SPAGNA: Laura Frosina, La Constitución intocable alla prova del suo 35° anniversario

Il 6 dicembre la Costituzione spagnola ha celebrato il suo trentacinquesimo anniversario. A distanza di 35 anni dal 6 dicembre del 1978, il testo della Costituzione spagnola è rimasto pressoché invariato se si eccettuano gli articoli 13 e 135 che sono stati oggetto di due diverse riforme avvenute, rispettivamente, nel 1992 e nel 2011. La prima, approvata all’unanimità dei gruppi parlamentari, ha riconosciuto il diritto di elettorato attivo e passivo dei cittadini europei residenti in Spagna nelle elezioni locali, conformandosi, così, alle previsioni del Trattato di Maastricht. La seconda ha costituzionalizzato il principio del pareggio di bilancio e una serie di vincoli ad esso collegati, al fine di rispettare gli obiettivi di riduzione del deficit imposti dalla Unione europea per contrastare la crisi. In entrambi i casi, sono state ragioni di natura esogena, e nello specifico esigenze di integrazione europea, a trainare il processo di revisione costituzionale in tale ordinamento e a superare, così, le tradizionali resistenze alla sua realizzazione che hanno costituito un forte deterrente al cambiamento. Nel corso di questi trentacinque anni i principali partiti politici spagnoli, il Partido Popular (Pp) e il Partido socialista obrero español (Psoe), hanno dimostrato la volontà di ricorrere alla revisione costituzionale solo a fini strumentali per il conseguimento di obiettivi differenti, formulando prevalentemente dall’opposizione parlamentare proposte di revisione costituzionale sotto forma di enunciati strategici.

Negli ultimi anni l’avanzare della crisi, il deterioramento delle condizioni economiche e sociali, il dilagare di fenomeni di corruzione politica, la degenerazione dei rapporti centro-periferia e l’avvio del processo indipendentista catalano, hanno messo a dura prova taluni equilibri che nel passato avevano contribuito a preservare la stabilità costituzionale, riattualizzando la necessità di  una revisione della Costituzione.

Negli ultimi mesi, in particolar modo, la ricorrenza del 35° anniversario della Costituzione e la dichiarazione del 12 dicembre, con cui il Presidente della Generalità catalana, Artur Mas, ha reso nota la data (9 novembre 2014) e i quesiti relativi al referendum sull’indipendenza della Catalogna (¿Quiere que Cataluña se convierta en un Estado?; ¿Quiere que este Estado sea independiente?), hanno fornito nuovi stimoli per un dibattito più approfondito sul processo di revisione costituzionale.

Le posizioni dei due principali partiti dimostrano di essere profondamente divergenti anche in questa circostanza. Il partito popolare del Premier Rajoy continua a dichiararsi contrario ad una revisione costituzionale in una situazione di profonda crisi e incertezza politica come quella attuale, caratterizzata da difficoltà di dialogo e priva del consenso politico necessario per approvare una riforma costituzionale di ampio respiro. Di avviso contrario è la classe dirigente del Psoe, che si accinge a presentare nei prossimi mesi una proposta di revisione costituzionale redatta con l’ausilio di professori di diritto costituzionale e di diritto finanziario. Una proposta che mira prevalentemente a convertire lo Stato delle autonomie in un modello autenticamente federale che possa superarne le principali criticità e disfunzionalità. Il progetto di riforma in discussione intende modificare 20 articoli della Costituzione e si prefigge di conseguire i seguenti obiettivi: riconoscere in Costituzione il c.d. mapa autonomico; ridefinire e chiarire il riparto delle competenze tra lo Stato e le Comunità autonome; preservare il riconoscimento dei c.d. hechos diferenciales; assicurare la uguaglianza effettiva degli spagnoli nei servizi pubblici essenziali; trasformare il Senato in una camera di rappresentanza delle autonomie con ampi poteri sulle questioni di interesse territoriale; introdurre una nuova regolazione costituzionale del sistema di finanziamento autonomico e una nuova riorganizzazione territoriale della giustizia; includere un riferimento alla Unione Europea e regolare l’azione estera delle Comunità autonome; stabilire strumenti di collaborazione federale; dare più efficacia alle amministrazioni e modificare il processo di riforma degli Statuti di autonomia.

Una riforma molto ambiziosa, quindi, che aspira nella sostanza ad offrire una risposta istituzionale (sia pur parziale) al problema catalano, cercando di pervenire ad un ragionevole compromesso tra le diverse rivendicazioni, centraliste, autonomiste, e indipendentiste, che si contrappongono radicalmente in questa fase di crisi dello Stato autonomico.

Al conseguimento di un traguardo simile si oppongono prima di tutto ostacoli di natura politica, considerando la conclamata opposizione del Partito popolare, la estraneità dei partiti nazionalisti e indipendentisti ad un processo di riforma simile e le differenti priorità individuate da Unión Progreso y Democracia (UyP) e Izquerda Unida (IU) nell’ambito di una riforma costituzionale. Inoltre, come affermato dal segretario generale del Psoe, Alfredo Pérez Rubalcaba, l’unica alternativa possibile è di dare inizio al processo di revisione costituzionale nel 2014, dato che il 2015 sarà prevalentemente incentrato sulle questioni elettorali. […]

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