La primazia secondo gli insegnamenti di Massimo Severo Giannini (Lezioni di diritto amministrativo, Milano, 1950 pp. 202-203) rappresenta una figura organizzatoria di originale equiordinazione, applicabile alle relazioni infra-collegiali, in cui il presidente è solo un primus inter pares rispetto agli altri membri del consesso. Secondo Giannini, del resto, nella primazia “ricorre, per esprimersi con un’analogia geometrica, un agire della circonferenza al centro e viceversa”.
La primazia si caratterizza per l’attribuzione al presidente di alcune funzioni amministrative idonee a garantire il corretto andamento dei lavori che, pur differenziandone la posizione, non ne alterano la reciproca pariordinazione con gli altri componenti. Tali felici intuizioni sono state sviluppate solo in parte dalla dottrina successiva che si è occupata del fenomeno collegiale (Galateria, Gargiulo, Valentini). Tali Autori, infatti, dedicandosi incidentalmente della figura presidenziale, hanno tralasciato gli aspetti più problematici della posizione di primazia e, segnatamente, le ricadute che l’esercizio dei poteri presidenziali ha sulla attività del collegio.
In questa discussione teorica si inserisce l’opera di Pepe, la quale è suddivisibile in due parti; la prima, dai capitoli uno a tre, ricostruisce in chiave teorica gli aspetti tipici della figura giuridica della primazia; la seconda, rappresentata dal capitolo quattro, applica il modello teorico così definito ad alcune famiglie di organi collegiali pubblici.
Premessa una breve ma efficace introduzione storica, il volume di Pepe esamina in modo completo ed analitico i molteplici profili afferenti la figura organizzatoria della primazia, muovendo dall’analisi delle funzioni presidenziali e dei relativi tratti tipici. Ad avviso dell’Autore “la primazia si articola in una pluralità di funzioni amministrative discrezionali, generalmente identificate nella convocazione delle adunanze, formulazione dell’ordine del giorno, direzione dei lavori, polizia delle sedute” (p. 7); gli elementi qualificanti di tali funzioni vengono rintracciati da Pepe nella “strumentalità rispetto al corretto svolgimento dell’attività collegiale e al suo fisiologico esito deliberativo e nella natura meramente formale-procedurale da cui discende l’inidoneità ad incidere sull’autonomia decisionale degli altri componenti” (p. 7). L’indagine, il cui fil rouge si identifica nel riconoscimento di una posizione di primazia formale del presidente, passa altresì in rassegna casi e situazioni potenzialmente idonei a comprometterne il ruolo di primus inter pares, connotando in senso più accentuato la sua posizione giuridica.
Infatti, secondo Pepe – ed in ciò è possibile rinvenire l’originalità dell’opera – vi sono elementi e vicende afferenti l’ufficio di presidenza ed il rispettivo titolare in grado di arricchire il contenuto della primazia di profili (ulteriori) di preminenza sostanziale sugli altri componenti. Tali fattori o elementi sarebbero rintracciabili nella: a) attribuzione della diversa ed ulteriore posizione di organo monocratico; b) previsione di particolari requisiti soggettivi per essere preposti all’ufficio presidenziale; c) individuazione del presidente attraverso determinate modalità di scelta; d) assenza di un meccanismo di revoca da parte dei componenti; e) riconoscimento di taluni poteri di sovraordinazione; f) patologico esercizio delle funzioni presidenziali. […]