Tecnici e democrazia
di
Fulco Lanchester
Sommario: 1-Premessa-2-L’antefatto-3-Il commissariamento del “politico-partitico”- 4-Gli sviluppi -5-I precedenti tra Union sacré,grande coalizione e Burgerfrieden- 6-Le difficoltà degli esecutivi italiani :confronti con altri esecutivi 6-I dati di fatto contemporanei-7-La soluzione degli Stati Uniti d’Europa per superare la governance e ritornare al government
1-Premessa- La questione del rapporto tra tecnici e politici e tra tecnici e democrazia non è certo nuova. Si tratta di un argomento che, nel tempo e nei suoi aspetti più generali, si può far risalire alla sofocrazia di Platone alla Nuova Atlantide di Bacone, per non parlare -nell’ambito delle società industriali- di Saint Simon, di Comte fino ad arrivare alle posizioni di Thorstein Veblen e del movimento tecnocratico statunitense[Fisichella; Portinaro]. La crisi economica recente l’ha riportato alla nostra attenzione in una dimensione globale, perchè applicato alla situazione dell’Unione europea, dove la governance tecnoburocratica ha messo da parte il government, fondato sulla legittimazione diretta del consenso popolare[Meynaud,Ferrarese].
Il cosiddetto regime tecnocratico ha molte sfaccettature e le variegate radici di cui si è accennato, ma è opportuno avvertire che una linea presente nell’Europa continentale e non sufficientemente considerata è rappresentata dallo Stato amministrativo, che si connette con le scienze camerali [Schiera;Lanchester] ed è connessa all’ideologia dello Stato amministrativo in cui si tende a sterilizzare la rappresentanza degli interessi della società civile e politica rappresentati da partiti e gruppi di pressione con l’azione, apparentemente asettica, degli apparati burocratici.
A scanso di equivoci , dal punto di vista concettuale dico subito che il sostantivo maschile tecnico individua una “persona che ha particolare competenza in un’arte, o scienza, o disciplina, o attività, soprattutto nelle sue applicazioni pratiche”. In senso generico il tecnico è , dunque, uno specialista; in senso specifico , applicato al fenomeno “minoritario”, il tecnico è, invece, una persona che nella sua specializzazione primeggia per preparazione e successo e quindi, paretianamente, fa parte dell’élite sociale e della classe dirigente di un ordinamento. In questa dimensione anche il politico, inteso come persona che prende parte attiva al governo e all’amministrazione della cosa pubblica, deve essere considerato un tecnico, poiché la politicità, come attività in cui si distribuiscono autoritativamente i valori, è un Beruf (professione o vocazione) che, nella divisione del lavoro moderno, richiede una specializzazione specifica nel perimetro della ricerca del consenso e della soluzione di problemi politici[Weber].
Ciò che differenzia la figura del politico dagli altri tecnici è il tipo di legittimazione prevalente: il primo è una persona che esplica la sua azione fondandola sul consenso medio che riesce ad ottenere nell’attività specifica di distribuzione autoritativa dei valori. I tecnici in senso stretto basano la legittimità e la legittimazione della loro attività attraverso l’opportuna sapienza nel settore di loro competenza. Negli ordinamenti non liberal-democratici alla base dell’obbligo politico si pone una persona fisica che legittima in maniera immanentistica o noumenica l’azione politica, supportata- a seconda dello sviluppo della divisione del lavoro- dall’attività di esperti nei vari rami di specializzazione del politico. La forma di regime liberale e democratica impone, invece, che il ceto politico-parte specifica della classe dirigente- sia invece composta da individui legittimati dal voto popolare. Ciò vale anche in ordinamenti in cui i fenomeni di investitura popolare si concentrino su un leader, che risponde dell’eventuale scelta di tecnici suoi collaboratori.
Nell’ambito dell’attività collegata alla politicità esistono, quindi, tecnici connessi con l’apparato burocratico, con il sistema produttivo pubblico , con la difesa (interna e esterna), con il settore sanitario, dell’istruzione, del consenso, ecc. e tecnici del politico, che – a seconda della forma di Stato e di regime coordinano le attività specifiche in vista del prefigurazione ed attuazione dell’indirizzo politico dell’ordinamento.
In particolare nelle società democratiche di massa, “il politico” (inteso come professionista del lavoro politico) basa la sua legittimazione sul consenso, mentre l’articolazione, la riduzione e la trasmissione della domanda politica viene da lui operata principalmente attraverso i partiti politici, organizzazioni con grado di strutturazione molto diversificata, espressione delle fratture della società civile e politica e luogo privilegiato di produzione di ceto politico[Bartolini].
Anche se può sembrare assiologico, in una società di massa- al di là della variegata natura degli strumenti di trasmissione della domanda e dello stadio tecnologico della società presa in considerazione, la carenza di una sistema di partiti politici strutturati a livello nazionale o la presenza di formazioni antisistema e antiregime può provocare fenomeni di plebiscitarismo o di implosione delle strutture rappresentative democratiche.
In questa prospettiva la polemica nei confronti del politico – partitico, derivante dalla sua supposta dipendenza dagli interessi concreti, si connette con la critica industrialista e scientista, che gli imputano genericismo ed inefficienza , da un lato, e ,dall’altro, con la nostalgia per la monarchia costituzionale pura, dove il sovrano con i suoi funzionari(tecnici) sono estranei agli interessi e vocati al funzionamento della macchina.
