Il lavoro monografico di Arianna Angeli “Lingue e identità nei paesi del Maghreb occidentale”, edito da Giappichelli, affronta, con una prospettiva di comparazione sincronica e diacronica, lo sviluppo del principio del pluralismo culturale e linguistico negli ordinamenti costituzionali di Algeria e Marocco, entrambi accomunati dalla colonizzazione della potenza francese. Il rapporto tra lingua, identità e statualità rappresenta il filo rosso dell’intera opera monografica ed è affrontato partendo dallo studio del contesto dei due paesi oggetto di indagine, con l’obiettivo dichiarato di verificare se le riforme che hanno interessato entrambi gli ordinamenti abbiano portato al superamento della concezione monoculturale e al modello dello Stato-nazione. Un obiettivo ben inquadrato già in premessa allo studio, in cui l’A. spiega al lettore che si cimenta nella piacevole lettura del libro la metodologia scientifica adottata e i limiti strutturali connessi alla ricerca. Sul primo versante, Angeli evidenzia come la comparazione giuridica rappresenti un mezzo per comprendere in che modo concetti giuridici come Stato, nazione, diritti culturali e linguistici, elaborati nell’ambito del costituzionalismo occidentale, siano stati recepiti in ordinamenti fondati su principi religiosi. Sul secondo versante, invece, l’A. avverte il lettore circa le difficoltà connesse al rapporto tra diritto islamico classico (Shari’a) e diritto positivo, tra società civile e comunità religiosa ed evidenzia, a ragione, come i principi religiosi abbiamo esercitato un condizionamento determinante nell’organizzazione politico-istituzionale dei paesi del Maghreb, nei quali i principi della forma di stato democratico-pluralista non hanno mai trovato piena e completa attuazione, nonostante i processi di democratizzazione abbiamo condotto all’approvazione di Carte costituzionali formalmente democratiche. La premessa metodologica è arricchita e completata dalla consapevolezza espressa dall’A. sui limiti connessi alle peculiarità dei paesi oggetto di studio, con l’evidente obiettivo di avvertire il lettore sui c.d. “costi culturali”, non cadendo nella tentazione di condurre uno studio limitato alla mera analisi del dato giuridico e, per questo, affrontando lo studio con una ampia visione che mette insieme il dato storico con la sociologia, la scienza politica e l’antropologia culturale.
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