Introduzione al Seminario sull'ammissibilità dei referendum

L'AMMISSIBILITÀ  DEI  REFERENDUM  IN  MATERIA  ELETTORALE
INTRODUZIONE  ALLA   DISCUSSIONE
DI
FULCO LANCHESTER
SOMMARIO: 1-Le  ragioni  della   riunione; 2- La  cronaca ; 3-Il contesto  di  lungo  e  di  medio  periodo; 4- I  temi  in  discussione   e  i  soggetti  coinvolti ;5- I  quesiti  referendari  del  2007;6-Conclusioni


1-Le  ragioni  della   riunione  –  L'avventura del referendum sul sistema elettorale  per le Camere si è aperta il 24 aprile con l'inizio  della raccolta delle firme da parte del Comitato promotore. E' tempo dunque di  discutere del tema dell'ammissibilità dei quesiti, che dovrà essere affrontato dalla  Corte costituzionale. E'  vero  che  la  Corte   costituzionale  sarà  investita  della questione  solo  a  metà  dicembre, ma   è  anche  evidente  che   è  opportuno  orientarsi   sul  problema    prima  di  quella  scadenza,anche   perchè  finora   il  dibattito    in  materia   è  stato  insufficiente    e generico.
Questo  seminario  è  stato  convocato   proprio  per  riflettere   sul  tema     specifico  dei  referendum  in  campo  elettorale ed in  particolare      sui   tre  proposti   dal  Comitato  Guzzetta –  Segni.   Sono  stati  invitati    giuspubblicisti    de “La  Sapienza”  e  dell'area   romana  o assimilata ,  ma – in  generale  –   persone  che     su  questo  argomento   possono  fornire  un  contributo  critico   , al  di  là  di  problemi  di  schieramento  non eludibili  nel  contesto  costituzionalistico .


Alcuni  amici     avevano  suggerito     di  dare    un  taglio  differente  alla  riunione, sostenendo   l'importanza   di  una  riflessione    sul  tema  delle  innovazioni  elettorali     da  introdurre   nell'ordinamento  al  fine  di  modificare  la  L.270 /2005  ed  evitare   i  referendum  in  oggetto   .
La  presente  impostazione   deriva   non  soltato  dalla  necessità  di  evitare  un  tema  usurato  ed  al  di  fuori  della  disponibilità    dei  singoli  partecipanti ad  una  simile  riunione,ma  sopratutto  dal  fatto    che      da molte  parti  si ritiene   scontato ( e  a  senso  univoco)  il  fatto  che  i  quesiti  siano   ammissibili   senza  approfondire  a  sufficienza     il  profilo  giuridico    della  questione. Una  simile  posizione   appare  funzionale    alla accentuazione       della    gravità  della  situazione   di  contesto    in  cui  versa  l'ordinamento  politico-costituzionale ,in  cui  i  soggetti     politicamente  rilevanti   sembra  che  nulla  facciano   per    mutare  la   situazione . D'altro  canto    ,  se    tutto   è  deciso e  il  “pistolone”  del  referendum   (per  evocare  l'immagine  polemoerotica di  Giuliano  Amato)  è  carico, anche  l'eventuale  compromesso  risulterebbe    in  gran  parte   nelle  mani  del   Comitato,come  ha  cercato    di  far  intendere  recentemente  Giovanni  Guzzetta   .  Se  invece  si  verifica   che  le   polveri    sono  parzialmente  bagnate  ,  la  discussione   cambia     prospettiva.
Bene   è  quindi  anticipare i  tempi  della  riflessione   tecnica     ,  controllando  il     torbido  contesto  climatico        che   sovrappone    interessi   sistemici  a  strategie    partigiane  .
L'incontro odierno   si  svolgerà    in  maniera   semplificata    e  leggera  ed  ha  lo  scopo  di  ripercorrere  ex ante  una  esperienza    che   ho  già  effettuato  con  la  sent.  n.  47  del  1991  ,in  materia  di  preferenza  multipla(Roma , Bulzoni,1992).
Allora    censii  e  raccolsi   ex  post  il  materiale    relativo  alla  decisione  della  Corte  in  tema  di ammissibilità  del  referendum   relativo  alla  preferenza multipla, che  -da  un  lato  – aprì  la  strada  alla  consultazione      sul  sistema  elettorale  in  senso  stretto  del  Senato   del  1993  e  che-dall'altro-     convinse  le  Camere  ad  introdurre  la  legge  n.  81  di  quell'anno  per  evitare   la    consultazione  sul  sistema  elettorale  degli  enti  locali.
Oggi   – come    detto-   ritengo  sia   utile  anticipare  i  tempi per  chiarire   a  noi e    agli  altri   i  termini  della  questione    .  Ritengo ,inoltre,  che   in  sede  universitaria  questo  non  sia  soltanto   opportuno  ,  ma  doveroso    e  sfugga  a  qualsiasi  tipo  di   critica   ,sviluppatesi   in  maniera  non  limpida  ancora  recentemente che  -formalmente-   ha  causato  le  dimissioni   del  giudice   costituzionale  Vaccarella.


