Dal Porcellum all’Italicum:nuovi collegamenti e nuovi orari,ma su vecchi binari




Dal  Porcellum all’Italicum:

nuovi collegamenti e nuovi orari,

ma su  vecchi binari

di

Fulco Lanchester

Sommario: 1-Gli scopi  del   Seminario  odierno; 2-Il  Seminario  del  giugno  2013 e  la  sentenza  del  dicembre scorso; 3-I  piani  differenziati   del  commento; 4-Il  progetto di  sistema  elettorale  presentato alla  Camera  dei  deputati; 5-Un  premio  troppo  alto, soprattutto  in  epoca  di   riduzione  della  partecipazione  elettorale; 6-Il  problema  della  lista  bloccata e la  questione  della  democrazia  infrapartitica;7-Conclusioni.

1-Gli scopi  del   Seminario  odierno- L'incontro  del  27  gennaio  2014  ha  una  duplice  finalità:

da  un  lato   vuole  commentare   le  motivazioni  della  sentenza della  Corte  costituzionale n.1/2014  dopo  aver –  il 12   giugno  2013 – analizzato   l'ordinanza  di  remissione della  Corte  di  cassazione   del  marzo  -depositata  nel  maggio  dello  scorso  anno;

dall’altro    tende  ad  esaminare    la  congruità  della  risposta  parlamentare  alla  sentenza    attraverso il     disegno  di  legge  in  materia  elettorale    presentato   la  settimana  scorsa    sulla  base  dell’accordo Renzi  –  Berlusconi. 

I   due  temi  sono  strettamente  collegati, perché   le  motivazioni  della  sentenza  della  Corte  costituzionale  n.  1/2014  disegnano  i  principi   costituzionali  del   voto, limitando   all’interno  degli  stessi  la  discrezionalità  ribadita  dalla  Corte  del  legislatore  in  materia  di  sistema  elettorale    in  senso  stretto.

La  sent.n.1/2014  è  indubbiamente  importante  per  i  suoi  riflessi   teorici  e  concreti  e   non   può  sfuggire  ad  una  analisi  articolata e  situata   nell’ambito  della  storia  costituzionale   italiana     e   della  Costituzione  repubblicana .

2-Il  Seminario  del  giugno  2013 e  la  sentenza  del  dicembre scorso -L'attenzione   del  Seminario di  giugno   pubblicato  su  Nomos-le attualità nel  diritto,1/2013  si  concentrò  sull'ammissibilità  della  questione  contenuta   nell'ordinanza  di  remissione   della  Cassazione   e,  poi,  sulle   posizione   che  la  Corte  avrebbe  potuto  prendere    sui  singoli  temi: in    particolare   il  premio  e  la   mancanza  di  preferenze. Oggi, dopo  la  pubblicazione  delle  motivazioni  ed   il  deposito  del  progetto  di   riforma  elettorale,  la  prospettiva  si  allarga  alla  valutazione   se   quest’ultimo  si   ponga  all’interno  dei  limiti  della  discrezionalità legislativa costituita  dai  principi  costituzionali  ribaditi    dal  giudice  delle  leggi.

E’  dunque   necessario  compiere  un  passo  indietro   per  non  dimenticare   le  origini  del  problema  e  per  contestualizzare  non  soltanto   le  decisioni  della  Consulta,  ma   anche  il  dibattito  di  questi  giorni. Lo  faccio  riferendomi  ai  contenuti   dell’introduzione  prodotta  per   il  Seminario  del  giugno scorso (v. F. LANCHESTER, Non ci sono “zone franche” nello Stato di diritto costituzionale, in www.nomos-leattualitaneldiritto.it, fasc. n. 1/2013). 

   Sul  tema pregiudiziale  dell'ammissibilità  della  questione  posta  attraverso   l’ordinanza  di  remissione  della  Corte  di  cassazione    la  mia  posizione  fu  chiara, perché  sostenni  che  non  potevano  esistere  zone  franche  nello  Stato  di   diritto   costituzionale, soprattutto   se  venivano  coinvolti   problemi costitutivi  per   un  ordinamento  democratico, e  che   la  Cassazione   aveva risposto   in  maniera  efficace alle   esigenze  dell’ordinamento, in  un  momento    liminare  per  lo  stesso.

