Nel patrimonio culturale degli studiosi del diritto costituzionale è fortemente radicata l’opinione secondo cui le costituzioni moderne sono storicamente condizionate, ovverosia che esse riconoscono e tutelano con particolare enfasi i diritti e gli interessi che furono compressi nell’epoca immediatamente precedente alla loro entrata in vigore. È sulla base di questa premessa che si spiega, ad esempio, l’incipit della Grundgesetz, la Legge fondamentale della Repubblica federale di Germania – nata dalle ceneri del secondo conflitto mondiale – la quale, all’art. 1, primo comma, riconosce che «[l]a dignità dell’uomo è intangibile» e che è «dovere di ogni potere statale rispettarla e proteggerla». Ponendo mente all’esperienza italiana, solo dopo aver compreso i limiti e le aporie strutturali dello Statuto albertino è possibile cogliere appieno la ratio e la rilevanza sistematica, nonostante la collocazione topografica, dell’art. 138 Cost., che, come è noto, istituendo un procedimento di revisione della Costituzione e di approvazione delle leggi costituzionali “aggravato”, diverso da quello previsto per le leggi ordinarie, conferisce alla nostra Carta fondamentale il crisma della rigidità.
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