Il caso R (Miller) -v- Secretary of State for Exiting the European Union è stato definito dai commentatori politici e dalla dottrina come “the constitutional case of the century”1. I fatti che hanno condotto alla sentenza sono noti: a seguito dell’inaspettato risultato del referendum sulla Brexit del 23 giugno scorso e delle dimissioni del premier Cameron, il nuovo Governo May ha deciso che attiverà, a marzo 2017, la procedura di recesso dall’Unione Europea, prevista dall’articolo 50 del Trattato di Lisbona, senza chiedere il preventivo voto del Parlamento. Secondo il Governo, infatti, tale attivazione si fonda sull’esercizio del potere estero e, dunque, di una prerogativa regia, di fatto esercitata in via esclusiva dall’esecutivo.
L’interpretazione della May, tuttavia, non è stata condivisa da tutti. Molti esponenti della dottrina e del mondo politico hanno infatti osservato che il coinvolgimento del Parlamento nella procedura di attivazione dovrebbe essere quanto meno politicamente opportuno, anche per il ruolo che nei prossimi mesi l’Assemblea dovrà svolgere nell’abrogazione dell’European Communities Act 1972. Altri poi, hanno sostenuto come obbligatoria la preventiva autorizzazione da parte delle Camere, ritenendo meramente “advisory” il referendum e quindi indispensabile il voto dell’Assemblea sulla materia. Si tratta quindi di una complessa questione di “conflitto di competenza” tra Governo e Parlamento che peraltro si connette ai principali temi del diritto costituzionale inglese, quali quello del rapporto tra le fonti del diritto, del ruolo del referendum, del rapporto tra la sovranità popolare e quella parlamentare, della rule of law, dell’indipendenza della magistratura e, last but not least, delle relazioni tra Westminster e le Assemble devolute. […]