Lucio Adalberto Caruso, Recensione a M. Volpi (a cura di), Governi tecnici e tecnici al governo, Torino, Giappichelli, 2017, pp. VIII – 152

Il recente volume a cura di Mauro Volpi raccoglie i risultati della ricerca di interesse nazionale PRIN dal titolo “Istituzioni democratiche e amministrazioni d’Europa: coesione e innovazione al tempo della crisi economica”, recentemente condotta da un gruppo di studiosi dell’Università degli Studi di Perugia sotto la direzione del curatore. Lo scritto, in particolare, è il frutto dello spunto offerto dalla ricerca per analizzare il fenomeno dei c.d. “Governi tecnici” sia a partire da un suo inquadramento teorico, sia attraverso la concreta prassi in uso presso i diversi livelli territoriali di governo.

Il primo capitolo, a cura di Mauro Volpi, introduce il lettore al tema della tecnocrazia e della crisi della democrazia, gettando sia le basi teoriche e metodologiche per una corretta ricostruzione del concetto di tecnocrazia e del rapporto tra tecnica e democrazia, sia le premesse storico-filosofiche dalle quali può dirsi scaturita l’ideologia tecnocratica. Anzitutto, si osserva che la convivenza tra democrazia e tecnica è fisiologica, perché le democrazie non possono fare a meno del supporto specialistico di persone di particolare capacità e competenza al servizio della politica e dell’attuazione dell’indirizzo politico di governo (p. 2). Determinati fattori ricorrenti negli Stati democratici contemporanei (la natura sempre più complessa della società; l’affermarsi da vari decenni del c.d. “Stato amministrativo”; le innovazioni tecnologiche), infatti, hanno reso sempre più frequente e significativo il ricorso all’apporto di un corpo burocratico, dotato di alta professionalità e delle necessarie competenze tecnico-specialistiche. Finché la determinazione e l’attuazione delle politiche pubbliche sono riconducibili all’alveo delle scelte di indirizzo stabilite da Parlamento e Governo e legittimate dal voto popolare (e dunque la tecnica assume un carattere servente rispetto alla politica), tuttavia,non si può ancora parlare di “tecnocrazia”. È solo nel momento in cui la tecnica si sostituisce alla politica e all’ordinario circuito democratico, assumendo in prima persona tanto le decisioni politiche essenziali, quanto la scelta dei mezzi per conseguirli (insomma: quando è affidata alla tecnica la scelta non solo dei mezzi, ma anche dei fini dell’azione sociale), che può parlarsi di ideologia tecnocratica. A tal proposito, viene ricordato l’osservazione di Bobbio sull’antiteticità di tecnocrazia e democrazia, perché mentre “la democrazia si regge sull’ipotesi che tuti possano decidere di tutto”, la tecnocrazia “pretende che chiamati a decidere siano i pochi che se ne intendono” (p. 3). […]

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