La mia tesi è che, nell’attuale situazione, non sono tanto rilevanti i tecnici ( la cui selezione si connette con la produzione di una efficiente classe dirigente all’interno del sociale), ma soprattutto la difficoltà in cui versano i tradizionali ordinamenti democratici nel corso di una riqualificazione dei rapporti geopolitici e nella chiusura di un ciclo plurisecolare che caratterizza le società dell’asse atlantico coinvolgendo sia lo Stato sociale che la democrazia rappresentativa.
In questo specifico ambito, la difficoltà del politico-partitico e l’incapacità – dopo la crisi del 1992-93, di operare un opportuno riallineamento del sistema dei partiti, che dal più pesante e strutturato d’Europa e divenuto in Italia leggero e di tipo plebiscitario, non deve far dimenticare che i tecnici in politica hanno sempre avuto molta importanza. La crisi italiana è specificamente un problema di classe dirigente, di cui il ceto politico – partitico costituisce un settore rilevante e significativo.
Gli apparati burocratici e gli esperti sono sempre stati molto utilizzati in Italia, ma, mentre nella prima fase della Costituzione repubblicana, ad un certo punto essi venivano cooptati dai canali partitici e la continuità sistemica era rappresentata – nella stessa instabilità governativa- dai politici (penso alla figura di Andreotti, ma anche a quella di Fanfani, Moro, Medici ecc.), dal 1993 sono i tecnici dei gabinetti ministeriali che hanno rappresentato l’ossatura di continuità del politico maggioritario, supportato da Mattarellum e Porcellum.
Negli anni Sessanta Giuseppe Guarino aveva messo in evidenza il ruolo dei “tecnici politicamente rilevanti”[Guarino,1962]. Si trattava di tecnici selezionati attraverso i canali dello Stato dei partiti e collegati con un rapporto fiduciario con il settore delle partecipazioni statali, che controllava circa il 70% dell’intero sistema produttivo. Oggi, di fronte alla crisi economica, come già accadde, ma vedremo meno platealmente negli anni ’90, i cosiddetti tecnici( selezionati sulla base di differenti elementi che vanno dalla espressione di competenza, alla rappresentanza di settori della società civile, della burocrazia e degli stessi stakeholders esteri, tra cui l’UE,il FMI,il WTO,ecc.) sono apparsi in prima linea, certificando la crisi del politico-partitico, che invece si sta liquefacendo, ma che è, nonostante tutto, sempre in posizione rilevante seppur delegittimato.
Il problema è che il congelamento del politico-partitico da parte del politico tecnico non può che essere temporaneo a livello nazionale( l’imminenza della scadenza elettorale pone il problema della trasformazione dello stesso tecnico – politico), mentre non è più lungo sopportabile per la forma di Stato e di regime una situazione in cui la tecnoburocrazia europea ed internazionale gestisca la governance senza government.
Prima di suggerire alcune prospettive di inversione di tendenza, è bene andare per gradi e vedere cosa sia successo nel nostro ordinamento, per poi verificare cosa sia accaduto in altri paesi recentemente, trovando conferma delle ragioni e dei pericoli nell’ambito di una democrazia pluralista.
2-L’antefatto -Dopo una lunga agonia il IV Governo presieduto da Silvio Berlusconi , frutto di una maggioranza elettorale rilevante e costituitosi l’8 maggio 2008, si dimette il 12 novembre 2011, dopo l'approvazione della legge di stabilità [L. 12/11/2011, n. 183, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2012);Legge 12/11/2011, n. 184 Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2012 e bilancio pluriennale per il triennio 2012-2014.]. Il suo successore Mario Monti, Presidente della Università Bocconi, già commissario europeo, era stato nominato senatore a vita il 9 novembre[ D.P.R. 09/11/2011] e diviene Presidente del Consiglio di una formazione tecnica il 16 dello stesso mese[D.P.R. 16/11/2011]. Dalla stessa vengono ufficialmente esclusi tutte le personalità aventi un carattere partitico(ad es. Giuliano Amato e Gianni Letta). Si costituisce quindi una formazione “tecnico-politica” che sostituisce la normalità “politico-partitica”, dopo un periodo di crisi che durava in maniera conclamata da perlomeno un dodici mesi . Già l'anno precedente, infatti, si era incrinata ufficialmente la compattezza della coalizione berlusconiana con l'uscita della componente finiana dal PDL( o meglio con la sua espulsione :ricordo lo scontro in cui Fini interruppe Berlusconi dichiarando: Che vuoi fare, Mi cacci?). Tra il luglio ed agosto la tensione interna al PDL si concluse ,infatti, con l'espulsione di Fini e con la costituzione di una nuova formazione ( Futuro e Libertà per l'Italia, FLI), che nel novembre del 2010 ritirò la propria delegazione dal Governo Berlusconi. La crisi venne scientemente raffreddata dal Capo dello Stato per un mese sulla base di esigenze di stabilità e nel dicembre la “compravendita” di parlamentari fornì al Governo Berlusconi una nuova base parlamentare per rispondere con successo alla mozione di sfiducia presentata il mese precedente.
