Con questo intervento si prova a riprendere la riflessione sulla lunga crisi della Costituzione e delle istituzioni repubblicane del secondo Novecento italiano che si è già provato ad affrontare in precedenti interventi1. Il tentativo è quello di presentare un’altra lettura temporale di quella che tradizionalmente viene definita come la transizione tra la cosiddetta “prima” e la cosiddetta “seconda” Repubblica, solitamente confinata nel passaggio degli anni Novanta del Novecento. Si concorda infatti con chi indaga «la crisi della Costituzione» facendola risalire già «al 1968, con la sconfitta dell’ipotesi riformista del centrosinistra e con l’inizio della transizione infinita, divisibile in un ciclo lungo, all’interno dei soggetti originari (fino al 1993), ed in uno corto, che tuttora stiamo vivendo» 2 . Evitando di cadere nell’errore di presentare una sorta di “contro-storia repubblicana”, e limitando lo spazio temporale di questa riflessione proprio fino al 1968, si vorrebbe invece ricostruire per brevi suggestioni la crisi dello Stato dei partiti (Antonio Negri, 1964) e della Repubblica dei partiti (Pietro Scoppola, 1991) andando ad indagare il decennio di passaggio agli anni Sessanta del Novecento, vero crocevia di una strana modernizzazione del Paese che solo una parte dei più attenti giuspubblicisti dell’epoca (Costantino Mortati, Leopoldo Elia e Massimo Severo Giannini in primis) lessero come una fase di radicale trasformazione sociale, culturale, economica, con contraddittori effetti sulla tenuta costituzionale della Repubblica fondata sul patto costituente tra i maggiori partiti politici di massa antifascisti.
Ed è sempre in quel passaggio di decennio che nasce una peculiarità di lungo corso del nostro ordinamento costituzionale repubblicano e delle sue classi dirigenti: la difficoltà di tenere insieme i tentativi di modernizzazione sociale, culturale, economica di un Paese con processi riformistici, di adeguamento e modernizzazione anche delle istituzioni pubbliche, sempre evocati, ma mai realmente praticati e realizzati.
L’avvio della lunga crisi di quella che suole definirsi come “prima” Repubblica dei partiti di massa ha quindi a che fare con la peculiare modernizzazione post-bellica di un Paese che si trova sul crinale geografico della spartizione europea tra le due superpotenze, Usa e Urss, vincitrici della seconda guerra mondiale e garanti di un’Europa pacificata e aperta all’introduzione di sistemi di Welfare e di modernizzazione economica e sociale3. […]