Sui  due  temi specifici  prospettati   dall’ordinanza, espressi invece un  parere    decisamente   favorevole  ad  una  pronunzia  di  incostituzionalità  per  quanto   riguardava   il  tema   del  premio  di  maggioranza  che    la  l.270/2005  attribuiva  al  partito  o  alla  coalizione  di  partiti  che   avesse   ottenuto  la  maggioranza  dei  voti  validi   senza  soglia  minima, considerandolo sul  piano  teorico  e  concreto  peggiore, addirittura,   della  stessa  legge   Acerbo.

Sul  secondo, il  voto   di  preferenza,  la  mia  posizione  fu  più  problematica rispetto  a  quella     dei  ricorrenti   e  agli  stessi  dubbi espressi   dalla  Corte  di  cassazione, perché  offrivo  la  visione   alternativa  della   democrazia  infrapartitica, che  abbisogna   di  una  regolazione delle  funzioni  pubblicistiche  dei  partiti  .

Ma  questo   è  il  passato.

Oggi   commentiamo una  sentenza  importante    in  cui  la   Corte, investita  per  la  prima  volta   della  questione:

a. ha  certificato   i  principi   costituzionali  del voto per  l’elezione   delle  Assemblee  parlamentari, dichiarando  -appunto-  che  non  esistono  zone  franche   nel  diritto  costituzionale;

b. ha  disegnato   i limiti  di    qualsiasi   nuovo  sistema    secondo  i  criteri  della   ragionevolezza  e  della  proporzionalità;

c. ha  colpito, quindi, sia   il  premio  di  maggioranza  senza  soglia  che      le  liste  bloccate (  il  dubbio   è  se  perché  troppo  lunghe   o  perché  -se  si  esclude   l'uninominale-  la  lista  senza  preferenza    è  sempre   una   scelta  eterodiretta  e  quindi  contraria  al  dettato  dell'art.  48  Cost.);

d. ha  restituito  all’ordinamento, in  linea  con  una  giurisprudenza  costante  sull’indefettibilità  dell’esistenza  dello  strumento  elettorale  per    i  supremi  organi  costituzionali, un  sistema   elettorale in  senso  stretto perfettamente    funzionante  per  entrambe  le  Camere, fondato  sui  principi  della  legge  approvata  dal  Costituente  nel   1948, integrati  dalla  preferenza unica  risultante  dalla   consultazione   referendaria  del  1991  e  da  soglie   di  esclusione  esplicite  “ragionevoli”  per   i  singoli  partiti  o  per  le  coalizioni(4% o 8 %,ecc.).

La Corte     ha-quindi –  aperto   al  controllo  di  costituzionalità   l'area  della  legislazione  elettorale relativa   al   sistema  elettorale  in senso  stretto, ribadendo     i  principi costituzionali  del  voto  democratico  e    la  sua  funzionalizzazione  al  circuito  che-  partendo  dall’art.1,secondo  comma – passa  attraverso  il  48  al  56 e 57  per  arrivare  al   67, ed ha  restituito  all’ordinamento – sulla  base    di  parametri  di  ragionevolezza  e  proporzionalità  utilizzati   da  altri  organi  costituzionali  (in  particolare  il  Bundesverfassungsgericht)  –  un  meccanismo elettorale   funzionante    che  contempera    le  esigenze  minime   di   rappresentanza  e  di   governabilità  sulla  base  del “ vincolo del minor sacrificio possibile degli altri interessi e valori costituzionalmente protetti”.

  Dopo  aver   denunciato almeno  dal  2008  l’insostenibilità  della  legge 270/2005  con   moniti   ripetuti, di fronte  ad  una  situazione  di  emergenza  e  di  blocco, la  Corte  costituzionale   è  intervenuta  in  maniera  decisa, che   può  non  piacere  sia   ai  cultori   dell’autonomia  del  politico, sia   ai  formalisti   ad  oltranza,  che   trovano  rivoluzionate   le  vie  di  accesso  del   giudizio  di  costituzionalità,  ma  che  risulta   perfettamente  in  linea   con  l’impostazione  mortatiana della  giuridicizzazione  del  politico nell’ambito  di  una  visione  realistica.

3-I  piani  differenziati   del  commento-I  piani   del  commento  sono   molteplici  e  devono  essere   distinti  ,  ma  anche  valutati  nel  complesso,  al  fine  di   non  perdere  la  visione  di  insieme.  Essi   si  correlano, da  un  lato,   con  la  gravità   della  crisi  italiana, dall’altro   con  le  recentissime  proposte  istituzionali  (elettorali  e  costituzionali) volte  a  rompere  il  circolo  vizioso     che  caratterizza   gli  ultimi  quarantacinque  anni  di  storia  costituzionale   repubblicana.