Nel periodo successivo il peggioramento della situazione economica venne certificato dall'invito del Governatore della Banca d'Italia Draghi[Considerazioni finali del maggio 2011] a “tornare alla crescita”, mentre nell'Agosto successivo, dopo un luglio caratterizzato dall'incapacità di operare, lo spread BTP-Bund si impennò da 215 del 24 giugno ai 333 di fine luglio, ai 388 del settembre per arrivare ai 533 del 9 novembre 2011. La medicina prospettata dalla BCE in una lettera del 4 agosto, palesemente scritta in Italia( si ipotizzò che l’avesse scritta proprio Draghi), portò -dopo circa 90 giorni di agonia alla scelta del Governo tecnico, volta a ridurre la sfiducia palese nei confronti del Governo Berlusconi.
In questo quadro si pose il problema di evitare il ricorso anticipato alle urne(come successivamente farà la Spagna di Zapatero) e di far durare il Governo fino alla fine della legislatura, prospettando alle forze della cosiddetta coalizione ABC (Alfano, Bersani, Casini), che lo sostengono, una road map che dal punto di vista istituzionale attribuito al Parlamento partiva dalla legge di attuazione dell'art. 49, passava per la riforma del finanziamento – rimborso delle spese elettorali, toccava le innovazioni costituzionali della seconda parte della Costituzione per arrivare al vero nodo quello della riforma del cosiddetto porcellum, mentre al Governo era attribuito il compito di dare applicazione alle riforme sociali e strutturali volute dall’Europa e dai mercati.
3-Il commissariamento del “politico-partitico”- Questa situazione, che ha visto il ruolo determinante del Capo dello Stato, possiede indubbie peculiarità, ma si inquadra in una situazione di difficoltà che ha coinvolto altri ordinamenti europei, soprattutto dell’Europa meridionale. In questa sede è importante vedere che cosa sia capitato dal dicembre 2010 agli altri ordinamenti della cosiddetta area piigs(Portogallo,Italia,Irlanda,Grecia,Spagna), tutti coinvolti nella crisi finanziaria del debito sovrano che ha seguito lo scoppio della crisi delle banche del 2008.
Faccio notare che proprio nel dicembre 2010 erano scoppiati i primi episodi della cosiddetta “rivoluzione dei gelsomini in Tunisia, che porteranno alla primavera araba e i cui elementi fondamentali sono la disoccupazione giovanile,crisi economica e corruzione[Noueihed-Warren].
a-PortogalloLa difficoltà della situazione economica aveva suggerito al Portogallo,che aveva richiesto per la terza volta aiuto alle organizzazioni internazionali, di andare al voto anticipato(le precedenti consultazioni si erano tenute nel 2009) .Le elezioni legislative portoghesi del 2011,tenutesi il 5 giugno, hanno visto il successo del Partito Social Democratico di Pedro Passos Coelho, che è divenuto Primo Ministro in coalizione col CDS-PP,sostituendo il Partito socialista.
b-Irlanda-In Irlanda il Fine Gael havinto le elezioni nel 2011 e Enda Kenny è divenuta Primo ministro in seguito all'accordo con il Partito Laburista, sostituendo il Fianna Fail precipitato a 20 seggi.
c-Spagna-In Spagna il Governo Zapatero si è , come detto, dimesso in anticipo e le elezioni politiche generale si sono tenute sei mesi prima della scadenza naturale della legislatura.
d-Grecia-In Grecia era stato lo stesso presidente George Papandreou, alla fine del 2009, subito dopo le elezioni a dichiarare il rischio di bancarotta del Paese. Nonostante nel maggio 2010 fosse stato definito un pacchetto di 110 miliardi di euro di aiuti in 3 anni, da parte dei paesi della zona euro il tasso di disoccupazione in Grecia, nel febbraio 2011, aveva raggiunto il 15,9%.Nel settembre il governo ellenico si vide costretto ad imporre una drammatica manovra che prevedeva un ulteriore taglio alle pensioni, la messa in mobilità di 30.000 dipendenti statali già dal 2011 e il prolungamento della precedente tassa sugli immobili fino al 2014. A questo punto si costituisce la cosiddetta troika formata da FMI, BCE ed UE, che riesce a convincere la Germania ad attivare il fondo salva-stati al fine di garantire alla Grecia ulteriore ossigeno economico. Nel corsodelle trattative il governo Papandreou tenta di sottoporre a referendum il piano di salvataggio, ma la minaccia da parte dell'Europa di sospendere gli aiuti economici lo costringe a recedere e ad annunziare le sue dimissioni. Si passa ad un governo di unità nazionale guidato da Lucas Papademos, con le elezioni politiche pianificate per aprile 2012, che non hanno dato risultati .Nel maggio 2012, in piena fase elettorale e con un crescente sentimento antipolitico nella comunità politica, l'uscita dall'euro della Grecia viene data sempre più probabile e l'agenzia Fitch giunge a sostenere che tale evento non sarebbe fatale per la moneta unica. L’incapacità dei partiti di formare un governo di coalizione, rimanda il tutto a nuove elezioni per giugno e causa nuova sfiducia, con abbassamento del rating da parte dell'agenzia Fitch a CCC (sostanziale rischio di credito) e ad un'enorme fuga di capitali.
