Se dovesse avere effettivo seguito l’ipotesi avanzata di recente da parte del Governo e dei principali partiti politici britannici di introdurre l’istituto del recall nell’ordinamento, assumerebbe i tratti di una riforma rivoluzionaria e dirompente, di fronte alla quale intellettuali e uomini politici inglesi del settecento sarebbero rimasti attoniti. Quando si visita l’House of Commons, la guida particolarmente attenta nel descrivere gli aspetti procedurali e strettamente tecnico-giuridici del funzionamento della democrazia parlamentare britannica, oltre a quelli storico-culturali, fa soffermare i gruppi per qualche minuto di fronte a delle caselle delle lettere in cui sono scritti simbolicamente tutti i nomi dei deputati e in cui vengono incasellate le lettere loro destinate, quasi a voler sottolineare il rapporto materialmente diretto che continua ad esplicarsi anche nel corso della legislatura tra l’eletto e la sua constituency di provenienza. L’invio di lettere è una delle diverse modalità con cui il singolo elettore può entrare in contatto con un membro del Parlamento per esporre più chiaramente interessi e problemi legati alla propria circoscrizione. Ora, il non aver risposto a una lettera inviata dagli elettori, è stato considerato dal 60% degli intervistati in un’indagine condotta da YouGov come una delle possibili ragioni che giustificherebbero l’attivazione di una procedura di revoca anticipata da parte del Corpo elettorale. Tra le ragioni più gravi, tuttavia, è stato inserito l’aver commesso una gross financial misconduct2 divenuto argomento particolarmente sensibile e delicato dopo i recenti fatti politici.
Francesca Dau, Quando Edmund Burke incontra Schwarzenegger. Ovvero sull’ipotesi di introdurre il recall nell’ordinamento britannico
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