Il Partito democratico e l ‘apparente”americanizzazione” della politica italiana
di
Fulco Lanchester
1-L’art. 49 della Cost. formalmente dimenticato è ritornato al centro del dibattito politico-costituzionale proprio in occasione del processo di costituzione del Partito Democratico. Il superamento delle tradizionali forme partito e il tentativo di rilegittimare l’attività del ceto politico in un bagno di partecipazione hanno riproposto il tema del “concorso” dei cittadini alla formazione della politica nazionale , ma ne hanno anche evidenziato la fragilità in un ordinamento in perenne transizione. In un simile contesto l’americanizzazione della politica italiana, che il partito democratico di Walter Veltroni vorrebbe rappresentare, non è soltanto il frutto della modernizzazione degli strumenti di comunicazione politica, della depolarizzazione ideologica e delle trasformazioni sociali che sin dagli anni Sessanta hanno investito il continente europeo e in particolare l’Italia, ma soprattutto della crisi epocale che ha colpito il sistema partitico italiano a metà degli anni Novanta e del riallineamento ancora incompiuto .
E’ per questo che l’entusiasmo per il cambiamento in corso deve essere moderato da un sano realismo sulle difficoltà del momento .Le forme partito riflettono lo sviluppo del sociale e del politico e non sono trasportabili d’emblé. Appunto per questo Maurice Duverger, nel suo classico volume su I partiti politici (1951), non aveva considerato rilevante per l’Europa il partito americano, perché – a suo avviso – la cultura politica e la società statunitense erano profondamente differenti da quelle allora esistenti nel contesto europeo. Il partito organizzativo di massa di tipo continentale si era costituito attorno ad una base ideologica forte , con funzioni non soltanto elettorali , ma pedagogiche di conformazione di società civili pervase da fratture etniche,religiose e di classe . I partiti socialisti, prima, e cattolici poi avevano scelto la via dell’organizzazione pesante, basata sul collante ideologico o religioso (nel caso dei partiti comunisti occidentali i due elementi tendevano a sovrapporsi), con un costo monetario che il decremento della partecipazione politica e le necessità elettorali aveva portato alle stelle .Di qui per il caso italiano ,con il correntismo ed il personalismo, l’incremento della corruzione ,che – sposata al blocco della decisione- hanno portato alla prima implosione del sistema nei primi anni Novanta.
In quegli anni si è intervenuto sui partiti in maniera indiretta ,attraverso il rozzo mutamento delle regole elettorali attraverso referendum, e senza procedere in modo razionale a regolare anche l’ambito intrapartitico .Anzi , la destrutturazione dello Stato dei partiti più pesante del mondo occidentale ha condotto ad una bipolarizzazione frammentata, con formazioni sempre più cartello, mentre la grande novità è stata rappresentata dall’irrompere del partito azienda berlusconiano .
Nella sinistra riformista il partito tradizionale è stato visto, addirittura, come una deriva capace di ritardare la transizione italiana verso la normalità. Alcuni settori modernizzatori della leadership tradizionale li hanno, infatti, considerati come ostacoli ai processi di cambiamento radicale del sistema . A ben vedere una simile posizione ,che reagisce ma converge con le tendenze plebiscitarie berlusconiane, può essere considerata di continuità nella rottura . Ancora all’inizio degli anni Ottanta la tesi prospettata da Marcello Fedele ne La deriva del potere :trasformazioni e tendenze del sistema politico americano (Bari,Dedalo,1981) che l’evoluzione del partito europeo si sarebbe indirizzata sulla scia d’oltreatlantico suscitò nel corso dei primi anni Ottanta l’indignata reazione della dirigenza berlingueriana ,impegnata a difendere la struttura organizzativa del partito. Dieci anni fa circa, proprio Walter Veltroni segretario DS operò, invece, in maniera da destrutturare lo zoccolo duro della sua formazione, affidando ad un cattolico la sezione d’organizzazione della sua formazione di partito .
La costituzione del Partito democratico ,in cui confluiscono resti rilevanti del PCI e della DC, e la designazione proprio di Walter Veltroni a Presidente della nuova formazione ,evidenzia ,dunque, come il processo di trasformazione formale e genetica degli eredi dei protagonisti della prima parte della storia politica del dopoguerra italiano si sia compiuta .
Essa risulta essere un indicatore importante per almeno tre motivi.
In primo luogo, il processo in corso rileva come i discendenti delle maggiori formazioni di massa si siano orientati verso un modello di partito “nuovo”(qui è recuperabile una deriva costante e significativa del lessico togliattiano ) ,sia per il tipo di organizzazione che per la dinamica intrapartitica ,che vorrebbe ricalcare il modello americano,ma che dalla stessa diverge fortemente .
