L’odierno incontro rappresenta, in questa sede, che non mi stanco di definire un vero e proprio Osservatorio permanente, una nuova occasione di riflessione e confronto sul tema elettorale, divenuto, nel tempo, uno snodo particolarmente problematico dell’ordinamento costituzionale italiano.
Il profilo suggerito dal nostro Organizzatore per la discussione, è quello di focalizzare l’attenzione, a fronte della vastità della materia, sul sistema elettorale in senso stretto.
Tale meccanismo, nell’alveo più ampio della legislazione elettorale in senso generale, lo ricordo a me stesso, comprende la combinazione di tre tipologie di criteri: a) il tipo di scelta (ordinale o categorica); b) il tipo collegio (unico o plurimo) e la sua dimensione (uninominale o plurinominale); c) il tipo di formula adottata (maggioritaria o non maggioritaria)1. A tutto ciò si aggiungono altri elementi di contorno, come il tipo di quorum e le eventuali soglie di esclusione esplicita per l’accesso alla ripartizione dei seggi2.
Come ricorda Fulco Lanchester, dagli anni novanta in poi dello scorso secolo, è stato in effetti il sistema elettorale in senso stretto a essere coinvolto nella ben nota “tempesta perfetta”, che ha visto un brusco passaggio da un pluriennale assetto pacifico e stabile, attestato sul registro proporzionale puro, a un andamento parossistico (ipercinetismo di tipo compulsivo3), sostanziatosi nel passaggio a modelli misti a tendenza prevalente maggioritaria e a modelli proporzionali con forti correttivi (premi di maggioranza e soglie di sbarramento). La continua variazione del sistema elettorale in senso stretto ha visto, altresì, il concorso eterogeneo -sul piano della garanzia della legalità costituzionale e nel quadro della delineazione dei limiti negativi di “sistema” della legislazione in materia- da parte della Corte costituzionale, originandosi così autonomi, ulteriori modelli di “risulta” (c.d. Consultellum).
Roberto Borrello, La disciplina del sistema elettorale in Italia: sulla necessità di una palingenesi
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