La materia ambientale viene espressamente introdotta nella Carta fondamentale attraverso la legge costituzionale n. 3 del 2001, secondo cui, nella disciplina relativa al riparto di competenze tra Stato e regioni, essa risulta di competenza esclusiva del primo soggetto, in relazione alla “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”.
Come è evidente, l’art. 117, lett. s), della Costituzione, fornisce unicamente un criterio di ripartizione dei rapporti tra Stato, regioni ed enti locali, evitando qualsiasi definizione sostanziale del concetto giuridico di ambiente. Sebbene la ratio della legge costituzionale di riforma del Titolo V mirasse a favorire l’intervento delle regioni nel procedimento legislativo, la scelta di riconoscere una competenza esclusiva in materia ambientale troverebbe la propria motivazione nella necessità di pervenire ad un quadro normativo uniforme in tutto il territorio, avuto comunque riguardo al carattere trasversale della materia, la cui peculiarità risiede, per natura, nel coinvolgimento di tutti i livelli del governo, sia statali che regionali .
Attesa la scelta del legislatore di non indicare alcuna nozione sostanziale dell’ambiente nella riforma del 2001, il dibattito giurisprudenziale e dottrinale successivo ad essa è incentrato sulla delimitazione delle competenze tra Stato e regioni, con la conseguenza che sono ancora oggi valide ed attuali le considerazioni effettuate in precedenza, rivolte, principalmente, ad elaborare un istituto giuridico unitario dell’ambiente ed inserirlo all’interno della categoria dei c.d. “nuovi diritti”, intentendo con tale termine , secondo un mero criterio formale, quei diritti costituzionali che non sono espressamente contemplati dalla Carta, ma che, stante l’ampiezza delle formule adoperate dalla Costituzione in materia di diritti fondamentali, trovano implicitamente, strumentalmente o incidentalmente riconoscimento, tramite il ragionamento interpretativo della Corte costituzionale .
Di conseguenza, l’emersione di tali nuovi diritti (ed in particolare del concetto giuridico di ambiente), nonché il susseguente ampliamento degli spazi di tutela dei cittadini e degli individui, è merito della elaborazione da parte della Consulta, che, attraverso la sua opera adeguatrice, è stata chiamata più volte a trovare una soluzione alle contingenze dell’evoluzione sociale, adeguando il testo formale alle esigenze reali e alle concrete necessità del diritto vivente .
Tuttavia, dal punto di vista temporale, la Corte di Cassazione è stata il primo organo a prendere in considerazione l’istituto dell’ambiente, in un periodo storico caratterizzato dall’assenza di un equilibrio tra il fatto creativo ed il fatto distruttivo dell’uomo, ossia dove “le forze distruttive [erano] maggiori delle forze costruttive” . La Corte Suprema, con la sentenza n. 5172/79, ha abbandonato la prospettiva meramente “dominicale” di questo diritto, e ha assegnato, ai sensi del combinato disposto degli art. 32 e 2 Cost., un contenuto di socialità e di sicurezza al diritto alla salute, così da ricavarne, tra l’altro, un vero e proprio diritto all’ambiente salubre, fondamentale, incondizionato e assoluto dell’individuo, che si esprimeva come modo d’essere della persona umana. […]
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Di seguito si riporta il sommario del saggio: 1. Il valore ambientale nella giurisprudenza costituzionale. 2. Il bilanciamento costituzionale del valore ambientale. 3. Il bilanciamento amministrativo dell’interesse ambientale.