In  questa   specifica  prospettiva, accanto   alla storia   di  medio  e  lungo  termine  di  un   ordinamento      che    ha  subito      un  processo  di  avvitamento   incrementale  che  gli  ha  impedito  di  divenire  un  ordinamento  normale, si  inserisce indubbiamente     il  tema  della  riqualificazione  rapporti  di  potenza  geopolitici,  che    hanno  trasformato  le  basi   delle  stesse  forme  di  Stato  di  democrazia  pluralista,   mettendo   in  forse  i  due   pilastri   delle  stesse,   ovvero   lo  Stato  sociale  e  la  democrazia  rappresentativa. 

Sul  piano  della  cronaca  costituzionale   dell’ultimo  triennio, ripeto-invece-  ciò   che    ho  detto   nel  precedente  seminario.  La  situazione  di  contesto    è, infatti,  quella  di  un  circuito   politico-parlamentare    oramai  imballato  e  con   una  supplenza sempre  più  incisiva      degli  organi   di  controllo  interno(Presidente  della  Repubblica)  e  esterno(Corte  costituzionale, Corte  di  Cassazione, Corte  dei  conti, e  perfino  TAR).

Un  simile  giudizio, espresso  nel  periodo   febbraio-giugno  2013,   vale  ancora  e  risulta   addirittura implementato, almeno  sino   alla  decisione  di  Renzi  di  resuscitare    Berlusconi,  perché    la  Corte costituzionale  dal  maggio al  dicembre  2013   ha   pazientemente  atteso  che  i  soggetti  politicamente  rilevanti   prendessero   in  mano   la  barra  del  timone.  In  dicembre    ha finalmente   deciso, ma  per  circa  quaranta  giorni  ha  nuovamente  dialogato  in  maniera  implicita  con   la  “controparte”,  in  un  colloquio asimmetrico    che  ha  visto   lo  squadernamento  di  ipotesi  differenziate (  in  particolare  le  tre   “civette”  di  Renzi)  in  attesa  di  risposta  nelle  motivazioni  della  sentenza.

Il  gran  colpo  di  teatro     dopo  il  deposito  della  sentenza   è  stato  l’incontro  di  Renzi  con  Berlusconi  e  l’accordo   di  cui  necessariamente  dovremo  discutere.

4-Il  progetto di  sistema  elettorale  presentato alla  Camera  dei  deputati- Veniamo  al  testo  base  della  legge elettorale  per  le   Camere. Il   progetto   presentato  in   Commissione   il  22  gennaio      in  sostanza:

a) è un  porcellum  modificato,  che  da    ragione   allo spontaneo  riconoscimento   di  paternità  effettuato dall’on.  Calderoli    qualche  giorno  fa;

b) si  connette  con     riforme  costituzionali,  che  hanno  bisogno  di  un’alta  legittimazione   da  parte  dei  legislatori  e  di  un  tempo  considerevole  per  l’approvazione;

c) è il    risultato   della   centrifugazione di  almeno  due  delle  tre  ipotesi  prospettate   da  Renzi(il  similspagnolo  e  il  sindaco  d’Italia);

d) non  risolve infine, a  mio avviso,  in  alcun   modo   i  problemi  di  costituzionalità   evidenziati  dalla  Corte  costituzionale   nelle  motivazioni  della  sentenza.

Per  essere    sintetici  il  giudizio  sul  progetto  denominato  Italicum può  essere  espresso  prendendo  a  prestito   la  pubblicità  del  vettore  ferroviario  “Italo” di   Luca  di  Montezemolo:

“Nuovi  collegamenti,nuovi  orari,ma  su   vecchi  binari”.

Un  simile  drastico   commento   è  giustificato   dalla  realtà  dell’articolato: da  un  lato  viene  mantenuto  il  premio  di  maggioranza  con  una ricompensa irragionevole  e  non  proporzionale  al  vincolo  del  “minor  sacrificio”  richiesto   dalla   Corte, mentre  dall’altro   viene conservata  la  lista  bloccata  censurata  dallo  stesso    giudice  delle   leggi. Il progetto di nuova legge elettorale presentato mercoledì scorso in Commissione Affari Costituzionali della Camera   certifica   l’interesse  oramai   più  che  decennale  delle  due  maggiori  formazioni   dell’ordinamento di aggregare le rispettive aree di centro-sinistra e centro-sinistra, scartando i partiti minori e obbligandoli a entrare nelle coalizioni per lucrare un premio sovrabbondante  attraverso il  meccanismo    cosiddetto   “Majority   bonus  system”,  sulla  base    di  una   tradizione  legislativa  e  di  cultura  politica  che  lega-  in  maniera  differenziata-  la  legge  Acerbo  del  1923,la  cosiddetta  “legge truffa”  del  1953  ed  il “porcellum”.