2- La  cronaca – Prima  di  iniziare  con  il  giro  di  opinioni  è  indispensabile   una  premessa   di   inquadramento    sul  clima  in  cui  si  sta  sviluppando  il  dibattito  politico-costituzionale   in  argomento , sui  precedenti, sugli  elementi  in  discussione(sistema  elettorale- referendum)  e  la  loro   vicenda  in  Italia    ,sui  quesiti   proposti  e  la  loro  compatibilità  con  l'ordinamento  costituzionale.
Parto  dalla  cronaca  – La  settimana  scorsa   è  stato  nuovamente   rievocato lo  spettro  della  crisi  di  regime   del    1992 . L'on.  D'Alema ,  in  occasione  della  presentazione    del  volume   di  Luciano  Violante Uncorrect. 10 passi per evitare il fallimento del Partito Democratico  e , poi , in  una  intervista   domenicale  sul  Corriere  della  Sera ,  ha  fatto  riferimento     in  modo  plateale  alla  crisi   di  quindici  anni  fa   ed    ha implicitamente  evocato  da  un  lato   la  figura  di   De  Gaulle    con  le  istituzioni  della  V  Repubblica    , dall'altro Togliatti   e   l'esigenza  di  un  partito   di  tipo  nuovo.
Di fronte  alla  crisi   di  legittimazione    del  sistema   politico  il  ragionamento   appare  crudo:  non  esistono   a  tutt'oggi  in  Italia  istituzioni  forti, simili  a  quelle  gaulliste; non  esistono     partiti   sufficientemente    strutturati    ,mentre  il  riallineamento  del  sistema  partitico     è   ancora  ampiamente  in  alto  mare.
Alla  base    di un  simile     ragionamento  ,  che    coinvolge   molti  esponenti  del    gruppo  dirigente   dell'Ulivo(ma  sopratutto  dei  DS),     si  pone sopratutto    la  necessità  di  una  rilegittimazione    del  sistema  politico  , attraverso  la   costituzione   di  nuovo   partito ,innovando  formalmente    dal  basso  un   percorso  che       nel   1997   era  stata proposto    attraverso     la  sostanziale  “rottura”  della  Costituzione  sulla  base   del  referendum  popolare  previsto  dalla  legge  costituzionale   n.1  di  quell'anno.
A  questa  posizione  corrisponde   in  altri  settori   del  ceto  politico   una    omologa  esigenza  di   superare    l'impasse   attraverso   forzature  dei  veti   incrociati ,provvedendo  alla   creazione  di   nuovi  soggetti  politici . A  destra si  richiede  il  partito  moderato   ;a  sinistra    il  partito socialdemocratico  ,prefigurando  strategie   contraddittorie   che  vanno  dal  bipolarismo  al  multipolarismo  .  Gli  strumenti  per  pervenire   a  simili   obbiettivi   non    costituiscono, tuttavia ,   soltanto questioni   di  arredamento  della  “casa  comune”  , ma  investono    le  stesse  strutture  dell'edificio  .Qui  si  fuoriesce    dall'ambito     strettamente  politico, per  coinvolgere direttamente  il  testo  della   Costituzione  vigente  , la  sua    interpretazione   , la    modificazione  delle  sue stesse  strutture anche  attraverso   le   regole  elettorali.