4-Gli sviluppi-In Italia sul Corriere della sera (7 luglio 2012) Francesco Verderami ha messo recentemente in evidenza come la liquefazione del sistema partitico della seconda fase della Costituzione repubblicana renderebbe impossibile la gestione dei sacrifici derivante dalla crisi economica da parte di una maggioranza risicata delle prossime elezioni generali politiche. La grande coalizione sarebbe, quindi, una necessità, soprattutto per rassicurare i mercati. A differenza di ciò che è capitato in Germania ed in altre democrazie stabilizzate dove la grande coalizione è un’evenienza dopo il conflitto elettorale acceso tra forze legittimate, qui la prospettiva proposta è quella della coalizione preventiva ovvero della coalizione di emergenza sullo schema dell’union sacré o del Burgerfrieden. Questa era però la prospettiva inplicita dello scorso novembre. Oggi lo stesso Monti parla esplicitamente di tre elementi che aggravano la crisi: le insufficienze della governance europea; l’ indecisione specifica sullo scudo europeo in difesa dell’euro; l’incertezza sul futuro politico italiano .
Si tratta di osservazioni che riguardano l’aspetto istituzionale e politico generale e particolare.
A circa un mese dalla riunione dell'Eurogruppo di giugno le decisioni che sembravano essere state prese in quella sede(vi ricordate le dichiarazioni di vittoria di alcuni) sono state vanificate.
La Spagna dovrà rispondere direttamente nel salvataggio delle proprie banche; il meccanismo salvaspread non esiste o meglio deve aspettare una decisione del Tribunale costituzionale federale a settembre ; le elezioni amministrative di aprile, che hanno evidenziato lo sciogliersi dei maggiori partiti rappresentati in parlamento, l’incremento del voto di protesta sia nella forma dell’astensionismo che di partiti che possono essere definiti antisistema. In una situazione simile è naturale che riaffiorino con violenza le incertezze che hanno portato alla fine del governo Berlusconi, con crescendo rossiniano iniziato con le osservazioni di BCE e Banca d’Italia del maggio giugno scorso, con le difficoltà del luglio agosto, con il profondo rosso dello spread dei mesi di ottobre -novembre fino alla ibernazione formale del politico-partitico in favore del politico tecnico .
L’idea della convergenza tra tutte le forze del sistema per prefigurare in anticipo una grande coalizione per la prossima legislatura che raffreddi l’incertezza dei mercati e della speculazione si sta indebolendo sulla base degli interessi divergenti dei protagonisti di un sistema partitico in liquefazione. In questo quadro il sistema politico costituzionale italiano ha fatto riferimento ad un‘inedita soluzione odontotecnica con la costruzione di una protesi governativa basata fondamentalmente sul pilone del Capo dello Stato.
L’avvicinarsi della scadenza elettorale per le Camere e di quella per il presidente della Repubblica stanno mettendo in sofferenza l’operazione tecnico politica. Il pilone balla( e il caso dell’intercettazione delle telefonate del Capo dello Stato da parte della Procura di Palermo e il conflitto di attribuzioni sollevato da Napolitano la dicono lunga sull’indebolimento del Quirinale.
Di qui con l’aggravarsi della crisi il rincorrersi di ipotesi ancora inconfessate di utilizzazione dell’ art. 60 della cost. (stato di guerra), oppure dell’art. 126 (sicurezza nazionale), con un impennata della crisi che prospetta situazioni liminari.
Sul piano tedesco la situazione non pare migliore. Apparentemente inattaccabile la Germania rischia di pagare più di tutti una destrutturazione dell’Eurozona e della prospettiva europea. Né si può dire che la performace europea della Germania sia adeguata alla bisogna. La Signora Merkel è da anni apparentemente indecisa a tutto. Il Cancelliere Schroeder nel 1005 riuscì ad impattare la contesa, ma la governance del sistema tedesco è divenuta- nonostante- la grosse Koalition sempre meno incisivo per la necessità di tenere conto di più piani di governo e per il costo che le decisioni da assumere rivelano possedere.
5-I precedenti tra Union sacré, grande coalizione e Burgerfrieden- Da quanto detto finora si evidenziano alcune assunzioni relative alla crisi italiana attuale:
1. in primo luogo non si tratta di una crisi isolata, ma di episodi che hanno coinvolto aree precise del mondo globalizzato e che hanno individuato l’incapacità delle classi dirigenti e dei ceti politici di riferimento di farvi fronte.
2. In secondo luogo in Italia non è stata accantonata la politica né dal punto di vista formale, né sostanziale, ma solo il politico-partitico, mentre la crisi ha ovviamente ridotto la capacità di scelta degli stakeholders .
3. Il Governo dal punto di vista costituzionale è una formazione pienamente legittima, costituita secondo tutti i crismi degli artt. 92 e 94 Cost. Il Presidente del Consiglio è un parlamentare(non lo erano ad esempio, invece, né Ciampi né Dini negli anni ’90),la fiducia gli è stata votata e la maggioranza parlamentare esiste anche se in maniera singolare nella versione ABC.
