Io ho solo tre osservazioni di questo libro del collega Peterlini che mi è capitato di conoscere bene anche per due motivi casuali: primo perché ci hanno messi a sedere in file vicine – siamo stati quasi compagni di banco per il primo triennio della legislatura; secondo, perché ci hanno anche dato l’Ufficio vicino, sullo stesso piano, a dieci secondi di cammino. Io incontro sempre il senatore Peterlini in tutti i momenti della giornata e quindi abbiamo avuto occasione di una frequentazione personale, a livello di comunità scolastiche perché poi alla fine le realtà parlamentari per certi versi hanno dinamiche simili.
Quindi è capitato di parlare con lui di questi temi ed in buona parte ci troviamo in sintonia. Io ho solo tre osservazioni. La prima, un po’ più di fondo: già a partire dalla tesi uno, Peterlini tende in buona parte a far coincidere la tutela delle minoranze linguistiche con la tutela dei partiti espressione delle minoranze linguistiche. Questo è il punto. Ora io penso questo: le persone che fanno parte delle minoranze linguistiche si scelgono gli strumenti, quindi se decidono di fare un partito che le rappresenta, il sistema deve consentire al partito di avere una sua rappresentanza. Ma le persone che fanno parte delle minoranze linguistiche possono anche scegliere di far parte di partiti misti, per esempio. Magari le stesse persone in diversi periodi della loro vita possono ritenere giusto di dar vita – o comunque votare – per partiti etnico-linguistici o per partiti misti. Il sistema deve prevedere una gamma di soluzioni che consentano a partiti di questa natura di essere presenti in Parlamento ma anche a persone che rappresentano quelle minoranze, in partiti misti, di poter essere rappresentate con forme varie di azioni positive. Quindi la cosa importante è che noi non identifichiamo seccamente la tutela delle minoranze con la tutela dei partiti espressione delle minoranze. Questa è la mia preoccupazione di fondo rispetto all’accentuazione di Peterlini.
Poi dico altre due cose: il secondo punto è che, ovviamente, anche le minoranze linguistiche debbono essere interessate non solo ad un sistema che funziona per loro, ma anche ad un sistema che complessivamente abbia degli effetti positivi, perché qualora le loro esigenze fossero prese in carico ma il sistema complessivamente fosse un disastro, ci rimetterebbero le stesse minoranze linguistiche. Per fare solo un esempio, il paradosso dei valdostani che sono ben tutelati alla Camera e al Senato perché hanno il loro collegio uninominale, ma che alla Camera, per una decisione politica sulla base di possibili orientamenti della Val d’Aosta, nel Porcellum, non sono computati ai fini dell’assegnazione del premio mentre lo erano nel 1953, e ricordo che nelle elezioni del 2006 abbiamo rischiato che i voti della Val d’Aosta non formalmente computati potessero essere in astratto decisivi. Questo perché nella Val d’Aosta pressoché nessuno vota per il centrodestra, il centrodestra ha fatto la legge in modo tale che nella Val d’Aosta si risparmiassero 20.000 voti di differenza. Questo complessivamente non mi pare sia un caso giustificabile quanto meno dal punto di vista della politica legislativa, ma penso neanche dal punto di vista costituzionale, perché questi poveri valdostani, che possono votare per i loro parlamentari ma non incidono sull’assegnazione del premio di maggioranza, sembrano obiettivamente dei cittadini un po’ dimezzati. E questo mi consente di fare l’ultima puntualizzazione. […]