3-Il contesto  di  lungo  e  di  medio  periodo-Si  potrebbe dire  che  non   c'è  nulla  di  nuovo   e  che  si  tratta  di  un  ulteriore  capitolo  della  transizione   infinita  che   investe  l'Italia  dalla  fine  degli  anni  Sessanta   e  che  ha  avuto  il  suo  primo  capitolo    incisivo   al  di  fuori  del  quadro    politico-istituzionale  tradizionale    all'inizio  degli  anni  Novanta .  Dal  punto   di  vista  storico  si  potrebbe  affermare    che  ci  si  trova  davanti  alla  persistenza  di  una  tendenza   di  lungo  periodo  della  critica  al  cosiddetto  parlamentarismo ,con   l'aspirazione  alla  formazione  del  partito  democratico  e  a  quello  conservatore sulla  base   dell'esempio  di  altri  ordinamenti  democratici   (V.  Solmi  1924).
Una  simile  osservazione    non tiene  però  conto    che     il  quadro concreto     è  più  preoccupante      di  quanto  non  appaia , perchè  la  crisi  di  ristrutturazione   del  sistema  politico-costituzionale   viene  iterata    in  un  contesto  in  cui  gli  altri  ordinamenti  europei  di  democrazia  stabilizzata  hanno  risolto  i  loro    problemi   o  li  stanno  risolvendo  per  via  ordinaria  .  La   questione  italiana    è  ancora  impantanata    e   rischia  di    spazzare  anche  le  regole   costituzionali.  Il  completamento   della  transizione      prefigura  –  per  alcuni –  un  superamento    dell'assetto   politico-costituzionale  vigente   ed  evidenzia  la  cotraddizione  tra  chi  pensa  che   il  referendum  confermativo  fallito  dell'anno  scorso  abbia    rilegittimato     il  sistema   e  chi  invece    ripropone  una  strategia della  rottura  che   sostanzialmente    lo  delegittima .
E'  bene  ricordare   che  in  Italia    –  a  differenza  di  altri  ordinamenti  di   democrazia  stabilizzata (Giappone,  nuova  Zelanda)   –  nel  primo  lustro   degli   anni  Novanta  si   è  verificata  una  vera  e  propria  crisi  di  regime,  cui  si  è  connessa  una  riforma  elettorale    tendenzialmente  maggioritaria    . La  crisi   venne  provocata  da    elementi    strutturali   accentuati    dallo  strumento  istituzionale    referendario  .  Attraverso   l'utilizzazione    del   referendum  abrogativo   il   circolo  vizioso  dell'innovazione   istituzionale    venne    interrotto   ,  ma  la  rozzezza  dello  strumento   non   ha  favorito    nè  la  stabilità   nè  il  riallineamento  .  La  legge  elettorale     del  1993      si  è  inserita  in  un  panorama    istituzionale    derivante  dalla  convenzione  proporzionalistica  ,  modificando  da  un  lato   gli   equilibri  di  garanzia,  provocando   dall'altro     l'accentuazione  di   instabilità  funzionale  derivante  dal    bicameralismo  paritario .
Il  mancato  riallineamento  del  sistema  partitico ,  le  innovazioni    incoerenti   e    la  sfiducia   reciproca  hanno   portato   alla   approvazione  della nuova   legge   270   del  2005  , che  per  molti  versi   può  essere  definita  come  lo  strumento   tecnico   che  ha  transitato  l'ordinamento  dal    piano  della   elezione  a  quello  della    designazione.
E'  bene  riflettere  che, dopo  circa  tre  lustri,    l'ordinamento    costituzionale  italiano    pare  ancora   un  cantiere  confuso   ,  in   cui   alla  frammentazione    accentuata   si  affiancano    i  tentativi  di  aggregazione. Sarebbero   tutti  segni  tradizionali   di  una  crisi   di inefficienza  che    , nel  quadro   europeo  sufficientemente  stabilizzato,  potrebbe  far  durare   il    sistema  come  la   III    Repubblica ,  ma  le   impedirebbe  di  innovare .
In  questo   specifico  quadro  lo  strumento riproposto    per  rompere  il  circolo  vizioso  dell'innovazione    è  ancora  una  volta    il  referendum   abrogativo,alle  cui  origini    non  si pone  tanto   l'opera   di   Serio  Galeotti    ,  ma  quella  di  Marino  Bon  Valsassina,costituzionalista antisistema,    che  lo  considerava      nel  1966    “come  un'arma  assai  efficace    contro  la  partitocrazia”  ,  capace  di emancipare  il  suffragio  universale   dalla  “mortificante  e  spesso  aberrante  tutela    ”   dei   “ceti  partitanti”.
In  questo  contesto  il  referendum    elettorale  proposto    dal   Comitato  Guzzetta- Segni    tenta  di   rinnovare  la  spallata   del  1993   ,  ma  lo  fa  sostanzialmente  all'interno  del  sistema   dei  partiti  . I  referendum   proposti       uniscono    alla  brutalità  del  mezzo   un  senso   fortemente    ambiguo  :in  parte   sposano  infatti  il  classico   spirito  antipartitocratico  ,in  parte  invece    costituiscono  uno   strumento di  completamento  della  transizione     utilizzato   da  parte  di settori  del    ceto  politico  in  trasformazione  .



