Nel 2014 la Scozia terrà un referendum sull’indipendenza dal Regno Unito: una scelta storica, probabilmente la più importante decisione che il Paese adotterà da quando, nel 1707, è entrato a far parte del Regno Unito. Benché diversi dettagli siano ancora da definire, appare chiaro sin da adesso come il referendum scozzese avrà profonde ripercussioni non soltanto per il futuro della Scozia, ma anche per il resto del Regno Unito e, non da ultimo, dell’Unione europea.
Allo stato attuale, le conseguenze di un voto contrario all’indipendenza risultano più chiare di quelle di un voto a favore: nel primo caso infatti, il No implicherebbe la completa attuazione dello Scotland Act 2012, vale a dire il trasferimento di ulteriori poteri, soprattutto in materia fiscale, da Londra a Edimburgo; nel secondo caso invece, le conseguenze del Sì non sono interamente prevedibili, poiché non è chiaro come il resto del mondo potrebbe reagire nei confronti di una Scozia indipendente. Anzi, in caso di un voto a favore della secessione, questo segnerà l’inizio e non la fine del dibattito, dovendo il Governo scozzese negoziare i termini e le condizioni della separazione dal Regno Unito.
Ma quali sono nel dettaglio gli effetti di un voto contrario all’indipendenza? E nel caso di un voto a favore? Quali le possibili implicazioni economiche? Che ne sarà dei giacimenti petroliferi al largo delle coste scozzesi? In che modo reagiranno il resto del Regno Unito e l’Unione europea? Scotland’s Choices. The Referendum and What Happens Afterwards, si propone di dare una risposta chiara, concisa e il più possibile obiettiva a questi ed altri interrogativi, al fine di promuovere un dibattito consapevole e ben informato sul referendum del 2014. Scritto da esperti in materia di devoluzione nel Regno Unito (i Professori Ian McLean, Jim Gallagher e Guy Lodge), il volume si concentra da un lato sulle problematiche che una Scozia indipendente dovrà affrontare nel caso in cui il processo separatista giunga a compimento: vale a dire l’adozione di una Costituzione e l’instaurazione di un sistema politico-istituzionale, le scelte in materia fiscale, monetaria e finanziaria, la gestione delle entrate provenienti dallo sfruttamento dei giacimenti petroliferi, lo status all’interno dell’Unione europea e di altre organizzazioni internazionali. Dall’altro sullo Scotland Act 2012, il quale rafforzerà l’autonomia della Scozia all’interno del Regno Unito qualora venga respinta l’ipotesi secessionista.
Va innanzitutto premesso che il tema dell’indipendentismo scozzese non è nuovo, dal momento che spinte separatiste e tendenze accentratrici hanno da sempre scandito la storia politica ed istituzionale del Regno Unito da quando nel 1707 i Parlamenti di Scozia ed Inghilterra hanno optato liberamente a favore dell’Unione, dando così vita alla Gran Bretagna.
A differenza di quanto avvenuto in passato, quando i tentativi di decentramento a favore delle diverse “nazioni” del Regno Unito sono stati fonte di duri contrasti, oggi il Governo del Regno Unito e quello della Scozia (guidato dallo SNP, il Partito Nazionalista Scozzese) hanno raggiunto un accordo sulla via – quella referendaria appunto – tramite cui gli scozzesi decideranno sul futuro politico del proprio Paese.
Il primo punto affrontato dagli Autori affronta quindi le implicazioni dello strumento referendario per la soluzione della questione scozzese. Difatti, mancando il Regno Unito di una disciplina codificata in materia di referendum su questioni costituzionali (data l’assenza di una Costituzione scritta), e nonostante la prassi referendaria si sia andando consolidando a partire dal referendum del 1975 sulla permanenza del Regno Unito nella Comunità europea, la possibilità di celebrare un referendum sull’indipendenza ha creato non pochi problemi di natura giuridica. La materia in questione infatti, e cioè l’unione tra la Scozia e l’Inghilterra, non rientra tra le competenze del Parlamento scozzese e ciò ha determinato lunghe negoziazioni tra Londra ed Edimburgo. […]