Nell’iniziativa della Corte di cassazione – che ha sollevato questione di legittimità costituzionale della Legge elettorale 21 dicembre 2005, n. 270 (prima sezione civile, ordinanza 21 marzo 2013, n. 12060, depositata il 17 maggio 2013) – si manifesta con la maggiore evidenza una delle dinamiche più contrastate cui è assoggettato il sistema di Governo italiano, per il ruolo che in esso è chiamata a giocare la giurisdizione.
Si restringe, invero, in generale, il campo del comando politico, della legislazione in primo luogo, di qualità ormai stabilmente e diffusamente mediocre, e incapace di aggredire con efficacia questioni che richiederebbero compiuta e adeguata sistemazione, sia a livello costituzionale, sia anzitutto a livello ordinario. In ispecie, benché la formula elettorale si sia mostrata, per l’esperienza che ne è stata fatta, nelle sue connotazioni di irragionevolezza e nei suoi effetti distorsivi, suscitando i moniti della Corte costituzionale e i richiami del Presidente della Repubblica, nulla in concreto è stato fatto, in contrasto con ripetute solenni dichiarazioni di intenti che hanno attraversato senza riscontro le legislature.
L’ordinanza della Corte di cassazione ha di certo il merito di aver subito ridato vigore al dibattito sulla Legge elettorale, che ormai era di nuovo ristagnante, o sembrava addirittura accantonato, in forza dell’orientamento a dar precedenza logica (e dunque temporale) a un più ampio disegno riformatore di livello costituzionale, correggendo la formula elettorale solo in quanto da questo necessitato o implicato, e comunque solo in vista di soluzioni «largamente condivise» (per vero non facili da conseguire).
Tuttavia, il ruolo di «supplenza», che il giudice a quo gioca in prima istanza e che chiama la Corte costituzionale a giocare innanzi all’inerzia del legislatore, sembra stavolta destinato a incontrare difficoltà particolarmente ardue, poiché la vicenda presente chiama in causa la connotazione di incidentalità del sistema di giurisdizione costituzionale italiano. […]