4- I  temi  in  discussione   e  i  soggetti  coinvolti – I  poli  della  discussione    sono -dunque-  numerosi   . Per  quanto     riguarda  natura   , funzioni  ed  evoluzione  del  sistema  elettorale ed  uso  del  referendum   faccio  riferimento     ad  alcuni   contributi  recenti     (v.  allegati)    e   non  mi  ripeto –  La  documentazione    sulla  dinamica    italiana   dello  strumento  referendario   è  recuperabile    sul  sito  www.parlalex.it .Certo   i  referendum  non  sono tutti  uguali ,  nè  la  giurisprudenza  della   Corte  costituzionale     è  sempre  stata  lineare  in    materia  .
Per  quanto  riguarda  il  primo  profilo  ,tra   i più  rilevanti  referendum   alcuni   hanno  riguardato     diritti   di  libertà, altri     hanno  coinvolto  direttamente    il  regime.  Nel  1978  il  referendum     per  l'abrogazione   del    finanziamento  pubblico   ai  partiti       venne  respinto   dal  56,4%  dei  votanti , nel  1993   i  voti   contrari  furono  solo  il  9,7% ,nel   2000  i  proponenti   non  riuscrono    invece   a  raggiungere    il  quorum    anche  se  il  71,1%  dei  votanti  si  dichiarò  favorevole.
Il   senso   politico   dei    referendum  2007   è  fortemente  antipartitocratico   e  la  previsione   –  in  una  situazione  in  cui   il   maggior   successo  editoriale  del  momento    è  il  volume  su  La  casta  di   Rizzo  e  Stella  –  è  che  il  risultato  sia    quasi  scontato   , come   sparare  sulla  Croce rossa.
Meno   scontato    è  invece l'esito  sotto  il  profilo  giuridico ,mentre    gli  effetti    a  me  paiono  travisati   da  un  duvergismo talebano,  che   caratterizza     alcuni  settori    del  mondo  politico  ed  intellettuale  italiano.
La  Corte  costituzionale      ha  cercato  di  mettere  ordine   nei  criteri    da  essa utilizzati    in  materia  referendaria sin  dalla   sent. 16  del  1978,  ma  non   ha  ancora  risolto  il  tema  strategico    del  limite  alla  manipolatività   dello  strumento ,anche  se    accenni  interessanti  possono  essere    recuperati  dagli  anni  Novanta  in  poi.
Sul   piano  specifico  dei  referendum  elettorali    a  me  sembra  che  la Corte    non  possa  rimanere inerte    di  fronte   al  continuo  ridisegno    delle  regole  e – sopratutto .-  che   essa  debba    iniziare  a  prendere  in  considerazione    anche  problemi  sostanziali   di  compatibilità  della  normativa  di  risulta   con  l'ordinamento  costituzionale.



