(Palermo – 29 ottobre 2007) [1]
di
Fulco Lanchester
1-Il Seminario interistituzionale di domani prende l’occasione dalla presentazione odierna del Rapporto sulla legislazione 2007 tra Stato ,regione e Unione europea per discutere di un tema caldo quale quello de La riforma delle Assemblee regionali con l ‘obbiettivo esplicito di favorire “una collettiva presa di posizione dei Presidenti [ delle Assemblee regionali] sui metodi utili ad avviare una discussione su II nuovi rapporti con gli esecutivi per migliorare : trasparenza , responsabilità e risultati “ .
Dico subito che sono felice di poter parlare oggi sul Rapporto e non sulla parte più scivolosa e problematica che verrà affrontata domani in relazione a Il rapporto tra assemblee regionali ed esecutivi. L’argomento di domani implica l’esame delle relazioni tra organi sul piano sub-nazionale, ma anche quello tra assemblee regionali e organi costituzionali nazionali, in un coacervo tematico difficile da districare in una situazione confusa come quella attuale .Il dibattito ,nonostante l’intensità ed il livello dei soggetti coinvolti dà l’impressione di essere incapace di superare la fase meramente comunicativa per arrivare a quella attuativa .
Meglio dunque parlare del Rapporto (o meglio dei Rapporti), anche se l’argomento escluso dalla porta rientrerà necessariamente dalla finestra . Lo stato delle cosiddette innovazioni istituzionali è – infatti – strettamente connesso con la dinamica della crisi di riallineamento del sistema partitico, che è molto evidente anche nel rapporto di quest’anno , ma soprattutto nell’analisi sequenziale dei Rapporti dal 1998 .
Le mie brevi osservazioni saranno ,prima, di carattere generale, poi più specifiche sia sotto il profilo formale che sostanziale .
2-L’osservazione generale è che i Rapporti e queste riunioni costituiscono un contributo di grande importanza non soltanto per verificare lo stato dell’arte , ma soprattutto per conformare in maniera anche pragmatica i comportamenti sistemici dei soggetti coinvolti , in maniera da coordinare i vari piani istituzionali coinvolti al di là delle difficoltà generali del sistema politico-istituzionale.
3-In maniera sintetica, il Rapporto 2007 può essere giudicato,invece, sia dal punto di vista formale che sostanziale .
3.1-Dal punto di vista formale -Il Rapporto sulla legislazione 2007 appare come uno strumento stabilizzato , ma sempre più analitico dal punto di vista delle dimensioni in pagine.
Si tratta infatti di un’opera al suo nono anno di vita che possiede cinque caratteristiche precise :
a- rappresenta un ‘ attività oramai istituzionalizzata ;
b- possiede dimensioni sempre maggiori rispetto al primo lustro e dal 2002 si è ormai sostanzialmente stabilizzata (1998:89; 1999:186;2000:204; 2001:309;2002:481;2003:558,2004-5:481;2006:I-118;II-415;2007:487);
c- coinvolge progressivamente sia i servizi interni delle Camere , sia istituzioni di ricerca esterni;
d- prospetta una collaborazione sempre più intensa delle assemblee parlamentari nazionali a livello europeo ;
e- fa assumere alle regioni ,prima oggetti lontani, un ruolo sempre maggiore nel tempo. Dal Rapporto 2000 si inizia a parlare ,infatti, anche di legislazione regionale . E’ ovvio il collegamento con la riforma del Titolo V . A questo punto entra in gioco il Centro di ricerca del CNR e poi l’anno successivo (2001) il gruppo fiorentino di Paolo Caretti .
3.2- Dal punto di vista della linea e dell’approccio i nove rapporti paiono essere uniti da un filo rosso volto ad analizzare il ruolo e la centralità del Parlamento nazionale e delle assemblee regionali all’interno delle trasformazioni istituzionali che hanno investito l’Italia e l’Europa nel passato decennio .
La distinzione tra ruolo e centralità sembra necessaria e vorrei – anche se in modo minimale – approfondirla.
a- Il ruolo delle Assemblee elettive nazionali italiane e di quelle regionali si connette con una disamina dei dati obiettivi relativi alla posizione orizzontale e verticale delle stesse ;
b- la centralità richiama , invece , una progettualità che nel tempo ha assunto tonalità differenti soprattutto per quanto riguarda il contesto italiano.
a.1-Il problema di quale sia il ruolo delle Assemblee elettive nazionali e regionali a livello politico – in un epoca in cui , come riconosce lo stesso rapporto , sono gli esecutivi che assumono un plusvalore posizionale di rappresentanza e di indirizzo – è evidentemente fondamentale .Noto che la forma di governo regionale ha subito dal 1995 in poi delle modifiche molto più incisive di quella nazionale , cosicché gli esecutivi regionali schiacciano in misura maggiore i rispettivi legislativi.
