Il 2 Novembre 2017 la Corte Suprema Canadese si è definitivamente espressa sul caso Ktunaxa Nation v. British Columbia (Forests, Lands and Natural Resource Operations)2, nato dall’annosa controversia relativa alla costruzione di uno ski-resort nella provincia candese della British Columbia all’interno dell’area denominata Qat’muk, ovvero della Jumbo Valley. La sentenza – in controtendenza rispetto all’apertura tradizionalmente dimostrata dai giudici supremi canadesi – segna un cambio di rotta nell’interpretazione e nell’affermazione della libertà di religione, se posta in relazione ai diritti fondiari delle popolazioni aborigene, in ragione della supremazia dell’interesse pubblico dello Stato. La libertà di culto è stato infatti considerata come uno dei capisaldi del peculiare pluralismo culturale canadese, modello riuscito di convivenza pacifica e di mutuo riconoscimento di culture e frange della popolazione differenti tra loro3. La pronuncia qui in esame pare però porre una battuta d’arresto a tale evoluzione progressista.
1. Le origini della controversia
La querelle risaliva addirittura agli anni Novanta dello scorso secolo, quando la Glacier Resorts si era rivolta all’autorità federale competente per ottenere l’autorizzazione necessaria all’edificazione di un complesso turistico nella vallata Qat’muk, cara agli Ktunaxa poiché ritenuto luogo sacro. Secondo la tradizione religiosa dei Nativi, infatti, in quei territori risiederebbe lo spirito del Grizzly Bear, una delle principali figure della cosmologia aborigena. Per tale ragione erano state avviate trattative con i rappresentanti della First Nation che avevano portato a delle modifiche sostanziali del progetto originario. I cambiamenti concordati non apparivano ad ogni modo soddisfacenti agli occhi degli Ktunaxa, i quali non si accontentavano di restringimenti del perimetro del resort, chiedendo invece di lasciare l’area totalmente incontaminata. Gli stessi sostenevano infatti che l’edificazione nella valle avrebbe allontanato irrevocabilmente lo spirito, andando così a ledere irrimediabilmente le pratiche ancestrali concernenti tale credo religioso. Ad ogni modo, a fronte del fallimento del dialogo tra le due parti, il Ministro delle Foreste, delle Terre e delle Risorse naturali – ritenendo ragionevoli e sufficienti le consultazioni protrattesi per circa 10 anni – decideva di approvare il progetto. A ciò faceva seguito il ricorso giudiziale avanzato dai Nativi, i quali lamentavano la violazione sia del diritto costituzionalmente garantito della libertà di religione sia del dovere – posto in capo alle autorità governative canadesi – di condurre consultazioni, nel caso in cui venga intaccato uno dei diritti riconosciuti delle popolazioni aborigene. […]
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SOMMARIO: 1.Le origini della controversia – 2. Il caso al vaglio della Corte Suprema Canadese – 3. La libertà religiosa: affare pubblico o privato? – 4. Il paradigma della libertà religiosa tra secolarità e cultura – 5.I diritti fondiari aborigeni: riconoscimento vs. consultazione – 6.Gli aborigeni canadesi: il lungo cammino per il riconoscimento – 7. Aspetti corollari del ricorso – 8.Conclusioni