4. La peculiarità rispetto ai precedenti è che quello presieduto da Monti non può essere considerato né un governo balneare(come ad esempio i governi Leone I nel 1963 e Leone II nel 1968), né un governo amico, né un governo di affari o di amministrazione, né un governo di unità nazionale, né una grande coalizione. Si tratta, invece, di un governo di emergenza , ma non un governo simile all’union sacré della prima guerra mondiale in Francia o a quello britannico dei periodi bellici, perché in Francia dal Governo Viviani II in poi parteciparono al ministero anche i socialisti, mentre in Gran Bretagna sia nella prima che nella II guerra modiale vennero inclusi nei governi tutti i partiti(se si esclude quello neofascista di Mosley nel 1939). In realtà quello che si avvicina di più all’esperienza attuale, nelle differenze della forma di governo è il caso del Burgerfrieden in cui, dopo la concessione quasi unanime dei crediti di guerra da parte del Reichstag tedesco , Guglielmo II affermò il 4 agosto dopo la concessione dei crediti di guerra : Non riconosco più partiti, ma riconosco oramai solo tedeschi!“ Si trattava della certificazione di un governo di emergenza senza la partecipazione die partiti, esclusa –d’altro canto- dalla stessa RV del 1871, ma che dal 1917 si aperse alla coalizione di Weimar (Z,SPD,liberali progressisti)[Lanchester,1985].
5. Nel caso italiano il ruolo centrale nell’operazione è stato quello ricoperto dal Capo dello Stato e questo dice molto anche delle debolezze della soluzione che vede il Governo Monti reggersi essenzialmente sul pilone del Presidente della Repubblica (nonostante la presenza della pseudo- maggioranza ABC), anch’esso in scadenza, giustificando le tensioni che oramai si addensano sullo stesso in previsione delle duplici scadenze dell’anno prossimo.
6. Non si tratta di una tendenza nuova. Il dibattito sulla tecnocrazia ha origini illuministiche.Lo stesso Romagnosi aveva messo in evidenza che era preferibile vivere in un sistema non rappresentativo , ma tecnocratico ed efficiente. Si trattava di una posizione liminare collegata al principio del meccanismo(l’orologio) , che nell’epoca della restaurazione vede le posizioni di Saint Simon[Lanchester 2012] Era già stata messa in evidenza alla fine degli anni Cinquanta con la polemica sulla tecnoburocrazia e lo Stato amministrativo, che aveva al centro sia la crisi francese che quella italiana[Meynaud,Miglio], ma sopratutto la crescente influenza del MEC e della sua burocrazia. Già dagli anni Cinquanta si evidenziava una duplice tensione: da un lato la critica alla partitocrazia e la richiesta di una sua riduzione se non addirittura una ibernazione del politico partitico rispetto al tcnico che non sono sarebbe stato non inquinato, ma soratutto razionale; dall’altro la protesta contro lo spossessamento In questo sta la contraddizione tra politica europea e democrazia a livello nazionale . se sei fuori dai parametri di Maastricht (o sei in pericolo) non hai più speranza. Ma ciò contrasta con i paradigmi democratici della autodeterminazione e si connette con l’interdizione dai pubblici uffici del debitore. Chi non onora il debito non ha diritti. In questo caso il politico per il debitore( o il vinto) non esiste più, perchè l’autonomoa (anchese relativa del soggetto) è sostituita dal diktat della troika ovvero del triumvirato internazionale che monitora il debitore.. l’eccezionalità della situazione rinvia alla dittatura commissaria(esterna) ,escludendo l’autodeterminazione e implicando l’eterodirezione.
5-Le difficoltà degli esecutivi italiani:un confronto con altri ordinamenti
Se è vero che la crisi ha aspetti globali ed investe in particolare gli ordinamenti meridionali dell’UE, è,però, anche indubbio che il sistema italiano si è avvitato sin dalla fine degli anni Sessanta in una crisi che la classe dirigente ed il ceto politico non sono riusciti a risolvere in maniera efficace. Il problema del rendimento istituzionale italiano può essere sintetizzato da dati rozzi ma significativi per alcuni ordinamenti europei con esso comparabili.
Dall’entrata in vigore del Grundgesetz (1949) la Germania è stata condotta da 22 Governi e da 8 Cancellieri per 22952 giorni (dal 20 settembre 1949 al 23 luglio 2912): il che vuol dire che ogni formazione ministeriale in media è durata 1043 giorni ovvero 2,85 anni e che ogni Cancelliere ha presieduto il Gabinetto in media per 2869 giorni 7,86 anni. In più è da notare che tutti i governi dal 1949 in poi sono stati di coalizione, ma in due casi si sono verificare grandi coalizioni 1966-1969 e 2005-2009 .
Per quanto riguarda l‘Italia nel periodo 1946-2012 vi sono stati 61 Governi e 26 Presidenti del Consiglio per 24120 giorni 10 luglio 1946 al 23 luglio 2012: il che vuol dire che ogni Governo è durato per 395 giorni e che ogni Presidente del Consiglio ha presieduto per 927 ovvero 2,53 anni. Quindici dei 61 governi sono stati monocolore democristiano, ma hanno dovuto recuperare l’appoggio esterno di altre forze, gli altri sono stati di coalizione sia nel periodo costituente che in quello successivo della prima fase della Repubblica. Con la crisi di regime del 1992-92 vi sono stati governi tecnici (Ciampi e Dini) e poi dal novembre 2011 quello Monti. I governi tedeschi hanno avuto,dunque, una permanenza media in carica di 2,85 volte superiore rispetto a quelli italiani, mentre i Cancellieri 3,1 volte rispetto ai nostri Presidenti del Consiglio.
