I conservatori americani sono stati ingannati. Si sono illusi che una volta eletto Presidente Trump si sarebbe trasformato in un vero statista e che avrebbe progressivamente abbandonato i toni aggressivi che avevano caratterizzato la sua campagna elettorale. L’attualità politica e istituzionale degli ultimi mesi ha definitivamente dissipato ogni dubbio e spazzato via ogni speranza circa la natura e le intenzioni della nuova amministrazione. A partire dalle controverse dichiarazioni rese alla stampa all’indomani dei gravi fatti di Charlottesville che hanno scosso il Paese, passando per la concessione della grazia a Joe Arpaio, sceriffo della contea di Maricopa, Arizona, condannato per aver preso di mira nei suoi controlli i clandestini, fino al recente annuncio di voler eliminare il DACA, provvedimento voluto da Obama nel 2012 che consente agli immigrati irregolari, entrati negli Stati Uniti da bambini seguendo i propri genitori, di evitare il rimpatrio e ricevere un permesso di lavoro biennale e rinnovabile, il Presidente Trump ha rivelato la sua visione della politica nazionale.
E’ in questa prospettiva che si colloca anche la recente proposta del RAISE (Reforming American Immigration for a Strong Economy) Act, presentato in Senato il 2 agosto, la cui approvazione da parte del Congresso ridurrebbe l’immigrazione legale del cinquanta per cento, privilegiando l’ingresso nel Paese degli anglofoni altamente qualificati. Le politiche dell’immigrazione sono da alcuni anni al centro del dibattito accademico e istituzionale negli Stati Uniti. I provvedimenti adottati nel corso del tempo si sono rivelati poco efficaci nel dare risposte adeguate1 ad una questione che contribuisce ad alimentare forti tensioni sociali, di cui spesso la politica si è fatta cattiva interprete2. […]