Gli Stati Uniti si apprestano a celebrare in novembre il consueto rito elettorale che designerà il 45esimo Presidente. Il passaggio di testimone potrebbe questa volta non svolgersi secondo i consueti canoni e riservare delle sorprese. La stagione delle primarie appena trascorsa ha messo, infatti, in rilievo l’aspra contrapposizione tra i due schieramenti in campo. Soprattutto nelle ultime settimane i toni del confronto si sono alzati pericolosamente e la situazione promette di diventare incandescente nei giorni immediatamente a ridosso dell’appuntamento elettorale.
I candidati risultati vincenti dal macchinoso procedimento di selezione di questi mesi, l’ex segretario di Stato, Hillary Clinton e il miliardario, Donald Trump, hanno dato prova nei loro discorsi di accettazione delle nomination da parte delle convention dei rispettivi partiti, di essere diametralmente opposti sia come storia politica, ricchissima per la Clinton, del tutto assente per Trump, che per stile personale e visione economica e sociale del Paese. Diversi dunque i possibili scenari che si aprirebbero sia sul piano politico che su quello strettamente costituzionale nel caso di vittoria dell’uno o dell’altra.
La possibile vittoria del miliardario newyorkese potrebbe determinare una presidential transition tutt’altro che priva di difficoltà, nonostante il Presidente Obama abbia già provveduto ad emanare il 6 maggio un executive order, Facilitation of a Presidential Transition, per agevolare il passaggio del testimone al suo successore. Il Presidente Obama, beneficiario nel 2008 di quella che è stata descritta come la transizione più morbida nella storia americana, ha segnalato così la sua intenzione di anticipare i preparativi di transizione dalla propria amministrazione a quella successiva. L’ordine esecutivo segue il precedente di George W. Bush e Bill Clinton, e riflette l’esperienza acquisita da Obama nel condurre una transizione durante i conflitti militari attivi e nel mezzo della crisi finanziaria.
Mai come in questo momento gli Stati Uniti hanno la necessità di una presidential transition priva di ostacoli. L’onnipresente minaccia terroristica, il riaccendersi della questione razziale, la lenta ripresa dell’economia e dell’occupazione, e poi, sul fronte istituzionale, l’inerzia del Congresso e la crisi dei partiti politici tradizionali – che irrompe con prepotenza in questa campagna elettorale, mettendo in mostra le vulnerabilità e, soprattutto, l’incapacità di esprimere candidati in grado di attrarre consenso sui programmi – richiedono una guida solida e una visione chiara. […]