5-I   quesiti  referendari  del  2007 – Mi  soffermo  dunque   sui  quesiti    referendari  del  2007 ,  su  cui  si  incentrerà  la  discussione  di  oggi .
I  quesiti  proposti  sono  tre  ed  investono  la  legge  270  del  2005 . E'  opportuno  concentrarsi     sui  primi   due  ,perchè  il  terzo  (nonostante   le  riserve  sul  suo  carattere  manipolativo) risulta meno  problematico,   tendendo  alla  abrogazione delle candidature multiple. Il 1° e il 2° quesito  si propongono  , infatti,    di  abrogare  il collegamento tra liste e la possibilità di attribuire il premio di maggioranza alle coalizioni di liste. Dalla   normativa  di  risulta ,derivante  dal    ritaglio referendario,     il premio di maggioranza viene    attribuito alla lista singola (escludendo  l'ipotesi   della coalizione di liste) che abbia ottenuto il maggior numero di seggi,mentre   per ottenere rappresentanza parlamentare le liste debbono comunque raggiungere un consenso del 4 % alla Camera e 8 % al Senato.
Ne  consegue    che  la lista più votata ottiene ,dunque,  il premio   di  maggioranza   previsto   (qualunque  sia  il  numero di  voti   dalla stessa) , mentre  le liste minori recuperano comunque una rappresentanza adeguata, purché superino lo sbarramento.A  detta  dei  promotori   il sistema elettorale risultante dal referendum   dovrebbe    spingere   gli attuali soggetti politici a   costituire   un unico raggruppamento,  nell'ambito  di  una prospettiva tendenzialmente bipartitica. La frammentazione si  dovrebbe    ridurre  drasticamente,così  come   la  litigiosità  infracoalizionale.
A  me  sembra    che  le  riserve  giuridiche  e  tecniche     sui  quesiti      proposti    siano    molteplici     ed  enunzio  le    principali .


5.1-In primo luogo non  si   è  sufficientemente  riflettuto   se   nel  testo  costituzionale   possano  rilevarsi   limiti     impliciti   alla   selettività   ed  alla  manipolatività  del  meccanismo  elettorale  rispetto  al  principio  di  eguaglianza      .  Questo   argomento   venne  approfondito    come    è  noto  in  maniera    funzionale  alla  polemica  degli  anni   Cinquanta  da  Carlo  Lavagna, il  quale  sviluppò  una  serie  di  ragionamenti  sistematici   .  Nel  periodo  successivo  agli  anni  Settanta  la  crisi  progressiva    della   “convenzione  proporzionalistica”    ha  eliminato  il  tabù    della  riforma  elettorale  ,ma  non  ha  contribuito    a  considerare  quali  siano   gli  standard    minimi  del   meccanismo  di  trasformazione  dei  voti  in  seggi  compatibili     con  i  supremi  del   nostro  ordinamento  .
 Lavagna  sostenne  ,  nella  temperie  del  1952-53 ,  che   le  leggi  elettorali  “in  quanto   leggi  ordinarie   di  rilevanza  costituzionale ,debbono  in  modo  particolarmente  rigoroso   adeguarsi  alla  Costituzione” (RTDP,1952,p.851).    Di  recente   Pizzorusso    ha  sostenuto  che   “la  materia  elettorale     non  è  esente   dall'inquadramento    in  base   ai  principi  generali   dell'ordinamento  giuridico ,ed  in  particolare   in  base  ai  principi  costituzionali”(Astrid)  .   E'  evidente  che  la  tesi  di  Lavagna   di  una  costituzionalizzazione  della  proiettività  del  sistema  elettorale  non   può  essere  assolutizzata  e  che  lo  stesso  Lavagna  e  più  decisamente  Mortati    avevano  nel  tempo  cambiato  posizione  .
 L'adozione    del  principio    maggioritario    è  dato  incontroverso  degli  ordinamenti  democratici   ,  ma  lo  stesso  non  può  espandersi  senza  limite.  Il  meccanismo  elettorale    può -infatti-  essere  forte  o  debole   sulla  base  della  selettività  della  combinazione  dei   fattori    che  lo  compongono  . E'  però  evidente     che   dubbi   sull'applicazione   di  meccanismi  forti  si  pongono   quando      il  principio  maggioritario  insito  nel  premio  venga     applicato  in  collegio  unico  nazionale  ,  per  di  più  nell'ambito    di   una   polverizzazione  della  rappresentanza  e   di  un  divieto  di  coalizione,in  favore    della  formazione   che   abbia   ottenuto  la  maggioranza  semplice   dei  voti .
In  merito  al  contemperamento   tra  esigenze  di  rappresentatività e   di   stabilità  ed  efficienza   a me  sembra   che   -senza   altro  commento    in  questa  sede-     molto  abbia  detto    -nell'ambito   di  quel  comune  tessuto  costituzionale  europeo –  la  giurisprudenza    del  Bundesverfassungsgericht   sulla  Sperrklausel     ,  in  una    faticosa    ma  fattiva  evoluzione    rispetto  a   quella   weimariana..


