Il quadrimestre appena trascorso nel Regno Unito ha visto il passaggio di consegne alla guida del partito conservatore e del Governo da Theresa May a Boris Johnson. Un cambiamento nella leadership e soprattutto nello stile di Governo che per ora non è riuscito a sollevare le nubi dell’incertezza che avvolgono modalità e tempistiche della Brexit. La dottrina concorda nel definire il peculiare momento storico che sta vivendo il Regno Unito come un “constitutional moment”. La scelta di lasciare l’Unione, infatti, ha avuto e sta avendo effetti per la Costituzione non scritta britannica che, con ogni probabilità, non erano stati immaginati al momento della decisione di indire il referendum. Una scelta che ha avuto la conseguenza di dar vita a prassi e convenzioni inedite, le quali stanno influenzando sia i rapporti tra Governo e Parlamento, sia quelli centro-periferia e che hanno messo il mondo politico, la dottrina e la giurisprudenza di fronte a problemi dai profili non sempre chiari e tuttora in corso di evoluzione. Una realtà dunque sensibilmente diversa da quella vissuta fino a poco tempo fa e nella quale la forma di governo aveva funzionato nel modo tradizionale.
I temi principali discussi in questo quadrimestre – che è culminato con la richiesta di Johnson, il 28 agosto, di chiedere la sospensione dei Comuni (prorogation) – sono sempre legati al complesso rapporto tra Esecutivo e Legislativo, stante la presenza di un Governo di minoranza. In particolare, il dibattito si è incentrato sia sulla concreta possibilità del Parlamento di votare, entro il 31 ottobre, contro l’eventuale ipotesi di uscita senza accordo, sia sugli strumenti di cui il nuovo Premier poteva disporre per contrapporsi al Parlamento ed impedire tale voto. Per comprendere meglio le ultime vicende di questi mesi e la decisione di Johnson di chiedere la prorogation dei Comuni, bisogna ricordare che il nuovo exit day del 31 ottobre era stato fissato ad aprile a seguito della mancata uscita dall’Unione europea alla data prevista del 29 marzo, dato che Westminster aveva respinto, per 3 volte, il withdrawal agreement stipulato dalla May. Di conseguenza, il Parlamento britannico, […]