I principi supremi giocano un ruolo di decisiva importanza su due distinti versanti: da un lato, per il loro valore interno, che si esprime come limite per le revisioni costituzionali; dall’altro, come (eventuali) “controlimiti” per l’espansione – soprattutto – del diritto europeo. A livello costituzionale, in particolare, i principi supremi rappresentano una delle risposte a un problema fondamentale del diritto costituzionale: l’equilibrio tra ragioni del mutamento e ragioni della continuità.
Il dato che subito può riscontrarsi nell’elaborazione del concetto dei “principi supremi” è quello dell’incertezza. Incertezza che parte già dal lessico utilizzato di volta in volta: “principi supremi”, “principi fondamentali”, “nucleo duro della Costituzione”, “controlimiti”.
L’analisi della dottrina sul tema sembra non dare precise coordinate di riferimento a chi si accosta al concetto dei principi supremi. Infatti, è avvenuto che “cercando il massimo valore prescrittivo dell’art. 139 Cost. […] si è raggiunta la massima incertezza. Si sono ricavate innumerevoli norme da poche disposizioni. Sono emerse norme senza disposizioni. La strada percorsa alla ricerca del massimo valore prescrittivo ha paradossalmente condotto alla massima incertezza interpretativa, che è un terreno con scarsissimo valore prescrittivo” (p. 62).
Per queste ragioni Pietro Faraguna, dopo l’analisi della dottrina e dello stato dell’arte sul tema, sceglie di far ri-partire la sua ricerca non dal law in the books, bensì dal law in action, analizzando in maniera empirica le prassi degli organi costituzionali di garanzia. Invero, questa appare una scelta obbligata, vista la “Babele terminologica e concettuale” che circonda il concetto. L’attenzione si sposta, quindi, sui principi supremi “in azione”, piuttosto che sui principi supremi nella teoria. L’Autore è andato a cercare i principi supremi non nella teoria della Costituzione, ma a Palazzo della Consulta e al Quirinale. Dapprima, dunque, ricostruendo la giurisprudenza costituzionale che sul tema è “ampia, eterogenea e apparentemente contraddittoria”, e tentando di “addomesticarla”. Poi, tentando di inquadrare le prassi della Presidenza della Repubblica idonee a coinvolgere i principi supremi.
Già s’anticipano, fin d’ora, le conclusioni: neppure dalla ricostruzione dei principi supremi “in azione” si possono trarre coordinate esatte sulla loro precisa consistenza. Si riescono a scorgere solo alcuni punti sicuramente fermi.
Il punto di partenza dell’opera è, in particolare, la sentenza n. 238 del 2014. Senza qui ricostruire le vicende che hanno portato alla sentenza, basti ricordare le conclusioni: quella conformazione al diritto internazionale che si realizza tramite l’art. 10, comma 1 Cost., in questo caso eccezionalmente non avviene, perché il verificarsi del contrasto con i principi supremi esclude l’operatività del rinvio alla norma internazionale. La porta dell’art. 10, comma 1 Cost., quindi, “generalmente ben aperta al diritto internazionale consuetudinario, si chiude quando a voler entrare siano norme che contrastano con i principi supremi dell’ordinamento” (p. 18). […]