5.2-In  secondo  luogo la   previsione  che  il  premio di  maggioranza  venga  attribuito   senza  alcuna  soglia  inferiore  a  chi  abbia   la  maggioranza  relativa   evidenzia  un    premio    di  rilevanza    non  ragionevole . Nella     tradizione    legislativa   italiana  –  non  tenendo  conto   della   cosiddetta  legge  “truffa”  del  1953-      lo  stesso  art.84/bis art. 84-bis. della  Legge  Acerbo[ 18 Novembre 1923, n. 2444  (della “Acerbo”)  in  GU n. 283 del 03-12-1923]prevedeva  che   l'Ufficio centrale nazionale  procedesse  alla somma di tutti i voti ottenuti dalle singole liste in tutto il regno e   ,verificata quale fosse, la lista che avesse  raggiunto il venticinque per cento dei voti validi ed avesse   ottenuto il maggior numero di voti in tutto il Collegio nazionale, attribuisse ad essa i due terzi del numero totale dei deputati, cioè 356,proclamando  eletti, in ogni circoscrizione, tutti i candidati contenuti nella lista medesima secondo l'ordine dato dai voti di preferenza ottenuti.
La  stessa  legge   del   1923   prevedeva   che “nel caso in cui nessuna lista [avesse raggiunto] il venticinque per cento, si applica[va]no a tutte le liste, nel computo nazionale, le disposizioni stabilite nel n. 3 per le liste di minoranza.”  Il  che  vuol  dire  che  Giacomo  Acerbo  rischia  di  essere  considerato  più  garantista  di  quanto  chi  ha  prodotto      la  legislazione attuale   e   quella  di  eventuale   risulta .
5.3-In  terza   istanza  i  due     quesiti   principali    mi  sembra   possano  contrastare   con        gli  stessi  criteri    utilizzati    finora  dalla  Corte  per   dichiarare  ammissibili  i  referendum .  In  effetti  se   i  due    quesiti   sul premio   hanno  la  stessa  finalità ,    o  vengono  uniti    indissolubilmente (ma  ciò  non  sembra  possibile) ,  o  altrimenti   possono  portare  a  conseguenze   distorcenti  se  – al  limite-  uno  dovesse  essere  approvato  e  l'altro  no .


5.4-Tutto  questo  implica   che   la  Corte  non  può  disinteressarsi   degli  effetti   della  normativa  di  risulta.  dei  referendum  abrogativi  .Mi  domando   , in  sostanza    se  nel  giudizio   di  ammissibilità   la  Corte  non   debba  valutare   anche     se   con  i  questiti   proposti      non  vengano   vulnerati   principi  supremi    dell'ordinamento  costituzionale.
La  posizione  del  Comitato   promotore     su  questo   tema ,infatti,   non  convince  .  Esso  sostiene    che  se  il  meccanismo  risultante  dall'opera   manipolativo-ablativa     risulta  autoapplicativo     ,  la  Corte  non  può      che  dichiarare  ammissibile    il  quesito    , giustificando  ampiamente    la  posizione  di  Guzzetta  che   intende  trattare   direttamente  con  il  Presidente  del  Consiglio   sulla   eventuale  modifica  della  normativa   vigente.
Il  Comitato lascia  intendere   ,inoltre,     che  , sulla  base  dello  scopo  del  quesito   , il  referendum  possa  essere  trasferito     su  qualsivoglia  testo   la  rappresentanza  parlamentare     possa  adottare.
Ne  viene  fuori  un  vero   e  proprio  “incaprettamento”  del  sistema  da  parte  del  Comitato  promotore   .A  mio  avviso ,una  simile  posizione      rischia    di  essere     ideologica    e  pericolosa   ,  perchè  finisce  per   identificare      un  potere  senza  limiti ,dove  invece   il  Comitato  e  lo  stesso   Corpo  elettorale   sono  vincolati   ai  sensi  dell'art.  1  Cost.   dalle  forme  e   dai  limiti  della  Costituzione  stessa  sulla  base  del  vaglio  operato  dall'organo  di  giurisdizione  costituzionale .
In  questa  prospettiva    le  competenze  della  Corte    non  sono  soltanto  quelle   di  verificare    l'ammissibilità  formale    dei  quesiti    ,  ma  la  loro  rispondenza   sostanziale  ai  principi  ed  ai  valori  costituzionali .A  me  sembra   -dunque-   che  un  meccanismo       come  quello  proposto    rischia   -dal  punto  di  vista  teorico-   di  vulnerare :    in  primo  luogo    il  principio  di eguaglianza    ;  in  secondo    quello  di  ragionevolezza   attribuendo  un  premio    eccessivo   a  chi  ottenga   una  qualsivoglia  maggioranza  relativa  dei  voti.
Tutto  questo  senza    prendere  in  considerazione      che  il  meccanismo  prospettato   rischia  di    aggravare  le  possibilità  di   ingovernabilità : a-  per  l'incremento   della   differenziazione    delle  maggioranze   tra le  due  Camere ;b-  per  la    labilità  delle  eventuali  aggregazioni  che    vengono  prospettate  come   fine   della  bipartiticizzazione  elettorale.
Un  opportuno  intervento   della  Corte     potrebbe   ,dunque,    sanare     problemi   plurimi  che   affliggono     la  legge    elettorale  vigente(  Val  d'Aosta;  premio  differenziato  tra   Camera  e  Senato).
6-Conclusioni- Riassumo  la  sostanza  della  contrapposizione  tra  i  sostenitori  dei  quesiti     e  chi  parla   .


