I mesi centrali del 2018 sono quelli in cui comincia a prendere forma la conquista del giudiziario da parte dell’esecutivo, in attuazione delle leggi di riforma approvate nel 2017 – su cui ampiamente le precedenti Cronache – già ripetutamente novellate dalla maggioranza di Diritto e giustizia (PiS), con piccoli aggiustamenti tecnici adottati in parte per dare l’impressione di conformarsi ai rilievi critici della Commissione europea – in seguito alla procedura per violazione dell’art. 7 TUE già avviata alla fine dell’anno scorso –, in parte per consentire alla forza politica dominante di adeguarsi alle resistenze che provengono dalla stessa magistratura. Il conflitto culmina ai primi di luglio, quando, secondo la nuova legislazione concernente la Corte suprema, insieme all’avvio di una procedura innovativa di reclutamento di gran parte dei suoi membri, dovrebbe cessare il mandato della sua prima presidente, Małgorzata Gersdorf, nominata nell’aprile 2014 per un periodo di sei anni sancito dall’art. 183.3 della Costituzione.
La legge attua in effetti una purga nell’organo con il classico pretesto di collocare a riposo tutti i supremi giudici che abbiano compiuto 65 anni di età, tra cui la stessa Gersdorf, tranne coloro che – a seguito della presentazione di un certificato medico che ne attesti le ottime condizioni di salute – abbiano presentato domanda di rimanere in carica per un periodo massimo di altri tre anni, a condizione che il Consiglio nazionale della magistratura – KRS –, nella sua nuova compagine composta in modo da assicurare larga rappresentanza al partito di maggioranza, esprima un parere favorevole, e che il Presidente della Repubblica si conformi discrezionalmente a tale parere. Ma la prima presidente, insieme a numerosi altri componenti dell’alto collegio, rifiuta di assoggettarsi a tale procedura, nel suo caso facendo affidamento su una disposizione costituzionale con cui la legislazione in vigore si pone in palese conflitto (la Costituzione polacca sembra offrire qualche appiglio per una sua diretta applicazione, ma è dubbio che ciò possa avvenire pacificamente in presenza di una precisa disciplina legislativa, pur nell’impossibilità di ottenere un giudizio equilibrato in altra sede, stante la conquista illegittima ma ormai definitiva, e ormai la scarsa operatività, del Tribunale costituzionale). Il rischio che in Polonia si crei un duplice ordinamento giuridico – e ormai anche giudiziario – si mantiene in bilico tra uno stato di latenza sempre più accentuato e una concretizzazione dagli sviluppi imprevedibili. […]