Devo dare una spiegazione, innanzitutto, circa il titolo del libro, The Global polity. L’ho scritto valendomi di una caratteristica della lingua inglese: essa ha un numero di lemmi superiore a quelli italiani. Dallemma di origine greca “polis” in Italia noi deriviamo “polizia” e “politica”, mentre la lingua inglese deriva non solo “politics” e “police”, ma anche “policy” e “polity”. Da essa noi italiani abbiamo importato la parola “policy”, che traduciamo spesso con “politiche” o con “indirizzi politici”. Tuttavia, non abbiamo ancora importato la parola “polity” che sta a significare “reggimento politico”, nel senso che indica un genere a cui appartiene lo Stato. Perché faccio questo lungo discorso di carattere terminologico? Perché in “The Global Polity” c’è il tentativo di mostrare che la storia dello Stato ha oscurato quella dei reggimenti politici che hanno dominato l’area nella quale viviamo, l’Europa. Reggimenti che erano diversi dagli Stati – per esempio, gli Imperi – oggi rivivono nel global polity. O, almeno, alcuni caratteri di quei reggimenti rivivono oggi nella global polity.
Sabino Cassese. L’emersione di un momento costituzionale a livello globale
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