V’è un dato dal quale dobbiamo partire. Ci troviamo, con ogni evidenza, di fronte ad una legge – la 270 del 2005 – che è manifestamente incostituzionale.
Questa non è solo una mia valutazione, bensì – direi – una constatazione di senso comune. Sono note le sentenze della Corte costituzionale (la 15 e la 16 del 2008, la 13 del 2012) le quali, in sede di giudizio di ammissibilità di referendum, hanno chiaramente espresso dubbi e prospettato un chiaro orientamento di sfavore rispetto alla legittimità costituzionale di alcune previsioni contenute nell’attuale legge elettorale. A rafforzare questo giudizio vi sono, inoltre, assolutamente significative, sia la dichiarazione recentemente formulata dal Presidente della Corte Franco Gallo, sia le reiterate sollecitazioni del Capo dello Stato. Insomma, francamente credo che non ci sia cittadino in Italia che possa pensare che questa legge non sia viziata da incostituzionalità. È troppo? E allora si ammetta almeno che questa legge “merita” un attento vaglio di costituzionalità.
A fronte di ciò, è anche vero però che esistono problemi di ammissibilità. Adele ce li ha esposti in modo molto chiaro e netto. C’è una pregressa giurisprudenza della Corte che rende sicuramente problematico il sindacato di legittimità costituzionale.
In questa situazione voglio porre la seguente domanda: il nostro sistema costituzionale può sopportare una zona d’ombra così profonda?
Se la Corte dovesse dichiarare la questione inammissibile si tratterebbe, in realtà, non tanto di una zona d’ombra, ma più propriamente in una vera e propria zona franca. Un vuoto di giurisdizione costituzionale che non riguarderebbe un qualunque profilo di costituzionalità, ma che coinvolgerebbe l’esercizio di un diritto fondamentale. Di più, tale “vuoto di giurisdizione” sarebbe assoluto, non riguardando esclusivamente la tutela costituzionale, ma più in generale la tutela giurisdizionale, anche quella del giudice ordinario. Quindi: diritti fondamentali senza un giudice. Lo spiega, d’altronde, la Corte di Cassazione quando nell’ordinanza scrive come il rinvio alla Corte costituzionale rappresenta l’unica via percorribile per la tutela giurisdizionale di diritti fondamentali.
Questa è la situazione nella quale ci troviamo a riflettere. Qualcuno potrebbe ritenere questa una condizione di mero fatto, la quale coinvolge, al più, una questione di politica costituzionale, non rilevante ai fini del giudizio di ammissibilità. Personalmente non penso ci si possa liberare così facilmente del problema ora posto, non credo che la Corte possa prescindere dal contesto politico-costituzionale entro cui si trova ad operare e a decidere.
Sono ben consapevole della problematicità legata al tipo di azione promossa e dei dubbi che possono sorgere sull’effettivo interesse di un’azione costitutiva o di mero accertamento. So bene che esiste il rischio, in questo caso, che il processo incidentale venga surrettiziamente tradotto in un accesso diretto mascherato. […]