I rapporti tra Governo e Parlamento, nella storia costituzionale italiana, possono essere declinati secondo un duplice modello a seconda delle diverse epoche storiche. Il primo di essi, favorito dalle prime importantissime e organiche riforme dei Regolamenti parlamentari del 1971, inaugurò la stagione del consociativismo e della cd. ‘centralità del Parlamento’, dove i Gruppi parlamentari presenti nell’Assemblea non erano classificabili secondo il classico schema della maggioranza e dell’opposizione. Infatti, le forze politiche cooperavano e collaboravano nella definizione delle grandi scelte d’indirizzo politico, rendendo il Governo un mero ‘convitato di pietra’.
Conclusa la stagione del consociativismo – già dalla fine degli anni ’70- inizio anni ‘80 –, si ebbero le prime pulsioni dirette alla ricerca della governabilità e al rafforzamento dell’Esecutivo. Andarono in questa direzione le riforme, susseguitesi negli anni, dei Regolamenti parlamentari – soprattutto alla Camera dei Deputati – e le modifiche alla legge elettorale, con lo scopo ambizioso, ma certamente infruttuoso, di imprimere una svolta maggioritaria inaugurando la stagione della governabilità e della cd. democrazia decidente.
Un tentativo improduttivo, si è detto. Proprio questo sembra emergere con chiarezza dalla monografia di Giovanni Savini, il quale ci offre una conferma – corroborata da dati statistici – del fallimento della stagione maggioritaria. Si tratta di un Volume bello, interessante, ma soprattutto moderno e attuale. Un libro di un’utilità evidente, perché, anche attraverso l’analisi dell’attività normativa del Governo Monti, descrive con lucidità lo stato attuale dei rapporti tra Parlamento e Governo e le patologie che caratterizzano il procedimento legislativo.
Infatti, il lavoro del Savini si propone di analizzare le degenerazioni attuali dell’iter legis, caratterizzato in modo preminente e – come descrive l’Autore con un’immagine forte, ma efficace – ‘prepotente’ dall’egemonia del Governo con la conseguente mortificazione delle prerogative parlamentari e dal reiterato utilizzo e abuso, da parte dell’Esecutivo, dei decreti legge, delle questioni di fiducia e dei maxiemendamenti. Queste tendenze vengono analizzate e prese in considerazione nei minimi particolari, sia in termini generali sia in riferimento all’esperienza del Governo Monti che, insediatosi nel 2011 durante la tempesta economico-finanziaria che minava la stabilità europea e italiana, ha abusato degli istituti sopra descritti per rendere più celere l’approvazione dei provvedimenti, introducendo, nel contempo, significative innovazioni.
Il Volume, che presenta un linguaggio chiaro e accessibile a un pubblico vasto, è diviso in cinque brevi capitoli.
Nel primo di essi, l’Autore ben descrive il ruolo del Governo nel procedimento legislativo – richiamando le più significative disposizioni costituzionali – e le ‘interdipendenze’ tra forma di governo, sistema elettorale, forma di Stato e vincoli internazionali. Nello specifico, illustrando la situazione al di fuori dei confini nazionali, Giovanni Savini riesce, molto nettamente, a cogliere e a spiegare l’effetto delle spinte della globalizzazione e dell’europeizzazione sul rafforzamento dell’Esecutivo e del Presidente del Consiglio, i cui esiti si mostrano con chiarezza nella logica che oggi sottintende i rapporti tra i due Organi contitolari dell’indirizzo politico. L’analisi si conclude con una riflessione sul ruolo e sull’importanza dei Regolamenti parlamentari che si atteggiano a fondamentali strumenti di attuazione e di integrazione del dettato costituzionale nella disciplina dei rapporti tra Esecutivo e Legislativo.
Nel secondo capitolo vengono descritte le tendenze odierne dei lavori parlamentari, mettendo in evidenza come la fine della stagione della ‘centralità del Parlamento’ e il tentativo di perseguire il mito della governabilità, abbiano causato l’inflazione dei decreti legge, dei maxiemendamenti e delle questioni di fiducia, nonché, lo “sviamento delle finalità originali” delle leggi finanziarie che sono divenute strumento per la celere approvazione delle proposte del Governo e dello stesso Parlamento. L’accento viene posto sugli ampi ed eterogenei contenuti delle disposizioni contenute nei decreti legge e negli stessi maxiemendamenti su cui viene posta la questione di fiducia.
Le tendenze appena descritte sono riscontrabili durante il Governo Monti. Nel terzo capitolo, l’Autore ripercorre con precisione le vicende politiche ed economiche che hanno portato alle dimissioni del Governo Berlusconi IV e alla conseguente nomina, da parte del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, di Mario Monti a Presidente del Consiglio dei Ministri. In questa parte del Volume vengono descritte anche le analogie con i precedenti Esecutivi tecnici presieduti da Carlo Azeglio Ciampi e Lamberto Dini in un analogo contesto di crisi economica nell’Italia degli anni ‘90 e il ruolo sempre più crescente che è venuto ad acquisire il Ministro dell’economia e delle finanze, delineando con un termine particolare, che mal si adatta ai contesti democratici, il rapporto tra quest’ultimo e il Capo del Governo. Infatti, l’esperienza del Governo Monti è utilissima anche per attestare come il Ministro del Tesoro sia divenuto ormai una figura tecnica fondamentale per l’equilibrio politico ed economico del Paese. Nell’epoca attuale, il titolare del Dicastero di via XX settembre non solo deve essere di riconosciuta e comprovata competenza ed esperienza, ma soprattutto, deve essere europeo ed europeista. Deve credere convintamente nelle politiche economiche suggerite da Bruxelles e deve godere della credibilità e della fiducia (anche) delle Istituzioni europee. […]