. Tutti sanno che ci sono enormi differenze tra democrazia e costituzionalità in questi paesi.” […]
Scaricare il testo completo in formato PDF
Di seguito si riporta il sommario del saggio: 1. Introduzione 2. Passaggio dalle consuetudini alle costituzioni scritte 2.1. Le consuetudini medioevali 2.2. Le prove della costituzione moderna 3. La costituzione del 1949 4. La costituzione provvisoria dell’ottobre 1989 e le sue revisioni 5. Le interpretazioni della transizione e costituzione provvisoria 6. Verso la nuova costituzione 7. Conclusioni