Avendo questo incontro detto moltissimo di Vittorio Bachelet e su Vittorio Bachelet, per non essere ripetitivo mi limito ad alcuni brevi spunti collegati alla sua figura.
Anzitutto qualche breve chiosa sulla prima sessione.
La relazione del Prof. Fulco Lanchester ha ulteriormente precisato l’itinerario personale, ecclesiale e civile che aveva già trattato nel Dizionario Biografico degli Italiani della Treccani, rimarcando ora in particolare le questioni relative alla nostra Facoltà e Università. Già in quella sede Lanchester aveva ben chiarito la questione del “coordinamento” e dell’importanza di quella nozione nell’adeguamento alla nuova Costituzione del Diritto amministrativo, oggi ripreso dalla relazione del prof. Giuliano Amato. Al di là degli aspetti di innovazione metodologica vi era dietro una preoccupazione seria per il fatto che l’espansione dei compiti dello Stato anche attraverso le partecipazioni statali si svolgesse in un’incapacità di dialogo tra tecnici e politici e nella logica di un governo per feudi, al di là di una visione generale coerente dell’intervento pubblico in economia. Seguendo proprio l’impostazione di Amato sul cambiamento di paradigma del Diritto amministrativo, del resto, Bachelet non temeva di riproporre in modo adesivo nel 1954, su Coscienza, in seguito ad alcuni convegni sullo Stato, la constatazione di “una notevole differenza fra la parte programmatica della nostra Costituzione e quella che stabilisce ed ordina le strutture costituzionali dello Stato: innovatrice e talora audace la prima, ferma la seconda a un’impostazione di tipo pre-fascista, e inadeguata quindi alle funzioni nuove dello Stato” (ora negli Scritti civili curati da Matteo Truffelli, Ave, Roma, 2005, p. 585). Un’impostazione di dialogo e di leale cooperazione riproposta anche dalla vice-presidenza del CSM per un equilibrio tra politica e magistratura, nello stesso senso riproposto dalla relazione di Giovanni Legnini.
Da qui possiamo poi proporre qualche riflessione-ponte sulle testimonianze della seconda sessione, che possono forse essere di più difficile comprensione per chi non ha presenti le coordinate culturali ed ecclesiali di Bachelet e più in generale del contesto italiano.
Giustamente negli interventi del Vice-Presidente dell’Azione cattolica e dei Presidenti della Fuci vi sono richiami sia espliciti sia impliciti all’affermazione-chiave che fece il cardinal Martini nel 1982 alla Chiesa Nuova, in occasione del secondo anniversario dell’uccisione di Bachelet nel Convegno organizzato come ogni anno dall’Azione Cattolica. Rispetto alla cosiddetta “scelta religiosa” dell’Azione Cattolica presieduta da Bachelet, per Martini, seguendo proprio l’interpretazione datane da Bachelet, il sostantivo “scelta” spiegava molto di più dell’aggettivo “religiosa” il modo di essere del laico cristiano nel mondo, non centrato su giudizi definitivi e sulla ripetizione di principi assoluti o sull’impegno in un settore particolare della realtà, definito come religioso, a danno di altri privi di tale caratteristica, ma impegnato a scegliere con saggezza tra più possibilità, tra varie mediazioni tra princìpi e realtà. […]