La sentenza n. 1/2014 della Corte costituzionale italiana ha sollevato numerose questioni di diritto elettorale, sulle quali gli studiosi hanno avuto modo di cimentarsi. È stata di recente avanzata una soluzione per rendere maggiormente prevedibile un eventuale giudizio di costituzionalità del premio di maggioranza (individuando la soglia minima “matematicamente corretta” per la sua attribuzione). Il presente studio si pone l’obiettivo di analizzare l’opportunità di introdurre, appunto, una formula numerica nel giudizio di compatibilità costituzionale riguardante la soglia minima. Il percorso argomentativo prenderà le mosse da una recente sentenza del Conseil constitutionnel, preceduta da un’analisi di contesto indicante le linee essenziali della loi NOTRe, legge al vaglio del Consiglio. Una volta chiariti i termini della proposta della dottrina italiana sulla soglia minima, si procederà a un’analisi comparata delle giurisprudenze costituzionali di alcuni Paesi – quali l’Inghilterra, il Giappone, gli Stati uniti, la Corea del Sud. Attraverso una comparazione “per differenze” il tentativo sarà quello di formulare delle riflessioni di sintesi sull’utilità di introdurre un criterio matematico nel contesto del giudizio di costituzionalità della soglia minima. […]
La loi NOTRe, acronimo di «loi portant nouvelle organisation territoriale de la République», si diceva, è stata interessata da una pronuncia del Conseil riguardante un tema abbastanza marginale, se se ne considera l’impianto complessivo: le modalità di elezione dei consiglieri della métropole du Grand Paris («MGP»). Non si tratta di una sanzione di costituzionalità della legge, per la seguente ragione: l’oggetto della pronuncia Conseil è stato circoscritto alle disposizioni riguardanti l’elezione della MGP; ne consegue che nuove questioni di legittimità costituzionale potranno essere sollevate in futuro. Ad ogni modo la pronuncia dà il senso di ciò che intendeva il giurista Jean Rivero quando, a proposito del Conseil, parlava di una Corte in grado di filtrare la zanzara e lasciar passare il cammello.
Una delle più rilevanti novità introdotte dalla legge riguarda la soppressione della clausola di competenza generale per le regioni e i dipartimenti. L’unico ente territoriale a competenza generale rimane dunque il comune, cui si riconosce conseguentemente la capacità di intervento in tutti i domini di interesse pubblico locale.
Ancora, le regioni vedono aumentare le possibilità di intervento nei seguenti campi: sviluppo economico e supporto alle imprese, da una parte, e pianificazione del territorio, contenimento dell’inquinamento, rifiuti e energia, dall’altra. Quanto ai dipartimenti, non scompaiono del tutto, come inizialmente annunciato, preservando le c.d. compétences de proximité – salvo la gestione dei trasporti scolastici, ora in capo alle regioni – e, a talune condizioni, la competenza nel settore portuale. Si tratta di un dato di non poco rilievo quello della sopravvivenza dei dipartimenti; dato che ha spinto i primi commentatori parlare di una riforma “brouillonne”, “farlocca”, simulacro di se stessa. […]
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