Formulo, innanzitutto, un breve chiarimento sul titolo del presente contributo, strumentale ad una migliore comprensione di ciò che in esso tratterò.
«La nuova dimensione “giuridica” dei processi economico-sociali» rappresenta, al netto del successivo sottotitolo, la riproduzione, pressoché integrale, del titolo di una recente pubblicazione di cui sono stato co-curatore[1]. C’è, però, una, per quanto piccola, non insignificante variazione, giacché ho sostituito la parola “istituzionale” con la parola “giuridica”. La ragione risiede nel fatto che, in questa sede, pur traendo indubbia ispirazione da alcune premesse di fondo da cui muovono i saggi di quell’opera, andrò oltre la loro impostazione: mi occuperò, infatti, non solo della dimensione prettamente “istituzionale” dei processi socio-economici in atto (cioè dell’inquadramento da un punto di vista normativo degli stessi), ma anche dell’importanza che riveste, in tal senso, il ceto dei giuristi (cioè coloro i quali si dedicano professionalmente alla sistematizzazione teorica e/o all’applicazione pratica delle regole di diritto). Più nello specifico, come si accenna nello stesso sottotitolo, nell’ottica del costituzionalismo moderno e nel rispetto (dello spirito più che della lettera) della Carta repubblicana, proverò, per un verso, a rimuovere alcuni pregiudizi, perlopiù ideologici, e a comporre alcune antitesi, più presunte che reali, presenti nel dibattito sul tema del mercato e su altre problematiche strettamente connesse; e tenterò, per altro verso, di argomentare come l’apporto della scienza giuridica, e costituzionale in particolare, risulti utile, se non decisivo, per meglio orientare quel dibattito e – come si è incisivamente scritto – «per recuperare un senso all’agire collettivo»[2], sia dentro che fuori il mercato.
Al tal fine, mi sembra opportuno partire da un dato di comune esperienza, quindi di immediata percezione e, come tale, non bisognoso – almeno spero – di molte spiegazioni: alludo all’estrema complessità e alla forte instabilità della situazione economico-sociale in cui da tempo viviamo. Questa instabilità si riflette inevitabilmente anche sul quadro politico-normativo (rectius: sui quadri politico-normativi) di riferimento mettendo sovente in evidenza, talvolta anche drammaticamente, l’inadeguatezza della classe dirigente (nei vari livelli di governo coinvolti) a guidare i mutamenti in corso. Sempre più spesso, pertanto, si usa parlare, in modo negativo e preoccupato, di transizione o, peggio, di crisi.
In simili frangenti succede che si radicalizzino i contrasti di opinione, si ragioni per alternative dilemmatiche, si operino scelte drastiche. Concetti che potrebbero anche essere visti in correlazione vengono prevalentemente intesi in opposizione: di solito non si parla di “sovranità e globalizzazione”, ma di “sovranità o globalizzazione”, né si dice “solidarietà e concorrenza”, ma “solidarietà o concorrenza”, e, così, “centro o periferia”, “pubblico o privato”, Welfare o Europa”, “lavoro o ambiente”, “diritto o economia”. In alcuni casi l’intransigenza può anche essere indice di una profonda coerenza logica, ovvero di una forte coscienza civica, o, ancora, di uno spiccato spirito identitario; in molti altri casi, invece, essa denota rigidità intellettuale, miopia politica, incapacità di reagire ai cambiamenti e di stare “al passo con i tempi”. Per quanto, allora, siano da valutate negativamente le posizioni di mera retroguardia, condizionate da uno sterile conformismo e appiattite essenzialmente sulla strenua difesa della tradizione e degli istituti consolidati, non meno deprecabili risultano essere gli atteggiamenti esasperatamente iconoclastici, volti a prospettare o a condividere, quando non ad esaltare, perlopiù acriticamente, interpretazioni normative eccentriche ed ipotesi di innovazione troppo spinte e, in definitiva, poco rassicuranti[3]. […]
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SOMMARIO: 1. La nuova dimensione “giuridica” dei processi economico-sociali: alcuni elementi introduttivi. – 2. Costituzionalismo, Costituzione e costituzionalisti. – 3. Dalla logica dell’(assoluta) irriducibilità a quella della (possibile) composizione tra (presunti) opposti. – 3.1. Stato e globalizzazione. – 3.2. Solidarietà e concorrenza. – 3.3. Centro e periferia, pubblico e privato. – 3.4. Welfare ed Europa. – 3.5. Ambiente e mercato – 4. Diritto ed economia. Una rinnovata alleanza tra giuristi ed economisti per contribuire alla costruzione di un diverso ordine del mercato. – 5. Brevi considerazioni finali.