Il rafforzamento della democrazia parlamentare attraverso la parallela valorizzazione del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali ha rappresentato un obiettivo costante del lungo e incidentato cammino dell’integrazione europea. Il processo di parlamentarizzazione che ne è conseguito ha dimostrato, infatti, di essere un elemento essenziale tanto per la preservazione degli equilibri costituzionali all’interno degli Stati membri, che per la democratizzazione dell’Unione europea.
Sin dagli anni Novanta la parlamentarizzazione ha iniziato a essere considerata condizione chiave per il superamento del deficit democratico europeo e la salvaguardia delle competenze legislative dei Parlamenti nazionali, dinanzi ai consistenti trasferimenti di quote della sovranità degli Stati membri all’Unione europea. Nel corso di quella decade si sono registrate, infatti, riforme di vario tipo che hanno portato sia ad ampliare i poteri del Parlamento europeo, sia a riconoscere la rilevanza della partecipazione dei Parlamenti nazionali all’EU decision making process. Per quanto concerne quest’ultimo aspetto, va ricordato che -a partire dal Trattato di Maastricht- è stato riconosciuto progressivamente un ruolo più attivo ai Parlamenti nazionali negli affari europei nell’ambito delle Dichiarazioni e nei Protocolli allegati ai Trattati, e, in particolare, nel Protocollo n. 9, sul ruolo dei Parlamenti nazionali, annesso al Trattato di Amsterdam , che ha segnato un avanzamento specifico in tale ambito. Le riforme approvate si sono indirizzate sostanzialmente in una duplice direzione: da un lato, hanno migliorato i canali di informazione e controllo dei Parlamenti negli affari europei all’interno degli ordinamenti statali; e, dall’altro, hanno promosso nuove forme di dialogo e cooperazione interparlamentare nel contesto europeo. La maggior parte degli Stati membri, ciascuno nel rispetto delle proprie caratteristiche culturali e giuridiche, ha approvato, in tempi e modi diversi, riforme di varia natura (costituzionale, legislativa, regolamentare), che hanno rafforzato, in misura più o meno intensa, le funzioni di indirizzo e controllo dei Parlamenti nei confronti dei rispettivi esecutivi negli affari europei . Sul versante europeo, invece, i Parlamenti hanno intensificato le forme di dialogo e i contatti tanto con il Parlamento europeo che con gli altri Parlamenti nazionali, promuovendo la cooperazione interparlamentare principalmente attraverso alcuni organi, quali, ad esempio, la Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell’Unione europea e la Conferenza degli organi parlamentari specializzati negli affari europei, c.d. COSAC . […]
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Di seguito si riporta il sommario del saggio: 1. La parlamentarizzazione dell’Unione europea e le innovazioni introdotte dal Trattato di Lisbona sul versante della cooperazione interparlamentare e del controllo del principio di sussidiarietà. 2. La cooperazione interparlamentare: inquadramento teorico e giuridico del fenomeno. 2.1. I recenti tentativi di riordino e rivalutazione della cooperazione interparlamentare. 2.1.1. (Segue) L’istituzione della Conferenza interparlamentare sulla politica estera e di sicurezza comune e sulla politica di sicurezza e di difesa comune (IPC CFSP-CSDP) e della Conferenza interparlamentare sulla stabilità, il coordinamento economico e la governance nell’Unione europea (IPC CSCEG). 3. L’early warning system e il suo funzionamento nella prassi. 3.1. (Segue) La proposta di rafforzamento del meccanismo nell’intesa del Consiglio europeo del 18- 19 febbraio per la permanenza del Regno Unito nell’Unione europea. Una proposta valida per il futuro? 4. Conclusioni. Rilanciare il ruolo europeo dei Parlamenti nazionali in chiave collaborativa.