Se vogliamo avere un tertium comparationis classico lo possiamo assumere in Gran Bretagna che dal 1945 ad oggi è stata caratterizzata da 14 governi e 13 primo ministro con una durata rispettiva di 1746 giorni(4,8 anni per ciascun governo) per i governi e 1880( 5,1 anni per i primi ministri),tutte formazioni monopartitiche maggioritarie se si esclude il caso contemporaneo del Governo Cameron.
Aggiungo In Francia 35 governi dal 1959 (559 giorni di durata pari a 1,5 anni) con 18 primi ministri(1086 giorni di durata pari a 2,97 anni) e 7 presidenti della repubblica e tre periodi di coabitazione.
Questa è dunque la situazione di lungo periodo.C’è da chiedersi cosa sia successo negli stessi ordinamenti tra il 1992 e oggi. Si tratta di venti anni , che risultano significativi sia come periodo (Miglio),sia perché indicativi di una cesura storico politica. Nel periodo 28 giugno 1992 -23 luglio 2012 in Italia vi sono stati 13 governi e 7 presidenti del Consiglio per 7330 giorni. Il che vuol dire che nella seconda fase della Repubblica ogni Governo è durato in media 564 giorni( pari a 1,5 anni) ed ogni Presidente del Consiglio ha governato per 1047 giorni(pari a 2,9 anni); nell’arco di tempo tra il 18 gennaio 1991 e la stessa data del 2012 6 Governi e 3 Cancellieri in Germania per un totale di 7857 giorni che danno una durata per Governo di 1309( 3,6 anni) e per Cancelliere di 2619(ovvero 7,2 anni). Il che conferma che la fase successiva alla crisi di regime non ha significativamente incrementato la stabilità governativa del sistema Italia, perché la struttura delle coalizioni di governo ha evidenziato caratteri centrifughi e il sistema elettorale tendenzialmente maggioritario tra il 1994 e il 2001 e poi quello con premio di maggioranza hanno evidenziato sconnessioni dal 2006 (salvo nel 2001) nel bicameralismo perfetto.
Dal punto di vista politologico il tema della stabilità ,visto sotto profilo della durata dei governi, si connette con l’affidabilità degli ordinamenti per i mercati. Si tratta di una osservazione che il vecchio ministro delle finanze di Luigi XVI Necker aveva ben espresso e che lo stesso Romagnosi aveva ricordato ne La monarchia rappresentativa [Lanchester,2012].
Tab.1.1-Stabilità governativa dal II dopoguerra in alcuni ordinamenti europei
Ordinamenti n.governi durata in anni D in anni n.Premier Durata in anni
Italia (1946) 61 1,1 26 2,5
FranciaV(1958) 35 1,5 18 3
Germania(1949) 22 2,85 8 7,9
Gran Bretagna(1945) 14 4,8 13 5,1
Tab.1.2-Stabilità governativa dal 1990 al 2012in alcuni ordinamenti europei
Ordiamenti n.governi durata in anni Durata in anni n.Premier Durata in anni
Italia(1994) 13 1,5 7 2,9
Francia(1988) 17 1,4 10 2,4
Germania(1990) 6 3,6 3 7,2
Gran Bretagna(1990= 4 5,4 4 5,4
6-I dati di fatto contemporanei- L’analisi per acclarare la situazione storico spirituale contemporanea non può fermarsi a queste rozze constatazioni di fatto, che riportano la situazione ai peccati del debitore meridionale e cattolico, sulla base di una storia che ha visto nel secolo XX una fase in cui alcuni hanno utilizzato ciecamente la Schuldfrage e le riparazioni come arma di distruzione di massa cieca. Ciò che sta capitando in Europa rischia di farci ripetere errori precedenti e costosissimi.
Per evitare gli errori bisogna essere consapevoli,anche sulla base di una folta letteratura in materia[Arrighi,Pomeranz] che:
1. Siamo ad un punto di svolta in cui è in gioco la costruzione storica dello stato moderno come lo abbiamo finora vissuto;
2. Si sta riqualificando il modo di accumulazione capitalistico;
3. Si sta conseguentemente spostando l’asse geopolitico
a. che ancora nel XVI secolo era situato nel mediterraneo;
b. che poi si è spostato verso l’Atlantico
1. prima del sud;
2. poi del nord;
3. con prevalenza prima europea
4. poi USA,
c. che dagli anni 1990 gravita sul Pacifico
1. prima come asse nippo americano;
2. adesso come asse sino americano.
4. In questo quadro vengono messi in gioco i due elementi fondamentali del del modello istituzionale nato con lo Stato moderno e contemporaneo costituitisi processulamente negli ultimi 250 anni:
a. Lo Stato sociale europeo, messo in in forse dal nuovo di tipo di accumulazione;
b. La stessa democrazia rappresentativa.
