Nella Relazione che la Presidente della Commissione affari costituzionali del Senato presentò alla seduta della Commissione del 18 novembre 2014, in accompagnamento al d.d.l. n. 1385, erano menzionate tre esigenze fondamentali che qualunque legislazione elettorale dovrebbe rispettare: la rappresentatività; la costituzionalità; la governabilità. Concordo, anche se aggiungerei almeno la stabilità (a mio parere, interessa poco sapere subito dopo le elezioni se vi sia un Governo e quale sia, mentre interessa molto di più sapere se il Governo potrà essere stabile e duraturo) e la logicità. Di queste cinque esigenze la l. n. 52 del 2015 ne ha considerata una sola: la governabilità. La storia avrebbe dovuto insegnare qualcosa, tuttavia la storia è una maestra severa, sì, ma spesso inascoltata. E da noi di ascolto ce n’è stato davvero poco.
2.- Bene. Cosa aveva già insegnato la storia (e cosa avevano osservato gli studiosi più avvertiti), già quando quella legge veniva redatta e approvata? Vediamo.
Anzitutto, quanto alla governabilità, aveva dimostrato (in almeno venti anni) che, se la strutturazione e la semplificazione del sistema dei partiti possono essere favoriti da alcune soluzioni istituzionali, le forzature e gli irrigidimenti eccessivi producono solo l’illusione, ma non il raggiungimento del risultato. Un sistema elettorale nazionale (pressoché unico al mondo) capace di produrre una maggioranza irrefragabilmente certa avrebbe dovuto essere guardato, già per questo, con sospetto.
La questione della rappresentatività è legata alla precedente. I sistemi sociali occidentali sono attraversati da linee di tensione fortissime, che talora seguono i vecchi e tradizionali solchi di frattura (capitale/lavoro; centro/periferia; religione/secolarizzazione, etc.), talaltra ne tracciano di nuovi o nuovamente strutturati (penso a giovani/vecchi oppure a stabilità/precarietà). Sistemi così articolati e conflittuali hanno bisogno di una qualche riduzione della loro complessità, certo, ma non si governano con la sola semplificazione. E il disagio deve essere in qualche modo rappresentato, altrimenti trova pericolosi canali extraistituzionali di manifestazione. Anche qui, un sistema elettorale capace di dare a una potenzialmente esigua minoranza numerica l’illusione d’essere maggioranza politica (e sociale) doveva generare qualche dubbio. […]