   Il  “Majority  bonus  system”,ovvero  il  premio  di  maggioranza  su  scrutinio  di  lista,  è  dal  punto  di  vista  comparatistico     una  peculiarità  degli  ordinamenti  dell’Europa  mediterranea(è stato  adottato    storicamente in  Francia   nel  1951  e  1956  e  in  Grecia come  “proporzionale  rinforzata).Non  esamino  in  questa  sede  le  differenze tra  la “loi scélérate”  francese e  la  “proporzionale  rinforzata”  greca  rispetto  ai    precedenti  nazionali italiani. Ritengo, tuttavia,      significativo  che i   riformatori  nostrani  non  facciano    oramai   più  riferimento   alle  grandi  democrazie stabilizzate,  ma  -oramai- siano  costretti a  guardare  esclusivamente  al  caso   della  Repubblica  di  S. Marino,  dove  con   le “leggi  qualificate”  n.1  del  2007  e del  2008     hanno  introdotto   un  sistema  elettorale   con  premio (anche  se  molto  minore  per  rilevanza  di  quello  proposto  per  l’Italia)  e  coalizioni.

Un  simile  dato  di  fatto   ispira  perlomeno   due  considerazioni:

in  primo  luogo, certifica  la  peculiarità  del  panorama  politico-partitico liquefatto  della  seconda  fase  della   storia  costituzionale  italiana, che  suggerisce la  utilizzazione  di    strumenti   di  selezione  per  la  decisione  in  dosi  sempre  più  aggravate, con  il  rischio  di  annullare il  valore  rappresentativo  dell’atto  elettivo;

in  secondo  luogo    rivela    come    alcuni  elementi  ispiratori(dal  punto  di  vista  normativo  e  personale)   della  proposta  elettorale  attualmente  all’esame della    Camera  dei  deputati  siano  da  recuperare  nel triangolo ciclistico  Bologna-Firenze-S.Marino (Alfredo  Oriani  permettendo),  attraverso  l’opera  di  consulenza  di  alcuni  studiosi  legati  al  movimento   referendario  e  alla   teoria  del   neoparlamentarismo  bipolare (Barbera, Fusaro, Ceccanti, Guzzetta, con  influssi   che   toccano  D’Alimonte  e  l’ineffabile   Verdini).

5-Un  premio  troppo  alto, soprattutto  in  epoca  di   riduzione  della  partecipazione  elettorale-Tuttavia   la  soglia del   35% dei  voti  per   vincere  un  premio  in  seggi  del  18%  alla  Camera   mi  sembra   che   sia  troppo  alto  e  funzionale  ad  una  asimmetria  pericolosa,  che  richiama  le  polemiche  sulla  cosiddetta  legge  truffa(e  non   è  un  caso  che   le note   tesi  di  Carlo  Lavagna sulla  specularità  stiano  ritornando   parzialmente  in  voga).

Sulla  base  delle  motivazioni   della   sentenza   il testo  attuale   per    quanto  riguarda  il  premio  mi  pare, dunque,  chiaramente   incostituzionale. La Corte Costituzionale ci ha detto, infatti, che il premio deve essere “ragionevole” e “proporzionale” e con il minor costo possibile per la rappresentanza rispetto alle esigenze della governabilità. In sostanza, di fronte della stabilità può anche essere sacrificata la rappresentanza, ma fino ad un certo punto. Si tratta di quel bilanciamento tra i valori della stabilità e della rappresentanza, che fin dagli anni Cinquanta del secolo scorso ha convinto il Tribunale costituzionale tedesco ad ammettere la soglia del 5% per accedere al Bundestag, ma anche a negare la possibilità di ulteriori violazioni della rappresentatività