La crisi dello Stato sociale europeo è dovuta alla riqualificazione dei rapporti geopolitici di lungo periodo. In un simile quadro bisogna fare riferimento alla storia per vedere nell'onda lunga della stessa le ragioni della dinamica complessiva e di quelle particolari.
In questa specifica dimensione a me sembra che siamo scomodi testimoni e solo in parte protagonisti della fine di un ciclo plurisecolare che ha portato prima alla formazione processuale dello Stato moderno, poi alla sua trasformazione nell'ambito dei processi di internazionalizzazione e globalizazione.
a-I dati di fatto di tipo macroeconomico sono conosciuti ormai da tempo e sono quelli evidenziati da MADDISON e pubblicizzati da GOLDMAN & SACS.
Da un lato si pone il tasso di incremento del PIL degli ordinamenti industriali avanzati europei e nord-americani,dall'altro quello delle potenze economiche emergenti(o emerse).
A questo si aggiunge che tra gli ordinamenti “emergenti” ve ne sono perlomeno due che, ancora due secoli fa , possedevano un ruolo molto rilevante nell'economia mondiale(India e Cina) e che oggi lo stanno riassumendo ,accompagnati da altri soggetti meno radicati nella storia economica mondiale.
In questo processo di espansione nello spazio e in profondità delle istituzioni statuali si è assistito:
1. alla formazione delle istituzioni statuali europee fino alla realizzazione dello Stato nazionale accentrato sulla base dello spostamento dell'asse gravitazionale dal mediterraneo a quello atlantico euro-americano;
2. alla esportazione del modello statualistico e industriale nello spazio con la conquista coloniale fino alla certificazione del peso preponderante statunitense nell'ambito dell'asse atlantico;
3. alla riqualificazione dei rapporti di forza geopolitici sin dai primi anni Settanta del secolo scorso, con la crisi dell'asse euro-americano(crisi del dollaro,del petrolio, emersione di nuovi soggetti e trasformazioni nei paesi ex-grandi(Cina-India);
4. al crollo del socialismo reale, allo spostamento dell'asse sul pacifico(anni Novanta :nippo-americano; anni Duemila: sino-americano), all' emersione Brics; all'insufficienza istituzionale e politica area integrata UE.
In questo specifico quadro ,sul piano europeo:
1. l'integrazione degli ordinamenti occidentali nacque in origine sulla spinta delle necessità di politica estera Usa, che la favorirono in funzione di barriera nei confronti dell'URSS. La previsione tocquivilliana della compressione bilaterale dell'Europa tra Usa e Russia veniva ripresa da Raymond Aron che vedeva nella prospettiva euro-americana la salvezza.Dagli anni Quaranta l'ipotesi dell'Europa federale venne portata avanti su simili presupposti, che si mantennero fino agli anni Ottanta(Atto Unico). E' a questo proposito significativo che l'Atto in questione sia stato assunto in connessione con la trattativa relativa agli euromissili e alla conseguente ed insostenibile pressione sull'URSS di Andropov e Gorbaciov.
2. Il successivo Trattato di Maastrich avvenne sulla base della spinta di inerzia degli anni Ottanta, ma in un quadro geopolitico differente.
3. Gli Usa divennero la potenza unipolare, ma senza egemonia;
4. la Germania si riunificò, riaffermando la propria sovranità e rinunziando al marco ia fini di ridurre le remore dei partner nei confronti di una primazia tedesca ;
5. L'allargamento dell’UE ad est significò la diluizione del progetto politico, mentre tutti gli indicatori sottolineavano il processo di riqualificazione dei rapporti geopolitici in favore dei paesi emergenti.
7-La soluzione degli Stati Uniti d’Europa-Una simile dinamica pone problemi per le stesse fondamenta degli ordinamenti democratico -sociali europei sia sotto il profilo dello Stato sociale, sia sotto quello della democrazia rappresentativa. Due secoli e mezzo di istituzioni rappresentative e di allargamento dei diritti sono oggi posti in forse dai nuovi assetti geopolitici. Non soltanto lo Stato sociale risulta messo in pericolo dai costi comparati di produzione di altri ordinamenti che non hanno un simile ombrello, ma è lo stesso modello di democrazia rappresentativa e partecipativa che viene messo in discussione.
E questo per due motivi:
a-da un lato per gli investitori internazionali(il capitale finanziario) gli orpelli della democrazia rappresentativa sociale, con gli artifici ed i ritardi che la caratterizzano ,appaiono poco sostenibili;
b- dall'altro perché modelli alternativi (burocratico partitici o meramente amministrativi) vengono considerati più efficienti.
In questa situazione valgono le aree continentali e le loro capacità di resistenza, per cui l’Europa risulta un colosso economico ed un nano politico.
L’unica salvezza per gli Stati dell’Unione europea è l’Europa. Si tratta di una verità lapalissiana, che ora risulta contestata dalle residue storie nazionali e dagli interessi geopolitici.
