Il 25 gennaio la Corte costituzionale ha deciso su numerose questioni di legittimità costituzionale della vigente legge elettorale[1] per la Camera dei deputati sollevate da vari tribunali. Assai opportunamente la Corte aveva evitato di prendere in esame la questione ai primi di ottobre 2016, data decisa quando sembrava che il referendum costituzionale dovesse tenersi a settembre, ed altrettanto opportuna è stata la fissazione dell’udienza oltre un mese e mezzo dopo il responso referendario. Il rinvio dell’udienza, nonostante le ingiustificate polemiche sollevate da qualche critico, era pienamente motivato dalla necessità di evitare di adottare una decisione che, qualunque ne fosse stato il contenuto, resa in piena campagna referendaria, avrebbe finito inesorabilmente per ricevere le accuse di aver voluto influenzarne gli esiti. La fissazione della data del 24 gennaio avrebbe potuto consentire alle forze politiche di votare rapidamente una nuova legge elettorale per Camera e Senato, evitando alla Corte di dover nuovamente adottare una pronuncia su un aspetto così rilevante e delicato della nostra organizzazione costituzionale. Soprattutto, una pronuncia che non risolve (e non era chiamata a farlo), la questione fondamentale che affligge il complesso delle regole elettorali risultante dalla sentenza resa dalla Corte costituzionale nel 2014[2] e da quella di cui si attende la pubblicazione: la sicura disomogeneità di composizione politica di Camera e Senato, con la conseguenza di rendere assai ardua la formazione di un governo e la sua durata.
La Corte costituzionale può limitarsi a dire se una certa norma di legge è incoerente con il dettato costituzionale, può arrivare a cancellare un’intera legge (in casi limite) ma non può di certo approvare una legge e men che meno una legge elettorale: per questo, esiste il Parlamento.
Dopo l’esito del referendum costituzionale, abbiamo dovuto ascoltare ancora una volta un’infinità di dichiarazioni sulla futura legge elettorale (ovviamente tutte in contraddizione tra loro) senza che nessuno abbia dimostrato effettivamente di avere la volontà (e l’umiltà, molto più proficua e meno diffusa in politica della tracotanza) di approvarne una nuova. Le prime reazioni al comunicato stampa della Corte costituzionale[3] danno l’idea che le forze politiche non abbiano nessuna fretta di arrivare in tempi ragionevoli ad una soluzione concreta. L’interesse e la partecipazione degli elettori alla consultazione referendaria del 4 dicembre avrebbero meritato senz’altro un diverso atteggiamento.
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Sommario: 1. I tempi della Corte, i tempi della politica. – 2. I dispositivi preannunciati. – 3. Si può votare con quel che rimarrà a seguito dell’opera di ritaglio effettuata dalla Corte? – 4. Prospettive per una nuova legge elettorale.