L’elemento essenziale è, ripeto,  che il premio del 18% risulta  troppo alto rispetto al 35%  dei   voti  validi    per ottenerlo . C’è, dunque,  la  necessità    di  alzare    la  soglia,  ma  soprattutto    è  indispensabile  tarare l’ottenimento del premio rispetto agli elettori iscritti(come   avviene  in  Francia  al  primo  turno  delle  elezioni  legislative) e non ai semplici  voti validi. Non dobbiamo dimenticare, infatti,  che nelle ultime tornate elettorali si è registrato un alto astensionismo, fino a punte del 25%,  e che questo diminuisce la rappresentatività degli eletti. Nel  febbraio  2013 la  coalizione di Bersani ha ottenuto circa il 29,5% delle preferenze, quella di Berlusconi il 29.2%. Una differenza di alcuni  decimi di punto. Ma, la questione centrale è che ciascuna delle due coalizioni rappresentava solo il 21% circa  dell’intero  Corpo elettorale.  Per ottenere davvero la dimensione della rappresentatività rispetto al cosiddetto “demos politico” si deve tenere conto che i voti ottenuti da ciascun partito devono essere rapportati agli aventi diritto al voto. Anche trascurando i voti bianchi e nulli, il 35% dei voti equivarrebbe probabilmente al 26-27% degli elettori iscritti. Che tradotto significa che con circa il 26 %  circa dei voti il  partito  o  la  coalizione   con  la  maggioranza   si   assicura  il 53% dei seggi. Si  tratta  di     un   eccesso  che  mette   a   rischio di incostituzionalità il “Renzellum”,  come  sembra   abbiano  fatto  trapelare  gli  stessi ambienti  della   Corte, informalmente, sulla stampa quotidiana (penso a Repubblica).

Aggiungo   che anche la questione del cosiddetto doppio turno non pare  sia  impostata bene. Di solito il  primo turno serve a valutare il peso delle forze in campo che, poi, si alleano a formare la coalizione per il secondo. La coalizione, dunque, non si  forma esclusivamente a priori, ma  costituisce  il frutto di una trattativa su un programma espressione di una mediazione tra interessi, che può portare a convergenze o desistenze.  Né  pare   ragionevole  un  simile  inchiavardamento, quando  poi  è  possibile  che  i   parlamentari  nominati  come  frutto  di  alleanze    possano  spostarsi, come  gli  permette  l’art.67  Cost., dal  perimetro  della  maggioranza.

6-Il  problema  della  lista  bloccata e la  questione  della  democrazia  infrapartitica- Per quanto riguarda le liste bloccate, attraverso la preferenza unica, la Corte costituzionale ha reintrodotto la scelta dell’elettore al posto del sistema della “nomina”  effettuata  da parte del Capo della coalizione o del segretario del partito.   Dico  subito  che  un  simile  obbiettivo   potrebbe   essere raggiunto in vario modo  sia  con sistemi a scrutinio di lista, sia   con i collegi uninominali  in  presenza  di  una   assegnazione  dei  seggi    di  tipo  proporzionalistico o maggioritario .

La soluzione indicata nel progetto di Renzi-Berlusconi con i collegi che eleggono da 3 a 6 rappresentanti non risolve, a mio  avviso, il problema sollevato dalla Corte costituzionale in merito alla scelta  dei  rappresentanti, mentre la possibilità di presentare anche due candidature dello stesso genere nella lista bloccata corta potrebbe vanificare la dichiarata finalità di riequilibrio.

Per risolvere razionalmente la questione il Legislatore dovrebbe riconsiderare non solo il tema delle primarie, ma, in generale, quello della selezione delle candidature con garanzie di democraticità intrapartitica. La Corte  costituzionale  ha chiesto di fare in modo che non siano i leader dei partiti a scegliere un Parlamento di 630 persone. In  questa   prospettiva    la  parte  più  insoddisfacente  della  sentenza  della  Corte  sta, a  mio  avviso,  nella  sottovalutazione  dell’art.49 della  Cost. e   della  funzione  del  partito  politico.  L’ordinanza  79  del  2006  aveva    aperto     una  strada   alla  regolazione  delle  funzioni  pubblicistiche  del  partito  politico,  cui  alle  radici  dell’ordinamento  aveva   fatto   riferimento  lo  stesso  giovane  Leopoldo  Elia.  La  Corte, che   è  dovuta  intervenire  in  emergenza   per  i  difetti   di  reazione  del  sistema  partitico –  istituzionale,  sembra invece avere  scientemente obnubilato   l’art.  49  Cost..

E’  vero.  La forma partito è cambiata profondamente. Non c’è più il partito organizzativo di massa, non più il partito pigliatutto, e nemmeno il partito cartello fondato sul finanziamento pubblico. Siamo di fronte a formazioni di tipo personale che sono orientate a processi di tipo plebiscitario.  La  democrazia  del  pubblico, messa  in  evidenza  da  Bernard  Manin,  tende  a   mettere  da  parte  i  partiti,  ma  non  può  farli  scomparire. Sin dalle origini dello Stato di massa democratico del XIX secolo ci si è,infatti, trovati di fronte all’alternativa tra un sistema di partiti regolati e strutturati oppure davanti ad  una  pericolosa  ed  incontrollabile   deriva  plebiscitaria.E’,quindi,  opportuno tornare  pensare  a  forme  pubblicistiche  di  regolazione   dei  diritti  degli  iscritti   ai  partiti  e  di  selezione  adeguatra delle  candidature.

