Questo libro affronta in modo analitico il problema della confusa riforma italiana in tema di Città metropolitane che, intrecciandosi con la questione del riassetto delle Province, suscita non pochi problemi di natura politica in quanto coinvolge l’intera governance del territorio. L’Autore mette sotto la lente critica i recenti provvedimenti che hanno toccato il sistema delle autonomie locali, i quali dimostrano la mancanza di una reale e coerente visione riformatrice in materia.
L’analisi delle tappe storiche che hanno fatto dell’ Italia una delle culle fondamentali della “civiltà della città” dell’Europa, dimostra come la città può essere vista non solo come una forma organizzata ma anche come una forma organizzativa. Pensare che la città è una forma organizzata significa pensare a un manufatto non modificabile. Dire invece che la città è una forma organizzativa significa pensare a strutture organizzative che evolvono dinamicamente e che hanno bisogno di forme istituzionali le cui strutture siano dotate di plasticità. In sostanza la storia dimostra come le città evolvono e si differenziano non solo per le dimensioni demografiche e territoriali ma anche per la tipologia di funzioni che esse esercitano. E’ evidente che non tutte le città possono esercitare le medesime funzioni, per cui esse si ordinano nel territorio secondo una forma logica di gerarchizzazione che assegna un ruolo significativo alle Città metropolitane in quanto divengono milieux capaci di produrre innovazione e crescita. Le diverse discipline che si sono occupate, non solo in Italia, del problema delle città metropolitane evidenziano due tipi di logica: quella funzionale e quella di legittimazione politica. La prima fa riferimento ai contributi dell’economia pubblica focalizzati sul ruolo che le economie di scala possono avere nello svolgimento di alcune funzioni urbane e, naturalmente, nella semplificazione istituzionale.
Quella della legittimazione politica, invece, rimanda alla legittimità democratica dei governi metropolitani e alle preferenze delle singole comunità chiamate a far parte di una città metropolitana. Tali logiche hanno dimostrato l’eterogeneità delle situazioni concrete e rendono difficile giustificare una sorta di omogeneità dei percorsi con cui giungere alla formazione di una città metropolitana e delle regole che questa dovrebbe adottare. Al riguardo l’Autore sottolinea come nell’attuale esperienza italiana in materia di città metropolitane tale eterogeneità non è stata presa in considerazione e si è cercato di incapsulare le istituzioni dedicate alla governance dei territori in un’unica forma. I percorsi e le regole, invece, dovrebbero riflettere le diversità strutturali che sono specifiche di ogni realtà metropolitana.
L’Italia non è l’unico caso in tal senso: alcune delle esperienze effettuate negli Usa e nei principali Paesi Europei evidenziano una grande varietà di approcci al tema metropolitano, alcuni ispirati ad una logica burocratico-amministrativa, come nel caso italiano, altri pragmatici e flessibili. Il fenomeno metropolitano è stato conosciuto dapprima negli USA e poi anche in Europa e in Italia. In origine negli USA si considerò metropolitana un’area avente come fulcro una città di almeno 200.000 abitanti (successivamente portati a 50.000 abitanti) e delimitata in base alla densità di popolazione di entità amministrative minori, come i distretti elettorali. Dal 1950, invece, è stata adottata la contea come unità statistica di base e sono stati introdotti i concetti di standard metropolitan area (SMA), area funzionale con un buon livello d’integrazione economica e sociale e di urbanized area (UA).
Quanto alla governance, al di là dell’unico caso dell’area metropolitana di Portland, città situata nell’Oregon, che non si è costituita formalmente come area o città metropolitana, ma che ha conferito a un’agenzia governativa regionale, denominata Metro, il compito di provvedere alcuni servizi fondamentali ai venticinque comuni dell’area metropolitana di Portland, le maggiori aree metropolitane americane hanno preferito imboccare una via più soft: la cooperazione volontaria tra i comuni dell’area metropolitana mediante l’istituzione del Council of Governments.
Quanto all’Inghilterra, nel 2000 è stato ripristinato dal governo Blair il governo metropolitano londinese attraverso l’istituzione della Greater London Authority. Tuttavia le metropolitan areas inglesi sono ormai prive di un effettivo ruolo di governo e mantengono una gestione di alcuni servizi locali a livello metropolitano mediante i cosiddetti statutory joint boards ed altre forme associative.
Nell’esperienza francese, invece, la creazione di comunità di tipo metropolitano è in parte il frutto di alcune scelte dirigistiche in quanto una legge del 1966 istituì in maniera autoritaria quattro aree metropolitane (Lione, Strasburgo, Lille e Bordeaux) dando vita ad un’associazione obbligatoria tra i comuni metropolitani, la communautè urbaine. Successivamente tale formula venne applicata anche ad altre realtà urbane. Sebbene create autoritariamente le communautes non si configurano nei fatti come un’autorità gerarchicamente sovrapposta ai comuni metropolitani, ma semmai come un luogo di confronto e di mediazione fra di essi.
In Germania esistono una molteplicità di situazioni istituzionali in quanto il federalismo dello Stato tedesco ha incentivato la differenziazione delle organizzazioni equivalenti alle aree metropolitane, alimentando uno spirito di particolarismo giuridico in base al quale per ogni area metropolitana è stata creata una propria forma di organizzazione, più o meno asimmetrica dal punto di vista degli enti locali.
La Spagna, al contrario, rappresenta il caso di un Paese in cui l’ordinamento metropolitano non sembra registrare grandi successi: non esistono aree metropolitane in senso formale, ma al massimo strutture funzionali che forniscono rispettivamente servizi idrici, del trattamento dei rifiuti e dei trasporti nell’area di Barcellona e di Valencia. Fallimenti dell’Istituto delle Città Metropolitane si sono avuti anche in Danimarca e Olanda.
Diverso il caso della Svizzera che, tramite l’Ufficio federale per lo sviluppo territoriale, ha presentato un Progetto territoriale “Svizzera” che assegna un ruolo fondamentale alle aree metropolitane per i prossimi 15 anni, in quanto delegate ad imprimere un’accelerazione al dinamismo economico dell’intero Stato. […]