Dico subito che nell‟espressione “berlusconismo terminale” vanno precisati il significato sia del sostantivo che dell‟aggettivo. Il sostantivo, infatti, vuole indicare non soltanto la fase storica delle nostre vicende politico-istituzionali che ha visto un personaggio come Silvio Berlusconi -detto comunemente il Cavaliere, oppure il Caimano, imprenditore plurimiliardario e plurindagato dalla magistratura- in posizione di capo del Governo della Repubblica, ma anche una malattia perniciosa del corpo politico-sociale italiano manifestatasi da un ventennio a questa parte, cioè dalla “discesa in campo” del Cavaliere, in termini spregio, o di abbandono, o di stravolgimento in senso populista dei valori della Costituzione. Anche l‟aggettivo “terminale”, tuttavia, ha una duplice valenza: descrittiva per quanto riguarda i Governi guidati dal Cavaliere, la cui serie può ragionevolmente ritenersi esaurita con le dimissioni del novembre 2011; di semplice auspicio, invece, per quanto riguarda la malattia politico-sociale, la cui guarigione parrebbe infatti necessitare di cure prolungate ben oltre la fine di quei Governi, considerato che la diffusione di essa non avrebbe potuto rivelarsi tanto massiccia e rapida quanto è stata, se non in conseguenza di un‟atavica predisposizione nazionale a lasciarsene contagiare e penetrare in profondità.
Carlo Chimenti, Cronache di berlusconismo terminale. Le istituzioni nella XVI legislatura: fatti e commenti – Parti I, II e III
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