7-Conclusioni-  E’  bene    che  concluda e   lo  faccio  con   una   provocazione. La  Corte  nel  comunicato  stampa  del 4  dicembre  scorso  dichiarò  la  legittimità  delle  Camere   nonostante  ne   avesse   sanzionato  il  metodo  di  elezione.  Chi  legga  con  attenzione   le  ultime  pagine  della  motivazione  ne  ricava, tuttavia,   una  impressione    devastante.  La  Corte  evidenzia    che  la  legittimità  giuridica(non  politica)  del  Parlamento  non  sarebbe  vulnerata  dalla  sua  decisione  sulla  base  della   “teoria  della  continuità  dello  Stato”  e  che      la  proclamazione   degli  eletti  effettuata  dagli  Uffici  preposti   costituirebbe    la  conclusione   del  procedimento  di  elezione.     In  questa  prospettiva    la  Corte  sembra  non  aver  tenuto   conto  della     autonomia  delle  Camere   nella    convalida     delle  elezioni  dei  rispettivi  membri, che   evidenzia    come  il  procedimento  non   possa  dirsi  concluso e  quindi  soggetto  agli  effetti  della  sentenza.

In  questa  prospettiva   a  me  pare  che  dal  punto  di  vista  costituzionalistico  sia  discutibile   che   Camere  elette    con  un  sistema  elettorale   sanzionato  di  illegittimità  non  soltanto  mettano  mano   alla  legge   elettorale  fornita  dalla  stessa  Corte  costituzionale,  ma  intraprendano  un  percorso      istituzionale   di  riforma  incisiva  della   Costituzione,  che  dovrebbe  modificare l’impianto   della  stessa   in  maniera  profonda.

C’è  da  chiedersi  se  non  sarebbe meglio, visto  che  la  Corte    costituzionale   ha  fornito  un   sistema  perfettamente  funzionante(e  l’eccezionalità  della  situazione  è  ben   descritta  dalla  minuziosità  con  cui  la  Corte   ha  indicato  il  modo  con  cui emendare  la  scheda   di  votazione  per  inserivi  la  preferenza),  andare  rapidamente   al  voto  con  il  sistema  di  risulta,  per iniziare successivamente  il  processo  di  revisione  costituzionale  senza  patemi  d’animo.  D’altro  canto  la  ragione  giuridica   a  me  sembra  si  sposi  con  quella   politica.  Matteo  Renzi     rischia  di  essere  cucinato  non  soltanto  dall’iter   di  approvazione  della  legge  elettorale,  ma  soprattutto  dagli  avvenimenti  successivi.  Lo  spostamento  alla  Camera  della  discussione  sulla  riforma  elettorale   ha  favorito     solo  formalmente  la  nuova  segreteria, che  non  possiede  solide  radici  nell’ambito  dei  gruppi  parlamentari.  Ne  viene  fuori  che-  sempre  che  il  Capo  dello  Stato  lo  permetta-  sarebbe   auspicabile    andare  alle  elezioni  velocemente  per  tentare  di   risolvere  nell’ambito  della  legittimità  costituzionale   una  situazione    sempre  più  aggrovigliata  e  pericolosa.  

Abstract

Introduction to the Seminar on “The Courts and the vote”, organized by the Master in European parliamentary institutions(Rome,”La  Sapienza”, January 29, 2014.) . The author analyzes the Constitutional  Court's judgment n.1/2014 , the consequences of the same, and  the reform bill on the electoral system submitted  to the  Camera  dei  deputati in January 2014.

Introduzione   al  Seminario  su  “Le  Corti  e  il  voto”,organizzato  dal  Master  in  Istituzioni  parlamentari  europee  per  consulenti  di  assemblea  .L'Autore  analizza      la  sentenza   1/2014  della  Corte   costituzionale,le  conseguenze  della  stessa  e  il  progetto  di  riforma  del  sistema  elettorale  per   Camere  presentato  nel  gennaio 2014.


      Questa voce è stata pubblicata in: Parlalex, SCRITTI RECENTI il 08/08/2020 Contrassegna il Permalink.