Gli eventi che seguono danno testimonianza di un salto di qualità nell’opera di deterioramento di principi e canoni dello stato di diritto in Polonia. Se nelle cronache del numero 2/2016 di Nomos si era parlato di una cronicizzazione dello scontro al riguardo, i mesi finali del 2016 sembrano essere quelli di un’accelerazione. Intanto sul finire dell’anno si consuma, determinata da provocazioni della maggioranza politica, una crisi delle istituzioni parlamentari senza precedenti almeno nell’ultimo quarto di secolo di riconquista dei diritti democratici.
E’ curioso che una crisi puramente parlamentare segua e non preceda la crisi della giustizia costituzionale, le cui basi erano state già poste nell’autunno dell’anno precedente. Tornando a quest’ultima, senza curarsi troppo né della procedura avviata dall’Unione europea ex art. 7 TUE, né dei pareri sulla controversia relativa al Tribunale costituzionale ad opera della Commissione di Venezia – interessamenti, anzi, verso i quali si ostenta indifferenza – il governo, il capo dello Stato e la maggioranza parlamentare hanno accentuato, ciascuno nel rispetto scrupoloso del proprio ruolo, l’opera di ‘conquista’ dell’organo di giustizia costituzionale, al fine di rimuovere un ostacolo, vero o presunto, sul percorso delle restanti scelte politiche. Ne danno conto le note che seguono, ove si rileva il ruolo svolto dal presidente del Tribunale Andrzej Rzepliński. Questa personalità, più ancora che i leader dell’opposizione parlamentare, è stata considerata una punta di diamante della resistenza – lo si dice in senso tecnico – all’indirizzo politico di governo e maggioranza, e la conclusione attesa del suo mandato, per il mese di dicembre, si è presentata come strumento non solo per sostituire un altro giudice ‘avversario’ con uno più favorevole ai nuovi orientamenti, ma addirittura come mezzo per rivoluzionare la composizione dell’organo e rovesciarne radicalmente gli indirizzi (si ricorda che Rzepliński, da dicembre del 2015, ha sempre seguitato a non ammettere nelle camere di consiglio e nei collegi giudicanti tre giudici che, secondo giurisprudenza precedente dello stesso Tribunale, non avevano diritto di farne parte). Per fare ciò era però necessario operare ulteriori modifiche legislative, in aggiunta alla legge sul Tribunale costituzionale del 22 luglio scorso.
Il quadrimestre considerato conosce poi almeno due fronti qualificanti sul piano delle scelte politiche di rilievo costituzionale. Il primo, da lungo tempo annunciato, riguarda il diritto all’interruzione di gravidanza, dove puntualmente si è tentato di modificare in senso ancora più estremo una legislazione che è già tra le più restrittive per lo meno su scala europea. Il secondo si inserisce nell’ambito delle libertà di manifestazione e riunione, e richiede qui un minimo di precisazione quanto alle circostanze. […]