Il secondo anno di vita del secondo governo Tusk inizia in Polonia sotto il segno di una certa usura, o affaticamento strutturale. La legislatura nata sul finire del 2011, lo si ricorda, è la prima dal 1989 a distinguersi per la riconferma della maggioranza politica uscente. Dopo che nel 2012 l’esecutivo di Donald Tusk è riuscito a condurre in porto alcune misure importanti, come la riforma strutturale del settore previdenziale, con l’inizio del 2013 iniziano però a venire in evidenza divisioni e contraddizioni che ’sottotraccia’ in realtà erano state presenti fin dall’esordio di questa peraltro stabile e affidabile maggioranza, nel lontano autunno del 2007. Mentre sullo sfondo si staglia una situazione economica meno florida degli anni precedenti – con una brusca decrescita della crescita che ha caratterizzato tutti i primi anni del secolo, compresi quelli dell’eurocrisi, in cui la Polonia è l’unico paese dell’UE allargata a non aver subito neanche un trimestre di recessione –, la maggioranza composta dalla Piattaforma civica (PO), in posizione di maggioranza relativa ma dominante, e dal Partito popolare di estrazione agraria, è in preda a contrasti crescenti che vanno dal tema delle liberalizzazioni a quello assai più delicato delle questioni di bioetica e dei rapporti tra Chiesa e Stato.
Sotto quest’ultimo profilo, in particolare, le divisioni rischiano di paralizzare una modernizzazione del paese, da molti auspicata, proprio in quanto interne allo stesso partito di maggioranza relativa. Qualsiasi tentativo di innovazione legislativa intrapreso dal governo, o dalla maggioranza interna alla Piattaforma civica, che riguardi la questione della fecondazione artificiale o delle unioni civili, anche tra coppie dello stesso sesso (sulle quali però si aggiungono dubbi di natura costituzionale), viene regolarmente bloccato da una minoranza interna conservatrice, che utilizza la libertà di coscienza come leva per votare in Parlamento insieme all’opposizione di destra, dominata dal partito Diritto e giustizia (PiS), vanificando per pochi voti di scarto iniziative che sono invece appoggiate dalle più deboli opposizioni di sinistra. Queste ripetute sconfitte parlamentari, su questioni tanto importanti quanto tuttavia non decisive ai fini della permanenza in carica dell’esecutivo, determinano nel leader della Piattaforma civica, il premier Donald Tusk, una frustrazione crescente che culmina, sul finire del quadrimestre considerato, nell’allontanamento dal governo – favorito da un mero pretesto – del ministro della giustizia Jarosław Gowin, il leader informale ma di crescente influenza della minoranza eticamente conservatrice del partito (meno di cinquanta deputati su circa duecento). Gowin, da parte sua, mentre rivendica le posizioni di spiccato tradizionalismo sociale, ha gioco facile nella propria polemica interna con l’imputare a Donald Tusk un sostanziale tradimento delle promesse con cui il partito era nato, nel 2001, consistenti in un accentuato liberismo economico.
Restano buoni invece i rapporti con l’Unione europea, con la quale a inizio anno il governo è riuscito a strappare un buon accordo in merito ai fondi del bilancio 2014-2020. Sul lontano orizzonte si profilano invece maggiori problemi in merito alla questione dell’euro: Già fin dall’adesione all’UE, nel 2004, la Polonia era chiamata a fare ingresso nell’area valutaria comune, non appena avesse soddisfatto i relativi requisiti. L’esplosione della crisi finanziaria ed economica europea degli ultimi anni ha aumentato i timori dell’opinione pubblica verso questa prospettiva, ciò che va ad aggiungersi a problemi di natura costituzionale; tutto ciò a dispetto del fatto che il debito pubblico appare sotto controllo così come l’inflazione, mentre i tassi d’interesse sul debito sono scesi per la prima volta dalla democratizzazione a livelli inferiori a quelli di non pochi paesi dell’Eurozona. […]