Il volume si pone l’obiettivo di studiare l’intreccio tra legge elettorale, partiti politici e forma di governo nell’ottica di individuare variabili e costanti del sistema costituzionale italiano. Com’è noto, la Costituzione italiana fissa in modo rigido i principi che connotano l’impianto parlamentare e che regolano la separazione dei poteri, ma è volutamente vaga su altri aspetti (si pensi in particolare alla legge elettorale).
L’esame delle trasformazioni che hanno investito i partiti, unito all’analisi del sistema elettorale vigente, consente allora di verificare il rilievo della mediazione politica nella gestione del potere pubblico. In particolare, l’autrice si pone l’obiettivo di misurare l’incidenza dei caratteri ontologici della legge elettorale e dei partiti politici sulla forma di governo. Si tratta di un’analisi stimolata dalla constatazione che spesso viene invocata una riforma strutturale della forma di governo senza tuttavia procedere preliminarmente ad un adeguamento degli elementi dell’ordinamento che, pur essendo essenziali, non sono cristallizzati nel tessuto costituzionale.
Si parte dalla correlazione tra legge elettorale e partiti politici, due variabili che sono per loro natura interconnesse. Da sempre infatti la scelta del sistema elettorale ha risposto ad esigenze eterogenee, legate non solo alla funzione proiettiva della formula ma a complesse strategie di governo messe in piedi dai partiti per manovrare l’esito della competizione elettorale secondo specifiche logiche di potere. Il rilievo strategico assunto dalla legge elettorale segue le tappe evolutive della democrazia rappresentativa in Italia, che vengono ripercorse dall’autrice, la quale parte dall’Italia risorgimentale per poi passare al Regno d’Italia, all’età giolittiana fino al regime fascista. Con l’avvento della Repubblica assumono una nuova rilevanza i partiti politici, che hanno nel frattempo maturato una connotazione ideologica e che si affermano come organizzazione intermedia tra le istituzioni e i cittadini. A questa prima fase della storia repubblicana, caratterizzata dal sistema elettorale proporzionale, seguono le cosiddette “Seconda Repubblica” e, con riferimento agli ultimi avvenimenti, la “Terza Repubblica”, fasi storiche nelle quali i partiti, anche se post-ideologici, mantengono un ruolo costituzionale molto rilevante.
Dall’analisi emerge chiaramente che le varie fasi della storia dell’Italia repubblicana non sono state determinate da riforme costituzionali, come è avvenuto ad esempio in Francia, ma da riforme elettorali che hanno coinvolto anche i partiti in un legame circolare. Infatti dopo una prima fase in cui il sistema elettorale proporzionale rispondeva all’esigenza di garantire la massima democraticità della rappresentanza politica, le due riforme elettorali che si sono poi avvicendate in Italia hanno segnato fasi delicate della storia repubblicana. Nel 1993 la crisi istituzionale ha condotto alla riforma maggioritaria nel tentativo di generare una catarsi politica e morale; tale riforma ha anche determinato la scomparsa di alcuni partiti tradizionali e l’ascesa di nuove formazioni. Nel 2005, invece, la riforma elettorale, pur rimanendo nel solco della democrazia maggioritaria, è nata con l’obiettivo di garantire al Governo una stabilità che le forze politiche non erano da sole in grado di offrire. Infine, la formula elettorale conseguente alla pronuncia della Corte Costituzionale n. 1/2014 ha da un lato testimoniato la paralisi delle forze politiche (a cui ha dovuto sopperire la giurisprudenza costituzionale), ma dall’altro ha stimolato un nuovo fermento politico.
Proprio sulla “storica” sentenza n. 1/2014, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato la parziale incostituzionalità della legge n. 270/2005, si concentra il Capitolo IV. L’autrice sottolinea l’innovatività di tale pronuncia, in quanto i giudici costituzionali hanno per la prima volta vagliato la costituzionalità della legge elettorale e ne hanno valutato l’incidenza sia sul piano delle istituzioni che sul fronte dei diritti della persona. I tre aspetti vengono sviscerati dall’autrice, la quale conclude che la sentenza testimonia l’elasticità della funzione di garanzia costituzionale svolta dalla Corte, il cui intervento si espande nel caso in cui l’azione dei poteri dello Stato coinvolti sia stata insufficiente o non conforme alla Costituzione e alla forma di governo parlamentare. Il volume si sofferma anche sul ruolo del Capo dello Stato, che in occasione del corto-circuito istituzionale determinatosi nelle ultime legislature ha svolto in modo legittimo un intervento più incisivo di bilanciamento. […]