 


In   sintesi:
• lo  strumento   referendario     è   –  a  mio  avviso  –   incapace  di  innovare    razionalmente   su  argomenti   così  complessi  come  il  tema  elettorale
• le  condizioni  socio-politiche    che  giustificano   l'utilizzazione   di  meccanismi  così  brutali  quali  quello  di  un  premio  nazionale   senza   quota  limite  inferiore sono  inesistenti    ;
• lo  stesso  strumento  proposto     è  inadeguato   al  raggiungimento  delle  finalità  proposte    e  più  che   essere  sistemico    si  dimostra  solo   un tentativo  di  riaggregazione  delle  aree .La  riaggregazione in  questione  avverrebbe   solo  a  livello  elettorale  ,  mentre  la  frammentazione   non  potrebbe  essere  evitata    a  livello  parlamentare   poichè  la   semplificazione ,    avvenuta      a  livello  di  liste      sulla  base    di  contrattazioni ,sarebbe  estremamente  volatile.
• l'eventuale  sottoposizione   al  Corpo  elettorale   di  due   quesiti    omogenei  per  le  finalità    ,  ma  distinti      nella   votazione   potrebbe  comportare      il  teorico  pericolo  di  una  contraddizione  tra  gli  stessi con  l'approvazione  di  uno  e  la  reiezione  dell'altro ;
•      nella  frammentazione     elettorale  esistente  il  rischio  teorico  che   il  premio  assuma  caratteri  irragionevoli  è  presente ,vulnerando   il  principio  di  uguaglianza ;
•    la  Corte  costituzionale    nell'ambito  del  giudizio  di ammissibilità    può  fare  riferimento    ai  principi  supremi  dell'ordinamento  costituzionale     che   verrebbero    violati;
• risulta  inconsistente  l'affermazione    che  una  simile  eventualità   esiste    nella  legge  vigente   ,  poichè   la  Corte    ne  prenderebbe   atto    solo  nel  corso    del  giudizio  di ammissibilità ;
•     qualora  la  dichiarazione    di  inammissibilità  si     riferisce  al  problema  del   premio  ,  la  Corte    potrebbe    non  soltanto  esprimere  un  monito   per  la modifica  della  legge  ,  ma  anche  considerare  che    il  premio    possa  essere     ragionevole  dopo  una  determinata  soglia;
• volendo  essere   consequenziale  la  Corte  potrebbe    pervenire   alla stessa ablazione  del  premio   , considerando    lo  stesso  incostituzionale  .

      Questa voce è stata pubblicata in: Parlalex, SCRITTI RECENTI il 08/08/2020 Contrassegna il Permalink.