In seconda istanza, si evidenzia come questa ristrutturazione potrebbe avere importanti influenze di medio lungo periodo sulla evoluzione del sistema partitico in riallineamento oramai più che quindicennale.
Infine , dal punto di vista immediato la costituzione del partito democratico pone il problema della persistenza di una formazione di governo che vede mutare la propria composizione e la stessa leadership.
2- Sgombriamo il campo dagli equivoci interessati .Il 14 d’ottobre non si sono svolte delle elezioni primarie , ma delle regolari consultazioni per la individuazione degli organi dirigenti di un nuovo partito, che hanno coinvolto settori differenziati della popolazione e non solo gli iscritti alle formazioni che avevano dichiarato di confluire nello stesso . Le primarie sono ,come è noto, consultazioni in cui sono coinvolti iscritti e/o elettori per l’individuazione di candidati ad elezioni di cariche pubbliche. L’utilizzazione del termine in questione è solo un modo per fare confusione, facendo credere che si stesse selezionando il candidato alla leadership della coalizione di governo. Una simile ambiguità ,basata sull’esperienza della consultazione del 16 ottobre 2005,che incoronò Prodi come candidato della coalizione di centro-sinistra, evidenzia in modo palese i limiti dell’operazione.
D’altro canto la struttura del partito americano è quella di una piramide tronca, dove – a forti strutture partitiche statali- corrispondono legami molto più tenui a livello federale. Lo schema del partito democratico è ,invece, di tipo correntizio plebiscitario , dove ad una leadership forte e legittimata dalla base corrispondono ripartizioni di frazione ben individuate a livello locale e nazionale .
Aggiungo che ,nonostante la conclamata mobilitazione, sembra essersi ripresentata la situazione di due anni fa, quando le consultazioni popolari per la candidatura di Prodi assunsero tutte le caratteristiche di una mobilitazione più che di una vera scelta. Si trattava di individuare un candidato unitario da contrapporre a Berlusconi, ma la scelta era già stata operata e si trattava soltanto di legittimarla . In questo “bagno di popolo” ,la nuova formazione ha voluto far partecipare anche giovani tra i sedici e i diciotto anni e gli immigrati ,applicando regole non adottabili a livello pubblicistico per vincoli legislativi o costituzionali (ad esempio la maggiore età e la cittadinanza). Il tutto prospetta una leadership unificante ed un sistema di componenti che individuano appartenenze precise e che potranno trasformarsi in correnti organizzate.
Mentre è stato osservato che la partecipazione alla consultazione è stata prevalentemente concentrata nel centro-sud e da persone con età media alta (rappresentativa dell’elettorato della coalizione), le regole con cui sono state effettuate le elezioni rafforzano ancora di più l’idea di un avvenimento di mobilitazione .La istituzione di una formazione correntizia con un vertice monocratico vede la prima orientata a rappresentare i rapporti di forza interni;il secondo più orientato verso l’elettorato e l’opinione pubblica. La fragilità complessiva dell’operazione appare ,infine, rafforzata dalla prudenza degli amministratori delle componenti che sono confluite nel partito democratico e che hanno blindato le rispettive proprietà in apposite fondazioni .
3-E’ un fatto che il partito democratico abbia immesso elementi di dinamismo all’interno del sistema in perenne riallineamento , ma che abbia introdotto anche elementi di forte instabilità , da cui probabilmente esso stesso sarà investito . All’interno dell’area di sinistra i processi di riaggregazione d’area hanno fatto perdere pezzi ai lati della nuova formazione , con fenomeni di riaggregazione temporanea che per adesso non possono essere valutati . A destra Berlusconi gioca con Forza Italia suo partito personale e con i circoli della Brambilla , dimostrando che il suo unico scopo è quello di dare una spallata verso le elezioni, che i sondaggi gli promettono favorevoli .
La decisione di formare il nuovo partito ed individuare il nuovo leader dello stesso nella persona di Walter Veltroni ha indebolito obiettivamente il Presidente del consiglio Prodi e la sua coalizione , immettendo elementi centrifughi nelle formazioni della maggioranza. L’incubo di una riproposizione del 1998 si sovrappone con la prospettiva di arrivare ad elezioni anticipate ,anche per evitare il referendum . Il gioco è pesante e c’è il rischio di una nuova slavina che questo ordinamento non può certo permettersi. E’ per questo che all’interno del partito democratico l’insofferenza per l’indecisione sta montando e favorisce posizioni drastiche sul piano istituzionale. Ma la situazione liquida prospetta per adesso solo il tentativo di durare più che quello di innovare decisamente.