Mario Altomare, Recensione a D. Rayside, J. Sabin, P. E. J. Thomas, Religion and Canadian Party Politics, Vancouver, UBC Press, 2017, pp. 448

Il tema dell’influenza della fratture religiosa nella determinazione delle preferenze politico-elettorali e del confronto interpartitico è stato considerato in misura marginale in molteplici studi sul sistema partitico canadese. Nell’ambito del dibattito dottrinario e politico, la tendenza generale che è prevalsa sinora è stata quella di mettere in risalto, più che altro, le intersecazioni esistenti tra le diversità linguistiche ed etnoculturali con un ordine politico oramai profondamente secolarizzato, in cui la religione riveste un ruolo superficiale e secondario per influenzare le scelte degli elettori. Il volume oggetto di questa disamina si propone invece di dimostrare come la religione riesca a condizionare ancora oggi la vita politica contemporanea del Canada, attraverso l’individuazione di tre assi attorno ai quali si articola il cleavage inerente le credenze religiose: in primo luogo la storica divisione tra cattolici e protestanti che ha profondamente influenzato la politica canadese prima della Seconda guerra mondiale, e che tuttora permane seppure sotto forme diverse; in secondo luogo, rileva il conflitto tra i conservatori religiosi e i social progressisti, tra i quali si sono sviluppati i dibattiti sui temi della bioetica, dei diritti delle comunità LGBT e sulla distinzione tra religione e sfera pubblica; il terzo asse è quello su cui si staglia il contrasto, emerso soprattutto negli ultimi due decenni, tra coloro che ritengono opportuno riconoscere e proteggere le pratiche religiose dei gruppi minoritari e le istituzioni della crescente popolazione musulmana e quelli che invece pensano che un simile riconoscimento possa minare i valori nazionali del Canada. Il volume preso in esame si propone di analizzare queste tre linee di frattura attraverso l’analisi di una serie di casi concreti, di rilevanza sia federale che provinciale.

La struttura della ricerca svolta dagli Autori si presenta divisa in quattro parti. Nella prima si parla dei partiti federali, e in particolare del Partito Conservatore, per capire se la sua apparizione sulla scena politica nei primi anni duemila “has produced a growing policy distinction between the major parties on issues related to faith and moral traditionalism” (p. 34); la seconda esplora la persistenza delle considerazioni religiose nella affiliazione partitica e nei processi di policy making in ambito provinciale; nella terza parte viene presa in esame la contrapposizione tra social progressisti e tradizionalisti, facendo riferimento in particolare al caso dell’Ontario e dell’ Alberta; nell’ultima parte, invece, si pone l’attenzione sulle minoranze religiose, osservando innanzitutto il caso del Québec e poi quello delle popolazioni aborigene che abitano i territori della fascia nordica, ossia lo Yukon, il Nunavut e i Territori del Nord Ovest. Partendo dal contesto federale, si può constatare come la tendenza dei cattolici a sostenere il Partito Liberale e dei protestanti a schierarsi solitamente a favore del Partito Conservatore si sia progressivamente ridimensionata […]

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