Fino a poco tempo fa parlare di tornare indietro veniva considerato sacrilego. Oggi invece si afferma anche su quotidiani tradizionalmente europeisti che “è inutile nascondersi la seduzione del ‘come tornare indietro’”(M.Nava, Una nordica insofferenza,in “Corriere della sera,18 agosto 2012),che viene supportato da analisi storiche “singolari”(v.l’intervista di Danilo Taino a Marcia Christoff Kurapovna in cui si afferma che l’Italia , nata nell’800 e di cui abbiamo celebrato l’anno scorso il 150° anniversario, sarebbe “un modello sbagliato” per l’inefficienza dello Stato centralizzato e che la soluzione sarebbe una divisione tra nord e sud per poi arrivare ad una segmentazione regionale,in Corriere della sera, 14 luglio 2012). . Una simile soluzione sarebbe applicabile ai paesi mediterranei e non invece a quelli nordici, mentre l’Europa dovrebbe rinunziare alla propria prospettiva politica. La prospettiva della Kurapovna era stata anticipata significativamente in un articolo pubblicato sul Wall Street Journal ,l’Autrice– mettendo in evidenza il modello delle città – stato — aveva anche sottolineato che The city-state model has not completely vanished in the modern day. Oligarchic free-market havens like Singapore and Hong Kong and the direct-democracy cantons of Switzerland are direct descendants(The Case for the City-State Ancient Greece and Renaissance Italy provide a model for economic dynamism that modern-day Europe could use,in WSJ,12-07-2012)..
Una simile analisi non è tanto interessante per la raffinatezza delle tesi, ma perché sposa le tendenze alla centrifugazone del nostro ordinamento e si connette con le tendenze internazionali all’indebolimento dell’Euro e della stessa forma di Stato di democrazia pluralista.
Un buon antidoto a posizioni ingenuamente volontaristiche o realisticamente pessimistiche è, però, guardare con gli occhi asciutti al passato, per cercare di identificare trend degli avvenimenti e le differenti opzioni per il futuro.. Alcuni dati significativi li fornisce Stefano Casertano nel confronto Germania – Italia[Casertano,2012], mettendo in evidenza come l’incubo di Weimar si sia trasferito a livello europeo e che la soluzione non può essere nazionale, ma sul piano continentale, per impedire la crisi societaria[Rusconi].
In breve. L’Europa si è indubbiamente costruita in modo processuale in due periodi:
il primo ha fruito della spinta derivante dalla paura sovietica;
il secondo sulla base della forza d’inerzia e dell’interesse economico.
Nel primo periodo la prospettiva funzionalista e lo scudo Usa hanno fatto progredire la costruzione; nel secondo l’unipolarismo Usa e lo spostamento dell’Asse dall’Atlantico al Pacifico precedentemente evidenziato si sono sovrapposti all’allargamento dell’UE ad est e alla riunificazione tedesca. L’ircocervo europeo si è apparentemente rinforzato con l’Euro, ma in realtà risulta indebolito con la divaricazione dell’Europa in un’area a due velocità.
I dati del periodo 1995-2011 per quanto riguarda il PIL pro capite sono, inoltre, stati sconfortanti:
Tab.2-GDP per capita in PPS(purchasing power standards)
1995 2011 Variaz.%
IT 121 101 -17%
D 129 120 – 7%
F 116 107 -8%
SP 91 99 +9
UK 113 108 – 4%
USA 159 148 – 7%
J 130 105 -19%
Eu15 116 110 -5%
Euro Area114 108 -5
EU27 100 100
Fonte:Eurostat(http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/table.do?tab=table&init=1&plugin=1&language=en&pcode=tec00114)
Da questa tabella si vede che il 17 anni il PIL pro capite italiano rispetto all’indice 100 dell’Europa a 27 è crollato di un quinto, con un decremento simile a quello giapponese, mentre quello spagnolo è drogato dal primo impatto con l’Unione, essendo quel paese entrato con ritardo nell’area europea.
C’è qualcosa di sbagliato e che deve essere corretto, se non si vuole implodere. In particolare i dati confermano che, a fronte di un calo generalizzato del PIL pro capite degli ordinamenti tradizionalmente sviluppati, l’Italia soffre di un declino maggiore e prolungato rispetto ai partner. Le ragioni dello stesso vengono da lontano e investono la responsabilità della classe dirigente e del ceto politico. L’esempio tedesco su come fare le riforme anche sacrificando gli interessi partigiani costituisce un memento virtuoso per non procedere in un avvitamento senza speranza. Ma questo è l’aspetto interno del caso italiano, cui corrisponde il piano continentale. Già, inaugurando il primo numero di Nomos.Le attualità nel diritto del 2012 avevo espresso il paere che fosse necessario operare un salto di qualità come quello prospettato da Hamilton per la Confederazione americana negli anni Ottanta del XVIII secolo. Oggi quell’esigenza è ancora più presente e tutti i soggetti presenti nell’arena devono assumersi le proprie responsabilità nella prospettiva che all’integrazione politica “da gibt es kein zurück”.
Indicazioni bibliografiche
S.Casertano, Germania,copia & incolla ,Novacchio(Pisa),goWare,2012
Rusconi
D.Fisichella,Tecnocrazia, Enciclopedia del Novecento II Supplemento (1998)
P.P.Portinaro,Tecnocrazia, Enciclopedia delle Scienze Sociali (1998)
J.Meynaud,La tecnocrazia.Mito o realtà?,Bari,Laterza,1966
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M.Draghi,Considerazioni finali 2011
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Goldman& Sacs