L’esito delle elezioni del 4 marzo scorso ha riverberato i propri effetti anche nel quadrimestre ivi trattato. Come già evidenziato nel precedente fascicolo (quadrimestre gennaio-aprile 2018) la consultazione elettorale ha testimoniato la perdurante crisi di regime e la fase di eterna transizione del sistema politico italiano. Da un’analisi dei dati statistici, sono risultati vincitori politici il Movimento 5 Stelle e la Lega (coalizzata con Forza Italia, Fratelli d’Italia e con la cd. ‘quarta gamba’ del centro destra), mentre il Partito democratico, maggioranza uscente, ha subito una sonora sconfitta, anche riconducibile al fallimento del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. Difatti, in assenza di una maggioranza chiara all’alba del giorno successivo alla chiusura dei seggi, le forze politiche, soprattutto quelle del Movimento 5 Stelle e le altre che componevano la coalizione di centro-destra, hanno reciprocamente rivendicato la rispettiva legittimazione, tanto agli occhi degli elettori quanto a quelli del Capo dello Stato, per la formazione della compagine governativa.
Da un lato, i pentastellati hanno giustificato le proprie richieste in ragione del conseguimento in plena solitudo del 32,66% dei voti alla Camera dei deputati e il 32,22% dei voti al Senato della Repubblica; dall’altro la coalizione di centro-destra, composta da Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia e dalla cd. ‘quarta gamba’ (‘Noi con l’Italia’, la lista dei centristi che hanno ruotato intorno alla figura di Silvio Berlusconi e che vedeva il coinvolgimento di alcune importanti personalità politiche ed ex Ministri quali Costa, Fitto, Lupi, Romano, Tosi e Zanetti) faceva altrettanto, sulla base del fatto che, unita, avesse conseguito il 37,01% e il 37,49% dei voti nei due rami del Parlamento. Questo dato politico ha trovato giustificazione nella legge elettorale n. 165/2017, modellata dalle forze politiche con l’obiettivo precipuo di premiare le alleanze politiche. In particolar modo, la formula elettorale prescelta è stata espressione dell’accordo tra la maggioranza precedente (Pd) e l’opposizione rappresentata da Forza Italia, che pur essendo stata presentata con il precipuo obiettivo di realizzare una forma di “controllo” sui risultati elettorali, non ha sortito gli effetti sperati. Stante questi esiti, il Partito democratico si è trovato nell’assoluta incapacità di offrire una proposta valida di programmazione interpartitica di tipo governativo, anche a fronte del fatto che il terremoto elettorale che lo aveva investito, ha fatto deflagrare nuovamente il gruppo dirigente, con le dimissioni, il 5 marzo 2018, del Segretario nazionale Matteo Renzi, alimentando ulteriori conflitti interni. Esauriti gli adempimenti parlamentari, con l’elezione dei Presidenti di Assemblea (Roberto Fico alla Camera, esponente M5S e Maria Elisabetta Alberti Casellati di Forza Italia) […]