E’ in gioco infatti la stessa forma di Stato di democrazia pluralista se il raccordo Popolo-Corpo elettorale – rappresentanza politica elettiva viene ridotto e spezzettato dalla moltiplicazione dei livelli e dall’esclusione .Le affermazioni operate sul Corriere della sera del 28 ottobre u.s. da Eric Hobsbawm in un articolo dal titolo Se il mercato uccide la democrazia ,individuano solo un corno della crisi dello Stato nazionale e della rappresentanza elettiva . Lo Stato nazionale accentrato tradizionale è in crisi nel mondo globalizzato , ma lo è particolarmente negli ordinamenti delle aree integrate europee per i fenomeni di devoluzione di poteri e competenze verso l’alto e verso il basso .
Osservo che pare soprattutto in crisi la rappresentanza elettiva collegiale in favore di quella individuale e personalizzata . Ricordo che la rappresentanza in campo politico può formarsi – secondo la dottrina classica – o attraverso l’elezione di un collegio o di un singolo e che , negli ordinamenti democratici di massa- le tendenze plebiscitarie vengono rafforzate dall’inesistenza di sistemi di partito strutturati a livello nazionale che possano fare da contrappeso. Una simile situazione ,su cui non mi soffermo ma che è in linea con le riflessioni del Rapporto , è riportabile anche sul piano regionale, mentre le soluzioni si pongono nell’ambito di un rafforzamento incisivo della funzione di proposizione e di controllo.
In questa prospettiva mi sembra che il rapporto offra a tutti noi degli strumenti di riflessione preziosi e suggerisca elementi di proceduralizzazione per la funzione di coordinamento che le Assemblee nazionali devono operare nell’ambito del processo di integrazione europeo e di devoluzione a livello subnazionale . Ma è anche evidente che questi suggerimenti costituiscono elementi che non possono sostituire il momento del raccordo politico che i partiti politici operano sia a livello di società civile che di istituzioni . Né d’altra parte mi sembra possibile affrontare in questa sede il nodo della forma di governo regionale , che alcuni vorrebbero riformare, modificando il rapporto assemblea – esecutivo . Faccio notare che ,di fronte alla proposta di modifica del simul stabunt , simul cadent , propendo per un più drastico riconoscimento dei differenti ruoli degli organi regionali e con la cesura di ogni tipo di rapporto fiduciario che li leghi .
b.1-La centralità delle Assemblee elettive nazionali e regionali a me sembra possa essere interpretata solo nella versione del coordinamento, argomento su cui proprio alcuni mesi fa pregai il Presidente Violante di riflettere nel corso della lectio magistralis che ha inaugurato il Master in Istituzioni parlamentari europee e storia costituzionale che dirigo a “La Sapienza” di Roma . Non più centralità come rete delle assemblee elettive che trovano ne parlamenti nazionali il punto di decisione principale (piramide) , ma il coordinamento delle decisioni attraverso la proceduralizzazione delle stesse in un sistema a rete a livello europeo .
In sostanza lo schema a rete che viene tanto evidenziato deve essere inserito nella prospettiva dell’art. 114 della Cost. ,che vede nel Parlamento nazionale un nodo strategico della struttura della Repubblica , ma obbliga lo stesso a coordinarsi con altri soggetti istituzionali sia a livello orizzontale che verticale .
In proposito le concezioni che della rete si hanno possono essere molto differenti . Non mi sembra possibile accettare l’idea di una rete senza differenziazioni sulla base di una gerarchia dei nodi che la compongono evidenziando i rispettivi ruoli .
Le competenze non soltanto sono differenziate e vedono – anche nell’ambito del principio di sussidiarietà- differenti ruoli ,ma soprattutto ogni sistema deve mantenere una coerenza interna rispetto ai vincoli che gli sono posti .Lo schema a piramide individua un piano preciso di facile individuazione nel livello nazionale ; quello a rete individua una pluralità di nodi , ma alcuni di questi sono regolatori principali , altri secondari dei flussi.
Proprio in questa dimensione ,a mio avviso il Rapporto concentra opportunamente la propria attenzione sulla attuazione delle disposizioni di cui all’art. 119 Cost. . E’ evidente che in questa prospettiva il coordinamento diventa imprescindibile , poiché l’autonomia finanziaria si scontra con vincoli di risorse che non possono essere elusi . La sent. 31-2006 evidenzia nella leale collaborazione che deve presiedere a tutti i rapporti che intercorrono tra Stato e Regioni un principio elastico ed adattabile , “idoneo a regolare in modo dinamico i rapporti in questione, attenuando i dualismi ed evitando eccessivi irrigidimenti” ,e nel sistema delle Conferenze Stato-Regioni e autonomie locali il luogo di raccordo e di confronto tra i due grandi sistemi ordinamentali della Repubblica.
In una simile prospettiva vengono anche proposte regole di proceduralizzazione che paiono come il massimo sforzo fornito dagli apparati per omogeneizzare ed incanalare comportamenti , che la crisi del sistema politico-istituzionale ed in particolare del sistema partitico e del ceto che lo rappresenta, rende certamente difficoltoso.
[1] Intervento all’Incontro interistuzionale in occasione della presentazione del rapporto 2007 sulla legislazione tra Stato , regioni e Unione europea – La riforma delle Assemblee regionali ,Palermo ,29-30 Ottobre 2007