Il 24 febbraio 2015 la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva, con 265 voti favorevoli, 51 contrari e 63 astenuti, la riforma della legge n. 117 del 13 aprile 1988 sul risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e sulla responsabilità civile dei magistrati.
Il ministro della giustizia, Andrea Orlando, ha dichiarato che trattasi di “un passaggio storico. La giustizia sarà meno ingiusta e i cittadini saranno più tutelati”.
Il presidente del Consiglio dei ministri in un tweet, secondo l’attuale moda di comunicazione, inflazionata oltre ogni ragionevole limite, auspicabile nello svolgimento di funzioni istituzionali, ha commentato in calce ad una foto che lo ritrae nell’atto della firma della legge: “una firma attesa da 28 anni. Un gesto di civiltà # la volta buona”.
Inoltre, come spesso avviene in Italia quando è in giuoco una sentenza della Corte europea di Strasburgo o della Corte di giustizia dell’Unione europea, si è invocato, quasi a giustificare l’operato dello Stato, l’obbligo di conformarvisi, talora addirittura, come nel caso che ci accingiamo ad esaminare, alterando gli stessi termini della pronuncia e del risultato richiesto allo Stato inadempiente.
Ancora, secondo un ulteriore malcostume italiano, la magistratura è insorta, minacciando addirittura lo sciopero, opzione fortunatamente rientrata.
Come noto, la legge sulla responsabilità civile dei magistrati del 1988 faceva seguito al referendum dell’8 novembre 1987, in cui gli italiani si erano massicciamente (80,20% di “sì”) espressi in senso favorevole. Il legislatore optava per la responsabilità indiretta: esercizio dell’azione, ai fini del risarcimento, contro lo Stato, con rivalsa di quest’ultimo, entro certi limiti, nei confronti del magistrato. […]
Premesso, come è ovvio, che dinanzi al giudice europeo è in giuoco la responsabilità dello Stato membro per azioni od omissioni dei suoi organi, e non del singolo magistrato, l’indirizzo giurisprudenziale consolidato della Corte di giustizia dell’Unione europea nella materia in esame è così sintetizzato dal giudice nel dispositivo (punto 1) della sentenza del 30 settembre 2003, Gerhard Köbler v/Austria:
“The principle that Member States are obliged to make good damage caused to individuals by infringements of Community law for which they are responsible is also applicable where the alleged infringement stems from a decision of a court adjudicating at last instance where the rule of Community law infringed is intended to confer rights on individuals, the breach is sufficiently serious and there is a direct causal link between that breach and the loss or damage sustained by the injured parties. In order to determine whether the infringement is sufficiently serious when the infringement at issue stems from such a decision, the competent national court, taking into account the specific nature of the judicial function, must determine whether that infringement is manifest. It is for the legal system of each Member State to designate the court competent to determine disputes relating to that reparation”.
Tale decisione è richiamata dalla Corte nella sentenza del 13 giugno 2006, Traghetti del Mediterraneo c/Repubblica italiana, in cui il giudice europeo si pronuncia in via pregiudiziale ai sensi dell’articolo 234 del trattato CE, su richiesta del tribunale di Genova, dinanzi al quale pendeva un’azione di risarcimento intentata dalla Traghetti del Mediterraneo contro lo Stato italiano, a seguito di una presunta erronea interpretazione della normativa comunitaria da parte della Corte di cassazione, quest’ultima non avendo ritenuto, per giunta, di dover interpellare al riguardo il giudice europeo. […]
Scarica il testo completo in formato PDF
Di seguito si riporta il sommario dei saggi: 1. Introduzione 2. La giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e la possibile interpretazione adeguatrice della legge “Vassalli” 3. Una scelta criticabile: una legge di riforma maldestra piuttosto che una legge di interpretazione autentica 4. Brevi considerazioni conclusive