Il risultato delle elezioni europee, svoltesi a maggio, ha messo ancora una volta in evidenza il difficile rapporto tra il Regno Unito e l’Europa. Un elettore su tre ha, infatti, scelto l’Ukip, l’United Kingdom Independence Party il quale ha vinto le elezioni, collocandosi prima del partito laburista e di quello conservatore. L’Ukip, nato nel 1993 come partito di estrema destra e conservatore, è favorevole all’uscita immediata del Regno Unito dall’Unione europea. È la prima volta nell’ultimo secolo che una elezione non viene vinta dai Conservatori o dai Laburisti, ma da un partito che, peraltro, non era riuscito ad eleggere nessun rappresentante alla Camera dei Comuni alle politiche del maggio 2010. Fortemente penalizzato è stato invece il partito liberal democratico, che ha confermato la tendenza negativa da quando è al governo, accentuata questa volta anche dal fatto che esso rappresenta l’anima europeista della coalizione al potere.
Peraltro, il difficile rapporto tra Regno Unito ed Europa emerge anche dal progetto conservatore, avanzato in questi mesi, di modificare lo Human Righs Act sostituendolo con un British Bill of Rights. Il principale partito di governo, in aperta ostilità nei confronti della presunta ingerenza nel diritto interno delle sentenze della corte di Strasburgo (penso in particolare alle polemiche legate al caso del diritto di voto ai detenuti e alla deportazione di Abu Qatada), proporrà – in caso di vittoria alle elezioni politiche previste per il 2015 – una riforma della normativa diretta ad assegnare in via esclusiva al parlamento britannico il potere di stabilire la natura e il contenuto di una “breach of human rights”. Una mossa, questa, che potrebbe consentire al partito di Cameron di recuperare alcuni elettori che hanno scelto l’Ukip.
Oltre al progetto conservatore il 2015 sarà un anno in cui, con ogni probabilità, entrerà nel vivo il dibattito sull’introduzione di un bill of rights o addirittura di una Costituzione scritta, dato che si celebrerà l’ottocentesimo anniversario della Magna Carta. Di ciò è convinto il Political and Constitutional Reform Committee dei Comuni il quale, il 10 luglio, ha pubblicato il rapporto A new Magna Carta?. Il rapporto deve essere inquadrato nell’ambito della lunga indagine condotta in questi anni dal comitato parlamentare sulla necessità o meno di introdurre una Costituzione scritta, su sollecitazione delle tante riforme in materia costituzionale approvate negli ultimi anni nel Regno. L’indagine si è avvalsa della preziosa collaborazione del Centre for Political and Constitutional Studies del King’s College di Londra, diretto da Robert Blackburn. Inoltre, il dibattito sull’introduzione di una Costituzione scritta si è arricchito in questi mesi di nuovi elementi. In primo luogo la pubblicazione da parte del Comitato di alcuni rapporti sul ruolo del giudiziario e sui poteri del Primo Ministro, nell’ottica di una loro più chiara definizione. In secondo luogo la proposta, avanzata dal governo scozzese nel mese di giugno, di introdurre una Costituzione scritta per la Scozia, in caso di sua indipendenza. Infine, il dibattito referendario scozzese, il quale ha fatto emergere che, al di là del risultato, sarebbe stato auspicabile istituire una Constitutional Convention con il compito di definire l’ordinamento territoriale britannico nel suo complesso e introdurlo in una Costituzione scritta.
Il rapporto del comitato parlamentare suggerisce di impostare il dibattito intorno a tre diverse proposte alternative: la prima, più blanda, prevede di introdurre un Constitutional Code, un documento che sarebbe approvato dal parlamento, ma che non avrebbe valore di legge, in cui vengano elencate le attuali caratteristiche del sistema di governo e gli attuali principi che regolano i rapporti tra gli organi costituzionali. Maggiormente vincolante sarebbe la seconda delle proposte, quella diretta a approvare un Constitutional Consolidation Act. In questo caso si tratterebbe della consolidation delle attuali leggi in materia costituzionale e della codificazione delle principali convenzioni. Infine, la terza proposta è quella più radicale e ipotizza l’adozione di una Costituzione scritta. […]