Nel linguaggio corrente i partiti politici tendono a giustificare il mancato raggiungimento dei propri obiettivi programmatici ricorrendo a concetti diversificati come quello di transizione o di crisi. La corrispondenza ai fatti di queste affermazioni può essere legittimamente messa in dubbio se riferita a particolari periodi storici; assume al contrario una diversa validità se utilizzata per evidenziare come i partiti, tra continuità e rottura, siano essi stessi il motore e gli agenti di questa transizione o crisi.
Scopo di questa rassegna è illustrare come sebbene sia possibile dare molteplici interpretazioni alle tendenze riguardanti la formazione e le trasformazioni dei partiti politici, si possa giungere comunque ad un comune punto d’arrivo. L’occasione viene offerta dalle riflessioni recentemente operate in alcune recenti pubblicazioni in tema di partiti da Damiano Palano, nel campo della Storia delle dottrine politiche, da Massimiliano Gregorio, nell’ambito della Storia del pensiero costituzionalistico e del Diritto costituzionale, e infine, da Salvatore Bonfiglio nell’ambito del Diritto costituzionale italiano e comparato.
Il partito politico, oggetto di queste pubblicazioni, viene trattato in maniera strettamente funzionale alla descrizione del processo di istituzionalizzazione delle forze sociali o dei partiti politici all’interno dell’ordinamento giuridico positivo dello Stato contemporaneo..
Inizio con l’esame degli elementi che a tal fine ritengo maggiormente significativi all’interno della monografia di Damiano Palano Partito.
L’opera raccoglie la difficile sfida di condensare in poco più di 250 pagine più di due millenni di storia del pensiero occidentale riguardante le invariabili sequenze polemiche riscontrabili sia nei legami politicamente connotati all’interno delle comunità per il perseguimento di obiettivi privi di uno scopo generale, che nell’ambito delle istituzioni politiche; ovvero le esigenze, presenti in ogni epoca, nate dalle istituzioni sociali e gli specifici rapporti di aggregazione “in merito all’allocazione autoritativa dei valori”. Solo queste ultime sono in grado di far emergere nella società i partiti, “prodotto tipico dell’organizzazione politica nell’età contemporanea”, e di superare in questo modo la mera condizione di parti in lotta.
Utilizzando la metafora dei “cerchi concentrici” per l’ampiezza del suo taglio questo libro può essere definito come l’anello in grado di comprendere, integrandoli, gli argomenti presenti negli altri due volumi, rappresentandone una loro premessa.
Le scansioni temporali proposte (Antichità; Medioevo; Età moderna; Età contemporanea), dando conto delle distinzioni susseguitesi tra parti e fazioni nella formazione dello Stato contemporaneo, rendono intellegibile il quadro concettuale dei problemi contemporanei della rappresentanza. […]