Maria Francesca Serra, Recensione a M. Mancini, Attività sportive ufficiali, intervento pubblico e sussidiarietà, Cedam, Padova, 2012, pp. 452

L’autore, nell’opera qui in commento, si propone di offrire una precisa disamina del fenomeno sportivo, in un’ottica prettamente costituzionale.

Il lavoro esamina lo sport sotto il duplice profilo dei diritti e/o interessi a questo sottesi, da un lato, e delle istituzioni preposte al suo controllo e alla sua organizzazione, dall’altro. Profili che, come si avrà modo di argomentare, vanno a intersecarsi continuamente, sottolineando ancora una volta la oramai ben nota particolarità dello sport e rivelando in maniera compiuta le difficoltà interpretative e applicative da questa derivanti.

Si affronta, cioè, il tema dei delicati rapporti dell’ordinamento sportivo nazionale, sia sul piano “interno”, relativo ai punti di contatto o di distacco con l’ordinamento generale statale, sia sul piano “esterno”, per ciò che concerne l’ordinamento sportivo internazionale.

L’Autore, al fine di fornire un quadro il più possibile completo, sceglie di operare una tripartizione argomentativa: profilo storico, profilo soggettivo-istituzioni, profilo oggettivo-natura.

Tale impostazione è assolutamente condivisibile, specie in relazione al fatto storico, poiché dalla genesi del fenomeno sportivo non è possibile prescindere, dal momento che è ragione  prima, o quantomeno principale, della particolarità della materia.

Lo stesso vale, poi, per i profili soggettivi e oggettivi. Dalla loro osservazione e dalla loro analisi si evincono chiaramente le difficoltà interpretative, organizzative e applicative cui poc’anzi si è fatto cenno.

Un’opera che si proponga di analizzare i profili costituzionali del fenomeno sportivo non può, quindi ed evidentemente, prescindere da nessuno dei tre profili.

Entrando nel dettaglio, come detto, la prima parte è dedicata alla ricostruzione storica della nascita e dello sviluppo dello sport.

Ripercorrendo secoli di storia, non può non notarsi come la mera attività sportiva, momento di gioco e piacere per il proprio tempo libero, sia riuscita a uscire dall’“irrilevanza” in maniera del tutto spontanea.

Dapprima, strumento di potenziamento fisico da adoperarsi ai fini militari (turnen) e successivamente, con nuovo mutamento di rotta, quasi come si trattasse di un ritorno alle origini “spensierate”, base del leisure time, strumento di elevazione sociale e di riscatto, in un rinnovato contesto storico di rilancio dell’interesse della collettività.

Lo sport come momento di aggregazione, quindi, portatore di interessi propri della collettività, non più solo semplice mezzo di potenziamento individuale.

L’agonismo occasionale lasciava, pertanto, il passo a quello programmatico, con l’ovvia conseguenza della necessaria organizzazione di manifestazione ed eventi, su scala sempre più vasta e ampia e sempre più bisognosa di regole.

La nascita delle Federazioni, nazionali prima e internazionali poi, del CIO, così come anche del CONI rispondeva proprio a tale necessità. Come l’Autore sottolinea molto bene, proprio la nascita e lo sviluppo di queste Istituzioni mostrano la prima particolarità, fonte – se non di contrasto – quanto meno di dubbio circa le difficili relazioni ordinamentali, specialmente sotto un profilo di inquadramento soggettivo e, conseguentemente, di ambito oggettivo di operatività.

Soggetti spontaneamente nati su slancio e basi privatistiche e pur tuttavia assoggettati in qualche modo al regime statale (specie in epoca fascista), attraverso l’inserimento di esponenti politici all’interno dei loro organi, subirono una progressiva pubblicizzazione, culminata poi nei primi provvedimenti legislativi in materia (L. 426/42).

Come è ben sottolineato, però, nessuna opera di pubblicizzazione è stata totale, con l’ovvia conseguenza di generare una situazione di caos e di incertezze nella materia, rispetto alla quale nemmeno l’emanazione della Costituzione ha posto alcun rimedio. Al contrario, il silenzio iniziale della Carta costituzionale sul punto “sport” induceva a ritenere che il fenomeno non fosse rilevante per l’ordinamento, o che lo fosse in maniera residuale, laddove venisse in rilievo, soprattutto in punto di riparto di competenze, la natura agonistica o meno dell’attività sportiva. Il tutto, anche con l’avallo e l’ausilio dell’interpretazione giurisprudenziale (si veda ex multis, C. Cost. n. 517/1987). […]

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