Così come per il giudice a quo, nel giudizio in via incidentale, è assai arduo tracciare confini definiti in ordine ai soggetti legittimati a sollevare conflitti di attribuzione fra poteri dello Stato. Ciò vale, in particolare, in tempi in cui la giurisdizionalizzazione di controversie politiche finisce assai spesso per essere un esito inevitabile, per quanto poco auspicabile, e si rende necessario trovarne la composizione.
Così, non sorprende che la Corte costituzionale abbia ritenuto sussistente la legittimazione a sollevare conflitto tra poteri di singoli parlamentari in occasione del ricorso volto a censurare le modalità di svolgimento del procedimento di approvazione della legge di bilancio per il 2019, com’è stato annunciato dal comunicato stampa diramato in data 10 gennaio 2019.
Ancor meno stupisce alla luce della giurisprudenza più che ventennale, oramai, in base alla quale siffatta legittimazione è stata negata nei casi concreti a proposito dei quali la Corte era stata chiamata a decidere. Invero, sin dalle prime ordinanze con le quali è stata dichiarata l’inammissibilità di ricorsi proposti da singoli parlamentari, la Corte costituzionale non aveva mai del tutto negato la possibilità di considerarne positivamente la sussistenza, lasciando «impregiudicata la questione se in altre situazioni siano configurabili attribuzioni individuali di potere costituzionale, per la cui tutela il singolo parlamentare sia legittimato a ricorrere allo strumento del conflitto tra poteri dello Stato». Più di recente, con una pronuncia della quale sono stati sottolineati i segni di ulteriore apertura, nel negare accesso ad un conflitto sollevato per un vizio del procedimento legislativo denunciato da alcuni parlamentari di opposizione, la Corte ha affermato: «deve escludersi che un membro di uno dei due rami del Parlamento possa lamentare la violazione del procedimento parlamentare svoltosi presso l’altro ramo (…)». E, nel caso del ricorso prospettato contro il Senato della Repubblica, si lamentavano violazioni procedurali avvenute nella Camera di appartenenza, dunque, dato tale precedente, era difficile ipotizzare che la Corte potesse smentirsi a distanza di pochi mesi. […]