‘It is time to conduct a comprehensive review so that the Union can work well in the future…The Government’s options should include whether it should examine the case for a convention to look at the future constitutional structure of the UK’. Con queste parole il rapporto Do We Need A Constitutional Convention for the UK?, pubblicato a fine marzo dall’House of Commons Political and Constitutional Reform Committee, ha avanzato l’ipotesi di introdurre una constitutional convention per definire il futuro assetto del Regno. L’esigenza nasce dalla necessità di dare armonia e organicità al complesso di innovazioni costituzionali che, a partire dal 1997, hanno portato a decisivi cambiamenti nel Paese, in particolare riguardo al tipo di Stato. Le riforme che hanno introdotto la devolution sembrano, infatti, avere avuto diverse conseguenze. In primo luogo hanno messo in moto un processo in costante evoluzione in Scozia – dove nel settembre 2014 si voterà il referendum per l’indipendenza – Galles e Irlanda del Nord. In secondo luogo hanno modificato in modo indelebile il carattere unitario del Paese. Come si legge nel rapporto: “A strong lasting democratic settlement for the UK must be built upon two principles those of devolution and union. That is to say, a broad acceptance of the role and powers of the union, allied to a respect for different but agreed forms of devolution for the nations that make up the union”. Infine, hanno dato vita ad una struttura territoriale fortemente asimmetrica, da cui resta esclusa l’Inghilterra, in cui vive l’83% della popolazione. Se allora la devolution rappresenta ormai uno degli elementi caratteristici del sistema di governo britannico, prioritaria appare la rapida soluzione della English Question. Tale principio risulta condiviso da un canto dal Political and Constitutional Reform Committee il quale ha affermato: “This way, everyone in the union will see that devolution is not an expedient but a founding democratic principle to be applied to all parts of the union in the future” e ancora “The government should now, with all urgency, create a forum… for the people of England to discuss if, and how, they wish to follow in the footsteps of Scotland, Wales and Northern Ireland and access substantial devolved powers, clearly defined in statute, for their local communities”. Dall’altro dal rapporto pubblicato, sempre nel mese di marzo, dalla McKay Commission, nel quale è ribadita la necessità di introdurre al più presto riforme in merito alla questione inglese. La commissione ha proposto alcune modifiche alle procedure parlamentari in modo da permettere esclusivamente ai deputati eletti nelle circoscrizioni inglesi di votare le leggi relative alla sola Inghilterra (c.d. West Lothian Question). La soluzione della English Question risulta pressante anche in prospettiva del futuro assetto della Scozia, sul quale sembrano, però, permanere molte incertezze.
Non può passare inosservato che in una realtà come quella britannica, poco avvezza a ragionare in termini di Costituzione scritta, il Comitato parlamentare abbia suggerito l’idea di una convenzione attraverso cui definire non solo i rapporti tra le diverse componenti del Regno, ma anche armonizzare tutte le riforme fino ad ora approvate e, forse, prive di un disegno unitario, proporne di nuove o, addirittura, “codificare” la Costituzione. […]